Caporalato e crisi internazionale. Mininni (Flai Cgil): “Attenti a non fare passi indietro”

A quasi sei anni dalla legge per il contrasto allo sfruttamento lavorativo e del caporalato, la crisi internazionale rischia di compromettere i risultati raggiunti. L’avvertimento al Mipaaf: “Sulla clausola sociale della Politica agricola comune non accettiamo lo svilimento di una battaglia che ha portato ad un grande risultato di civiltà”. Sul governo: “Aspettiamo riforma fiscale e sostegno ai salari”

Caporalato e crisi internazionale. Mininni (Flai Cgil): “Attenti a non fare passi indietro”

Le conseguenze della guerra in Ucraina, la crisi energetica, il post pandemia e le sue ricadute sociali ed economiche. Quella che alcuni economisti definiscono come una tempesta perfetta sull’economia mondiale rischia di avere ricadute - negative - sui diritti dei lavoratori, soprattutto quelli più colpiti dallo sfruttamento. Un passo indietro che in Italia potrebbe arrivare proprio quando cominciano a vedersi i primi risultati di una battaglia che sei anni fa ha portato alla cosiddetta legge contro il caporalato, la 199 del 2016. La quantità e la qualità delle azioni di contrasto allo sfruttamento lavorativo e all’intermediazione illecita realizzate in tutta Italia sono un chiaro indicatore di un’inversione di tendenza, ma l’attuale scenario internazionale rischia di cambiare ancora una volta le carte in tavola. Su questo tema Redattore Sociale ha intervistato Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil, una delle realtà sindacali più attive sul campo nella lotta al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura.  “Il rischio di fare passi indietro c’è”, dice senza mezzi termini Mininni. “Come spesso succede nel nostro paese, le situazioni di crisi sono l’occasione giusta per alcune forze per poter tornare indietro e questa tendenza si sta affermando anche in Europa”. Ma l’impatto di questa tempesta va ben oltre i confini europei e gli effetti a lungo termine - nuove migrazioni, carestie, etc. - preoccupano e non poco. “Sul piano internazionale si sta determinando una minaccia seria e concreta per la sicurezza alimentare dei popoli - afferma Mininni -. Se il conflitto andrà avanti vedremo situazioni di difficoltà che si realizzeranno in molte parti del mondo. È in atto una guerra commerciale paurosa che si è sviluppata anche prima del conflitto ucraino”. In Italia, intanto, le azioni di contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura stanno avendo i primi corposi risultati, mentre sta crescendo al contempo l’attenzione e le azioni da parte della giustizia e delle istituzioni. I dati del IV Rapporto del Laboratorio sullo sfruttamento lavorativo realizzato da “L’Altro Diritto” in sinergia con la Flai Cgil parlano chiaro: a quasi sei anni dall’entrata in vigore della legge 199 del 2016, crescono le inchieste e gli interventi delle forze dell’ordine e non riguardano solo il Sud e l’agricoltura (https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/sfruttamento_e_caporalato_non_piu_solo_al_sud_e_in_agricoltura_cresce_la_repressione) . C’è poi il capitolo Pnrr che ha previsto per questo capitolo di spesa risorse importanti: si tratta di 200 milioni di euro stanziati per il superamento degli insediamenti abusivi dei braccianti agricoli (https://www.lavoro.gov.it/stampa-e-media/Comunicati/Documents/Tabella-superamento-insediamenti-abusivi-braccianti-agricoli.pdf ).  Segnali positivi arrivano anche dai territori, spiega Giovanni Mininni. “Come Flai Cgil stiamo constatando che in molte zone del Mezzogiorno - una per tutte la Capitanata - e laddove l’azione di repressione del fenomeno, gli arresti e i processi cominciano a farsi sentire. Anche la paga di piazza dei braccianti agricoli sta salendo al punto tale da avvicinarsi alla paga reale dei contratti provinciali. Un incremento tale non si era mai verificato”. Per il segretario generale della Flai Cgil, questo dato “vuol dire che l’attività repressiva, l’impegno della regione nel gestire le risorse previste dal Pnrr per cancellare i ghetti, ma anche l’attività sindacale che facciamo sui territori sta generando un trend favorevole. Tutti si sentono sotto controllo”. Anche gli elenchi anagrafici dell’Inps mostrano un cambio di rotta importante. “Dall’anno successivo all’applicazione della legge sono aumentate le giornate di lavoro dichiarate - racconta Mininni -. Quest’anno, ad esempio, si sta verificando una diminuzione del 9 per cento delle persone iscritte agli elenchi anagrafici, ma al contempo c’è un aumento di chi dichiara più di 51 giornate di lavoro. Cosa significa? La soglia delle 51 giornate rappresenta l’emersione di questi lavoratori, perché cominciano a maturare il diritto alla previdenza agricola. Così questi lavoratori diventano visibili all’Inps e all’ispettorato”.
