Cena di Santa Lucia. È a tavola che nasce il bene
Torna il 4 dicembre l’evento di solidarietà. Graziano Debellini passa il testimone a Enea Simonato a capo dell’organizzazione
Torna anche quest’anno la Cena di Santa Lucia, il tradizionale appuntamento pre-natalizio che da ventuno anni riunisce oltre un migliaio di persone con l’obiettivo di raccogliere fondi da destinare a diversi progetti realizzati da Avsi, Associazione volontari per lo sviluppo internazionale, organizzazione che opera nei settori dell’educazione, sanità, igiene, cura dell’infanzia. L’appuntamento è per il 4 dicembre, alle ore 19.30, alla Fiera di Padova. La novità principale di questa edizione, il cui tema è “Desideriamo la pace. Diamo dei volti, i nostri”, è il cambio al timone nella guida dell’associazione omonima che da sempre organizza la Cena di Santa Lucia: Graziano Debellini infatti, presidente per diversi anni, consegna il testimone a Enea Simonato, 47 anni, chimico farmaceutico, responsabile commerciale nella sede italiana di una multinazionale svizzera, padovano, sposato, un figlio di dodici anni. Un cambio che rientra nella vita dell’associazione all’insegna della continuità: «Ripartiamo con una sostanziale linearità con i precedenti presidenti – afferma Simonato soffermandosi su questo passaggio di consegne – Resta l’ossatura dell’associazione, vedremo in seguito se mettere in campo nuovi interventi, cosa implementare. Di certo un fattore da sottolineare è che sempre di più stiamo coinvolgendo nella nostra iniziativa le nuove generazioni. Io stesso sono entrato nell’organizzazione da studente universitario, mentre svolgevo un dottorato, ora sono nella parte operativa della Cena. Passato il 4 dicembre vorrei fare ancora di più da collettore e da ponte fra le generazioni, quindi coinvolgere i giovani e organizzare qualche momento interno e anche pubblico in modo che l’associazione possa coltivare un terreno e avere una vita durante l’anno che poi sfocia nella Cena, la quale genera un crocevia incredibile di relazioni e questo ci spinge, all’operatività perché, come diceva don Luigi Giussani, non c’è fede senza opere». Qual è il suo rapporto con la Cena di Santa Lucia, cosa rappresenta per lei questo evento? «È un rapporto ventennale, ho sempre dato una mano, mi sono sempre speso in questi anni invitando amici e colleghi, ma non ero mai stato nel direttivo. Per me la Cena è occasione per spalancare lo sguardo ai bisogni del mondo. Mi fa capire anche che le necessità che vedo negli altri in fondo sono gli stessi bisogni che provo io: bisogno di pace, di sviluppo, di essere amato. Mi sento chiamato, prima che come presidente come persona, e sto vivendo la presidenza come una accelerazione della mia persona, sto guardando con gusto nuovo i progetti, sto incontrando persone, coinvolgendo amici. Vedo in loro un piacere, una curiosità e una voglia di dare una mano che per me rimane un miracolo». Qual è la parte bella di questo evento, oltre al sostegno dei progetti di solidarietà? «Storicamente la Cena richiama un migliaio di persone, quando si entra nella sala allestita nel padiglione in Fiera ti ritrovi la città di Padova seduta: imprenditori, società civile, politica, università, Chiesa. È la cena di Padova. Ma questa è la parte che si vede, poi c’è un dietro le quinte. Gli oltre 400 volontari, la metà giovani universitari o dell’ultimo anno delle superiori, e questa è la parte bella. Alla fine si tratta di qualcosa di molto semplice: nei giornali leggiamo i disastri che accadono, osservare invece dei ragazzi che non sono diversi dagli altri, che hanno le loro fatiche, gli impegni, lo studio, ma decidono di fare insieme ad adulti un gesto di gratuità, è una cosa molto bella. Vedi in atto un processo educativo. Questo rapporto fra il giovane e l’adulto, dove l’adulto propone un percorso e il giovane lo segue, penso sia un punto molto importante da sottolineare. È qualcosa di educativo, non solo per chi lo fa, ma anche per chi partecipa, chi viene è interrogato dai ragazzi, dagli sguardi, oltre che dai video che trasmettiamo sulle campagne di Avsi». Dopo oltre vent’anni quale messaggio lancia la Cena di Santa Lucia? «Credo che tutti noi abbiamo il bisogno di amare e di aiutare, oltre che di essere amati. In questo senso essere in relazione con tante persone, fare dei gesti insieme, mettersi in contatto con dei bisogni, permette di liberare il cuore e aumenta il desiderio di informarsi per aiutare sempre di più e meglio. Non si tratta solamente di mettere a disposizione di chi non li ha i mezzi che noi abbiamo a disposizione, ma di una sfida a guardare in profondità i fenomeni. Solo così ci troviamo a essere fratelli, capaci, insieme, di poter dare un aiuto concreto. Questa è una buona base di partenza».