Covid, vaccino e disabilità: le cinque ragioni di una priorità necessaria

L'associazione Asmed, nata lo scorso dicembre, ha lo scopo di mettere in rete i progetti Dama per l'accoglienza ospedaliera delle persone con disabilità. Nel suo terzo documento, focus sulla necessaria priorità delle persone con disabilità nell'accesso al vaccino. Per almeno cinque motivi...

Covid, vaccino e disabilità: le cinque ragioni di una priorità necessaria

“E' un dovere di giustizia da parte della società mettere in grado le persone con disabilità di essere curate su una base di eguaglianza e non discriminazione”: è la premessa su cui si basa il vademecum “Vaccinazione anti SARS-CoV2 / COVID-19 per le persone con disabilità. Priorità e indicazioni operative”, appena pubblicato e diffuso da Asmed, l'associazione per lo studio dell’assistenza medica alla persona con disabilità, nata lo scorso dicembre. Un “dovere di giustizia” che è al centro della Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale”, che a sua volta traduce i diritti contenuti nella Carta europea dei diritti del malato nelle esigenze delle persone con disabilità. E che trova applicazione concreta nei cosiddetti “ospedali Dama”, in cui sono presenti servizi ambulatoriali e di ricovero con percorsi diagnostico-terapeutici adattati ai bisogni e alle caratteristiche delle persone con disabilità intellettive e/o fisiche.

Asmed, nata proprio con l'obiettivo di mettere in rete queste esperienze e queste risorse, ha già realizzato le guide “Indicazioni operative igienico-sanitarie ed ergonomiche per la gestione del rischio COVID-19 con le persone con disturbi del neuro sviluppo e/o disabilità intellettiva, nei percorsi ospedalieri ed ambulatoriali” e, successivamente, “Persone con disabilità in casa famiglia e gestione del rischio COVID-19”. Pochi giorni fa, la terza pubblicazione, dedicata alla questione specifica e attualissima del vaccino anti-covid per le persone con disabilità.

Cinque domande, cinque risposte

Il documento si propone di rispondere a cinque questioni: primo, “è necessario dare priorità alle persone con disabilità nella vaccinazione? Anche se si tratta di disabilità psichica?”; secondo, “che ruolo ha il caregiver di una persona con disabilità? A quali condizioni esso può essere una risorsa per l’ospedale e per i servizi sanitari in genere? Perché vaccinarlo?”; terzo, “si possono fare protocolli con regole uguali per tutti?”; quarto, “è utile organizzare un percorso per la vaccinazione per le persone con disabilità?”; quinto, “come fare per non segregare molte persone che avrebbero bisogno, a certe condizioni, di relazioni importanti?”. L’obiettivo è “descrivere gli adattamenti utili al corretto coinvolgimento delle persone con disabilità nella campagna vaccinale anti-Covid-19”. La prima parte è dedicata all'illustrazione e l'articolazione della priorità vaccinale per le persone con disabilità, la seconda alle indicazioni operativa per il coinvolgimento delle persone con disabilità nella campagna vaccinale.

Priorità? Ecco perché

Il riferimento è al Piano vaccinale nel suo ultimo aggiornamento, in cui si definisce la gerarchia di priorità tra le categorie successive alla fase 1, distinguendo la popolazione in sei categorie: “Le persone con disabilità, di età inferiore ai 70 anni, sono incluse nella categoria 4, tranne le persone con sindrome di Down o con alcune patologie neurodegenerative, incluse nella categoria 1. “Invece, la necessità di inserire le persone con disabilità in una categoria prioritaria nel piano vaccinale si rende necessaria per una serie di ragioni: in caso di infezione da Covid-19, queste persone evidenziano criticità riguardo l’impiego di misure preventive, la diagnosi, l’isolamento/quarantena domiciliare, la gestione intraospedaliera di un eventuale ricovero, la prognosi e non ultima il rischio di un ulteriore isolamento sociale e regressione cognitiva. Di seguito si argomenta, specificamente, ciascun fattore di rischio”:

Ciascuno di questi aspetti viene declinato e approfondimento nel documento. Per quanto riguarda la prevenzione, “per le persone con disabilità intellettiva le misure quali distanziamento interpersonale e uso della mascherina, sono poco praticabili. Infatti, la mascherina può essere non tollerata e rimossa e, per molte persone con diversa tipologia di disabilità (intellettiva, fisica, sensoriale) e scarsa autosufficienza è impossibile osservare un distanziamento interpersonale,

perché hanno necessità di un sostegno per svolgere le normali attività quotidiane (mangiare, bere, vestirsi, toilette) e devono essere necessariamente supportate dal caregiver per il loro accudimento.

Proprio per questo motivo, le persone con disabilità presentano maggiore rischio di infezione e di ospedalizzazione, e una prognosi peggiore, particolarmente aumentato se vivono in RSD, case famiglia, o frequentano centri diurni”.

Riguardo la diagnosi, “l’impiego del tampone nasofaringeo è particolarmente invasivo e può non essere non tollerato, tanto da rendere necessario ricorrere alla sedazione per la sua esecuzione, mentre il tampone salivare, come altri, meno invasivi, non sono ancora disponibile su larga scala.