Un altro esempio riguarda alcune grandi aziende della Bat, Barletta-Andria-Trani, che si stanno preparando per la raccolta dell’uva da tavola, prevista per i primi di settembre. “Hanno già chiesto a noi di fare degli accordi, azienda per azienda, dove addirittura siamo arrivati ad un salario netto di 60 euro al giorno - racconta Mininni -. Una cosa che noi non vedevamo da una vita. Tutto questo ci dice che l’attenzione su questo tema sta creando degli effetti positivi”. Come spiega bene il IV Rapporto del Laboratorio sullo sfruttamento lavorativo realizzato da “L’Altro Diritto”, tuttavia, non mancano le note stonate e riguardano proprio la prevenzione dei fenomeni di sfruttamento e caporalato. “Sulle sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità procediamo ancora troppo a rilento - spiega Mininni -. A fronte di quasi cento sezioni che dovrebbero esserci, ce ne sono soltanto 22 e abbiamo ancora intere regioni dove non ce n’è nemmeno una”. A preoccupare, però, è anche la “farraginosità” nell’intervento delle istituzioni locali su alcuni territori. Su questo fronte, qualche preoccupazione sull’utilizzo delle risorse messe in campo con il Pnrr c’è. “Il pericolo maggiore è dato dall’inefficienza dei comuni che non avendo i tecnici giusti per presentare i progetti o non avendo una struttura per sostenerli, rischiano di non spendere quei soldi o di spenderli male - spiega il segretario generale della Flai Cgil -. I soldi, però, sono arrivati. Se lo Stato vuole possiamo fare non uno, ma altri dieci passi concreti in avanti ed estirpare questa piaga nei prossimi 3 o 4 anni”. Ma non c’è solo il Pnrr. All’orizzonte c’è anche la nuova Pac, la Politica agricola comune che in Europa rischia di slittare proprio a causa della crisi internazionale. Tra le novità che la Pac introdurrà c’è anche la clausola di condizionalità sociale, attesa dai sindacati e dai lavoratori da decenni. “Ringraziamo il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, e il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, che sono stati in prima linea per l’introduzione della clausola sociale, insieme al gruppo S&D dell'Europarlamento e l'Effat il sindacato europeo - afferma Mininni -. L’Italia è uno dei due paesi che ha preso l’impegno di attuarla già dal 2023, nonostante il testo preveda l’applicazione facoltativa fino al 2024. Qual è il problema adesso? Che non possiamo ridurre la clausola sociale ad una cosa dove la montagna partorisce un topolino”.  L’immagine richiamata da Mininni spiega bene quale delusione potrebbe esserci dietro l’angolo se al Mipaaf dovessero fare qualche passo falso. “La clausola sociale è passata sotto forma di sanzione da applicare alle imprese colte in fallo con controlli eseguiti dopo l’erogazione del contributo della Pac - spiega il segretario -. Al ministero, però, su pressione dei soliti detrattori, si sta pensando di applicare sanzioni fino ad un massimo del 15% dell’importo erogato, nel caso le aziende commettano i reati più gravi. Questo vuol dire che se un’azienda percepisce 100 mila euro di contributi europei e dopo i controlli vengono alla luce delle forti irregolarità, al massimo verrà imposta una sanzione di 15 mila euro. Se si vuole debellare lo sfruttamento, il ministero delle Politiche agricole deve pensare ad una sanzione equivalente all’aiuto stesso, nel caso di massima gravità del reato commesso e non solo il 15%. Non possiamo accettare lo svilimento di una battaglia che dopo 20 anni ci fa conseguire un grande risultato di civiltà che oltretutto vale per tutti i paesi europei”. I tempi per definire i termini della clausola sociale sono stretti. “Entro luglio il ministero deve chiudere il confronto e il report ed inviare le indicazioni a Bruxelles. Noi abbiamo già posto il problema: avremmo voluto che i controlli fossero a monte del contributo, come l’iscrizione alla Rete del lavoro agricolo di qualità. Se dovesse passare l’ipotesi del 15% inizieremo a far sentire la nostra voce”.  