Transizione energetica alla prova delle elezioni. I partiti anti-sistema e abili nel raccogliere i mal di pancia stanno volando ovunque

Von der Leyen ha recentemente messo in naftalina la transizione energetica, che pezzo per pezzo viene smontata, congelata, negata

Transizione energetica alla prova delle elezioni. I partiti anti-sistema e abili nel raccogliere i mal di pancia stanno volando ovunque

Quando nel 2019 iniziava in Europa la legislatura guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen – e sostenuta da una forza parlamentare che univa popolari e socialisti passando da liberali e verdi – il caposaldo dell’azione politica era incentrato sulla cosiddetta transizione energetica, e cioè il passaggio dalle inquinanti fonti fossili alle rinnovabili.
Tutti più o meno d’accordo, anche sulla spinta di manifestazioni di piazza che accusavano i politici di complicità nel fare poco o nulla per stoppare le emissioni gassose in atmosfera, quindi l’innalzamento delle temperature globali.
Nemmeno il tempo di impostare una serie di misure (qualcuna poco ragionata, invero) che il continente e il mondo intero furono investiti da due situazioni del tutto straordinarie: la pandemia da Covid 19 – un vero shock sociale ed economico – e nel febbraio 2022 l’invasione russa dell’Ucraina, cioè di un Paese democratico e confinante con l’Unione Europea.
Giocoforza quest’ultima è stata una legislatura dai caratteri incredibili: si è fatto fronte con un certo successo ad un virus tremendo e sconosciuto; si è corsi in soccorso del vicino ucraino, con un ampio sostegno militare ed economico, oltre che nell’accoglienza di diversi milioni di profughi scappati dalla guerra.
Nel frattempo la transizione energetica marciava comunque a buon ritmo, con una serie di decisioni tranchant e ultimative: addio ai motori termici dal 2035, addio alle caldaie alimentate con combustibili fossili, taglio netto ai sussidi agricoli e altro ancora. Decisioni messe violentemente in crisi con lo stop alle importazioni russe di metano e petrolio: non avevamo sufficiente capacità energetica prodotta da fonti rinnovabili, quelle fossili le abbiamo cercate in giro per il mondo a carissimo prezzo.
Dicevamo che la transizione è stata poco ragionata. Un esempio su tutti, attualissimo: i grandi gruppi petroliferi sono scappati via dal settore della raffinazione. Perché investire in qualcosa in via d’esaurimento? Peccato che il mercato tuttora sia composto per oltre il 90% di veicoli a benzina e gasolio. Il bello è che di petrolio ce n’è una quantità industriale in giro per il mondo. Ma manca la capacità di raffinarlo, quindi di produrre benzina e gasolio. Da qui gli altissimi prezzi alla pompa di questi tempi.
Fatto sta che i consumatori europei negli ultimi tre anni hanno pagato cifre imponenti per il riscaldamento domestico, l’elettricità, la mobilità su ruote, le lavorazioni agricole, praticamente quasi tutti i prodotti i cui prezzi sono schizzati in su dopo molti anni di deflazione. Insomma molti stanno pagando lo scotto della situazione, in alcuni casi non compresa proprio.
Fatto sta anche che i consumatori sono pure elettori. Nei rispettivi Paesi e, a giugno, per rinnovare il Parlamento europeo. I partiti anti-sistema e abili nel raccogliere i mal di pancia stanno volando ovunque. In Olanda hanno vinto le elezioni, così come in Slovacchia; in Francia, Germania e Austria sono lievitati a livelli preoccupanti… cosicché per i nasi dei politici non c’è voluto molto ad annusare aria di cambiamento.
Von der Leyen ha recentemente messo in naftalina la transizione energetica, che pezzo per pezzo viene smontata, congelata, negata. Ora si attende l’esito delle imminenti elezioni, ma quasi sicuramente la maggioranza uscente non sarà riconfermata. Nuovi equilibri, nuovi leader, nuovi obiettivi. Sicuramente una lezione da imparare: quando si fanno le rivoluzioni, bisogna essere ben preparati. Altrimenti si rischia di esaltare Robespierre e ritrovarsi infine Napoleone.

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Fonte: Sir