Come 5000 anni fa… Nel trentennale del ritrovamento di Ötzi, il museo archeologico organizza una serie di iniziative
Sono trascorsi trent’anni da quel 19 settembre 1991, quando una coppia di turisti tedeschi in vacanza in Alto Adige, fece una delle più grandi scoperte archeologiche di tutti i tempi.
Erika ed Helmut Simon avevano pernottato al rifugio Similaun. Quell’anno era particolarmente caldo e quel giovedì il tempo si annunciava buono. Dopo colazione i due coniugi di Norimberga, che stavano trascorrendo le loro vacanze in Alto Adige, decidono di salire fino a quota 3.514 m, alla Punta di Finale. Durante il tragitto di ritorno verso il rifugio, nella zona del Gioco di Tisa, a quota 3.210 m, vedono spuntare da una conca rocciosa in mezzo al ghiacciaio il corpo di un uomo riverso nella neve. Una volta tornati al rifugio, segnalano la cosa al gestore, che a sua volta informa la polizia austriaca e i carabinieri italiani, dal momento che il luogo del ritrovamento si trovava in prossimità del confine.
Sono trascorsi trent’anni da quel 19 settembre 1991, quando quella coppia di turisti tedeschi in vacanza in Alto Adige, fece una delle più grandi scoperte archeologiche di tutti i tempi. Ben presto si comprese infatti che quello, che inizialmente si pensava essere un alpinista disperso o un soldato della Grande guerra, era invece un uomo vissuto circa 5.300 anni fa, nell’Età del rame. La conca in cui era finita la Mummia del Similaun – che oggi tutti conoscono come Ötzi, nome che gli venne dato in riferimento alla Ötztal, la valle che sale a Punta di Finale dal versante austriaco – l’aveva protetto dalle forze devastatrici del ghiacciaio in movimento.
Dal 1998 Ötzi si trova – insieme al suo ricco corredo di oggetti – nel Museo archeologico dell’Alto Adige che ogni anno attira nel capoluogo altoatesino 300mila visitatori da ogni parte del mondo, pronti a sfilare curiosi davanti alla finestrella della cella frigorifera in cui è conservata la mummia.
Anche quello di Ötzi, come tutti i musei italiani, in questi due ultimi anni, ha risentito delle conseguenze della pandemia e del lockdown. Questo, però, non ha impedito di organizzare comunque qualcosa per celebrare il terzo decennale della scoperta della mummia.
Nei giorni scorsi – come troviamo puntualmente documentato su Fb – lo scalatore Reinhold Messner è tornato sul luogo del ritrovamento di Ötzi per girare un documentario. È un luogo che conosce bene, dal momento che, nel 1991, insieme ad Hans Kammerlander, vi era giunto casualmente due giorni dopo il ritrovamento della mummia.
Ma si sa, non tutti siamo avvezzi a scalare le montagne. Per chi non è pratico ad indossare l’imbrago e ad armeggiare con corde e moschettoni, il Museo archeologico dell’Alto Adige ha organizzato un doppio appuntamento per “ritornare alla preistoria”. Rigorosamente all’aperto, nel rispetto delle norme anti-Covid.
Per due giorni, curiosi di ogni età hanno potuto fare un (grande) salto indietro nel tempo e imparare a lavorare la selce. Per i nativi digitali (e per i loro parenti più prossimi) che ancora non lo sapessero, la selce è una roccia assai resistente con cui, fin dalla preistoria, si preparavano le punte delle frecce o che veniva usata come acciarino, per accendere il fuoco.
È interessante osservare come, in un tempo in cui l’uomo usa i pollici opponibili principalmente per digitare un messaggio sul proprio smartphone, ci sia la possibilità di recuperare il contatto con la natura e le sue risorse, risvegliando la propria manualità e prendendo dimestichezza con le tecniche usate da chi è vissuto migliaia di anni fa. E osservando l’arte della lavorazione della selce, ci si accorge che oggi, se ci si scarica l’accendino o s’inceppa l’acciarino del piano cottura, magari non siamo nemmeno in grado di accendere il fuoco sotto la pentola della pasta, perché anche i fiammiferi e i cerini, in questo terzo millennio, sono diventati vintage. Non solo. Osservando bene, certe tecniche e certe attenzioni verso la natura e le sue risorse si sono tramandate, come prezioso patrimonio di storia e di cultura, tra chi, in montagna, porta ancora avanti i vecchi mestieri, come la pastorizia e l’agricoltura.
E andando a scoprire qualcosa in più su Ötzi, ci si accorge che anche nella preistoria ci si alimentava con semi e cereali. Né più e né meno di oggi, perché è un tipo di alimentazione sana. La differenza tra allora ed oggi sta nel fatto che oggi lo facciamo spesso per seguire la moda del momento, scovata spesso googlando sul cellulare, durante una seduta di allenamento dei pollici opponibili.