Coronavirus, la fase 2 per i senza dimora? "Problemi più gravi ancora irrisolti"

L’allarme lanciato da Intersos che a Roma ha effettuato 600 visite e incontrato 1800 persone. “Malati e ultra 70enni in strada: scandalosa punta dell’iceberg di una vasta vulnerabilità. Niente servizi e manca ancora cabina di regia tra istituzioni e organizzazioni del terzo settore”

Coronavirus, la fase 2 per i senza dimora? "Problemi più gravi ancora irrisolti"

Tra le persone senza fissa dimora o vulnerabili che vivono negli insediamenti informali, i bisogni sono molto alti e le risposte offerte dalle istituzioni non sufficienti a garantire la sicurezza degli individui, la garanzia dei diritti e la tutela della salute pubblica. E’ l’allarme lanciato da Intersos che in queste settimane ha effettuato a Roma oltre 600 visite mediche e incontrato più di 1800 persone. Un campione importante delle migliaia di persone che nella Capitale d’Italia vivono in strada, circa diecimila secondo studi recenti. 

Siamo molto preoccupati per l’inizio della fase due visto che nella fase uno è stato fatto troppo poco e i problemi più gravi sono rimasti irrisolti - spiega Intersos in una nota -. In strada incontriamo donne vittime di violenza, minori e neo adulti vulnerabili, persone con patologie croniche, ultra 70enni in giacigli di fortuna, che sono, purtroppo, solo la scandalosa, punta dell’iceberg di una vasta vulnerabilità. Dall’inizio della crisi sono state bloccate quasi tutte le risposte di accoglienza a livello cittadino, i servizi sanitari adottano prassi difformi nello stesso territorio, le Istituzioni faticano a stabilire un confronto per la messa in atto di procedure coordinate. Mancano strutture dedicate all’accoglienza dei vulnerabili per l’isolamento fiduciario, per la quarantena, per l’attesa dei risultati dei tamponi, così come azioni propedeutiche ad un eventuale inserimento nelle strutture di accoglienza, rendendo inefficace il sistema di protezione”.  

L’organizzazione denuncia anche la grave mancanza di una cabina di regia tra istituzioni, e tra istituzioni e organizzazione della società civile, capace di garantire una vera risposta socio – sanitaria integrata. “Oggi la nostra presenza garantisce un presidio sanitario altrimenti troppo debole, sempre in coordinamento con tutti i soggetti pubblici, a cominciare dalle Asl. Siamo in attesa dell'apertura di una struttura dedicata da parte della Regione Lazio. Siamo in attesa dello sblocco delle accoglienze nel circuito cittadino e nel circuito Siproimi  - conclude la nota -. È però venuto il momento di fare un passo avanti, senza rinvii e perdite di tempo, e che, urgentemente, entro il 3 maggio, ciascuno si assuma le proprie responsabilità nel dare le risposte necessarie”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)