Parimenti, la diagnosi clinica. Infatti, ad esempio, in una persona con autismo anche un semplice prelievo ematico può rivelarsi di non facile esecuzione e, in alcuni casi, è necessario ricorrere alla sedazione per l’effettuazione di esami radiologici quali TAC o RMN”.

Riguardo l'isolamento fiduciario o la quarantena, anche questi “possono costituire un grave problema per le persone con disabilità. Infatti, oltre alla riduzione dei supporti sociali già avvenuta nel corso di questa pandemia, una misura di isolamento/quarantena pone la necessità di isolare il disabile all’interno del luogo in cui vive, teoricamente una stanza, e di limitare al massimo i contatti con altre persone. Questa misura è spesso impossibile da applicare per la necessità costante di supporto. Inoltre, essere rinchiusi in ambiti ristretti per un periodo di minimo 10 giorni, può provocare fenomeni di agitazione psicomotoria e regressione cognitiva nelle persone con disturbi del neurosviluppo e/o disabilità intellettiva”.

E poi ci sono le grandi difficoltà che sorgono in caso d'infezione: tra queste, la necessità, durante la degenza, di aver accanto 24 ore su 24 il caregiver che possa sia fungere da interfaccia con l’equipe sanitaria per evidenziare le necessità del paziente (dolore, sete, ecc.), sia assicurare un’assistenza più continua, rispetto a quanto previsto nei reparti di degenza Covid-19”; o “la difficoltà o impossibilità di fornire le cure necessarie, visto che a causa della scarsa tolleranza del paziente con DNS/disabilità intellettiva, potrebbe essere impossibile effettuare una terapia ventilatoria non invasiva (NIV) che preveda maschere o cannule nasali ad alti flussi di ossigeno. Questo implica la necessità di passare a tecniche di ventilazione più invasive (intubazione orotracheale), gravate di maggiori rischi di complicanze, da eseguirsi necessariamente in sedazione d in terapia intensiva”; ancora, “il rischio che in caso di scarsità di risorse, quali posti letto in terapia intensiva o sub intensiva, alla persona con disabilità venga negato all’accesso a queste risorse a causa di una non corretta valutazione della sua prognosi per pregiudizi legati alla sua qualità di vita”.

Anche quando non sia necessaria l'ospedalizzazione, “il decorso domiciliare della malattia rischia di porre problematiche di gestione sia alla stessa persona con disabilità che dei suoi caregiver, con rischi di peggiorare il decorso della malattia da una parte, e di grave isolamento sociale dall’altra. Infatti, possono venir meno i supporti indispensabili sia per la gestione quotidiana che per quella della malattia”.

Per quanto riguarda la prognosi, “pur non esistendo in letteratura dati stabilizzati sulla mortalità delle persone con disabilità per Covid-19, sappiamo che tutte le persone con disabilità sono più vulnerabili sia all'infezione sia alle complicanze della malattia da SARS-Cov2. Tuttavia, i dati della letteratura pre-Covid evidenziavano come la principale causa di mortalità nelle persone con disabilità intellettiva sia l’insufficienza respiratoria. Anche per la disabilità fisica, come quella correlata alle malattie degenerative neuromuscolari e genetiche, rende il paziente più vulnerabile a contrarre la malattia e a presentare complicanze respiratorie con prognosi peggiore”.

La richiesta di Asmed: disabilità nella categoria 2 di fase 2

Per tutte queste ragioni, “riteniamo che le persone con disabilità abbiano degli oggettivi svantaggi in caso di infezione Covid-19, rispetto alla popolazione generale, poiché mettono a rischio il loro diritto alla salute e all’accesso alle cure sanitarie. Questo li rende una popolazione particolarmente vulnerabile”. Pertanto, Asmed chiede che “le persone con disabilità vengano inserite in lista prioritaria nel piano nazionale vaccinazioni anti SARS-CoV2 e, con riferimento al documento del 8 febbraio, nella categoria 2 della fase 2”, e ritiene che “ritardare la vaccinazione di persone che ne hanno la priorità oppure optare vaccini meno efficaci, non sarebbe la scelta giusta nell'ottica di uguaglianza del diritto alla salute”.

Asmed chiede inoltre che “la vaccinazione sia estesa ai caregiver, che sia un familiare o un assistente personale (oltre che al personale delle strutture, RSD, Case famiglia, centri diurni), per tutelare la salute dei bambini e ragazzi con disabilità di età inferiore ai 16 anni, non essendo disponibile un vaccino indicato per la loro età, si debba estendere la vaccinazione al nucleo dei familiari conviventi” e ritiene che “debbano essere garantite modalità operative, organizzazione logistica, tempistica, che consentano la somministrazione del vaccino in condizioni ottimali, anche per quelle persone per cui può essere problematica l’esecuzione di una puntura intramuscolare: è compito delle istituzioni sanitarie di trovare le soluzioni, per quali offriamo considerevoli riferimenti nel proseguo del documento, per rendere possibile e meno traumatico possibile la somministrazione del vaccino”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)