La Pac, però, non è l’unica novità all’orizzonte. C’è anche il Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato che, sulla carta, avrebbe dovuto riguardare il triennio 2023-2025. Tuttavia, spiega Mininni, l’ipotesi in campo è quella di prorogare l’attuale piano (che termina nel 2022) per svilupparne uno nuovo che tenga conto dello sfruttamento lavorativo anche al di fuori del settore agricolo. Sembrano non esserci novità, invece, dalla Consulta per l’attuazione del protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e del caporalato sottoscritto il 14 luglio 2021. Affidata all’ex ministro dell’Interno e del Lavoro Roberto Maroni, secondo una nota del Viminale avrebbe dovuto avere il compito di “dare impulso alle iniziative contro il caporalato previste, prevalentemente a livello locale, nell’ambito del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura”. Per Giovanni Mininni, tuttavia, non ci saranno novità. “Abbiamo notizia, in maniera molto informale, di una riunione senza il coinvolgimento dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil - tra i firmatari del protocollo - , ma in realtà questa Consulta non ha mai funzionato nella forma individuata dal protocollo che abbiamo firmato, anche perché tiene fuori un pezzo di rappresentanza delle imprese agricole. Inoltre, pur essendo previsto nel protocollo, noi non siamo stati mai coinvolti. L’unico aspetto positivo da segnalare è l’attività che l’Anci sta promuovendo in giro per l’Italia per individuare degli alloggi che possano essere destinati a lavoratori stagionali immigrati. In realtà quel protocollo è nato male e sta procedendo peggio. Un peccato, perché poteva essere un altro strumento utile. Invece non sta producendo effetti”. In questa crisi internazionale, tuttavia, è l’assenza di alcune importanti riforme dall’agenda dell’attuale governo a preoccupare di più il sindacato. “Stiamo aspettando importanti risposte sui temi fiscali e sul sostegno ai salari - spiega Mininni -. C’è bisogno di un forte intervento del governo, perché se non decidono di sostenere i salari in questa situazione di crisi, la recessione che abbiamo come spettro che si avvicina la determineremo in casa. Se diminuiscono i salari e diminuisce la predisposizione dei consumatori a consumare, è chiaro che la domanda interna crollerà”. Per Mininni, siamo già in ritardo: il rafforzamento dei salari e la riforma fiscale non possono più attendere. “Il sostegno dei salari deve avvenire con una nuova fiscalità - conclude il segretario generale -. Non è vero che tutti si sono impoveriti e le speculazioni ora energetica, poi alimentare ne sono la prova. Il governo deve intervenire o deve farlo l’Europa. Bisogna chiedere i soldi indietro”. C’è poi il tema delle grandi rendite. “Bisogna tassare la rendita più del lavoro perché oggi il lavoro in Italia è tassato troppo, mentre la rendita è tassata molto meno del lavoro. È inconcepibile”. Fatti salvi due ministeri - Mipaaf e Lavoro e politiche sociali -, per Mininni l’attuale governo è da cartellino giallo, se non perfino da rosso. “Noi aspettiamo da questo governo cose che ha annunciato e che non ci sta dando. Fatti salvi due ministeri, il giudizio sul governo è estremamente negativo perché mancano queste risposte complessive per sostenere un paese che ha alle porte una pericolosa recessione e non fa nulla per proteggere il paese”. Riforma fiscale e sostegno ai salati saranno tra le richieste che la Cgil porterà in piazza sabato 18 giugno, con una manifestazione nazionale in Piazza del Popolo a Roma. Al centro dell’evento i temi della pace, del lavoro e della giustizia sociale che come dice lo slogan della manifestazione devono “camminare insieme”.Gianni Augello

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)