Denti sani per una mente sana. La possibile correlazione tra igiene dentale e insorgenza di forme senili di demenza

I batteri responsabili di patologie gengivali potrebbero giocare un ruolo nell'innescare i danni cerebrali associati all'Alzheimer

Denti sani per una mente sana. La possibile correlazione tra igiene dentale e insorgenza di forme senili di demenza

Mantenere un sorriso completo e senza “buchi” – ovvero, senza denti mancanti – potrebbe rappresentare un primo passo significativo per allontanare il rischio di demenze. Diversi studi hanno messo in luce come la perdita dei denti durante gli anni avanzati della vita possa essere legata a una diminuzione del volume cerebrale in aree fondamentali per la memoria, aree che risultano frequentemente compromesse in diverse forme di demenza, tra cui la malattia di Alzheimer. Queste osservazioni trovano nuova conferma in un recente studio (pubblicato sulla rivista “NPJ Aging”), il quale supporta l’idea di un collegamento tra la salute orale e un processo di invecchiamento cerebrale sano e privo di patologie.
Il nesso tra la salute del cervello e quella della bocca può apparire, a prima vista, poco intuitivo. Tuttavia, ricerche passate hanno suggerito che i batteri responsabili di patologie gengivali potrebbero giocare un ruolo nell’innescare i danni cerebrali associati all’Alzheimer e, come è noto, i problemi alle gengive rappresentano una delle cause principali della perdita dentale in età avanzata.
La recente ricerca, condotta da Hiroyuki Nakamura e dai suoi colleghi dell’Università del Ryukyus, situata a Okinawa (Giappone), ha esaminato la condizione dentale di oltre 900 individui giapponesi di età pari o superiore ai 60 anni. Questi soggetti sono stati anche sottoposti a risonanza magnetica per analizzare il loro cervello. Tra i partecipanti, 732 non presentavano segni di declino cognitivo, mentre il resto della popolazione soffriva di demenza o di un lieve decadimento cognitivo (Mild Cognitive Impairment, MCI), una condizione che comporta difficoltà in uno o più ambiti cognitivi, come la memoria, ad esempio.
Dopo aver considerato altri fattori che avrebbero potuto influenzare i risultati (come l’età, il sesso e il livello di istruzione), i ricercatori non hanno identificato una relazione diretta tra la perdita dei denti e il declino cognitivo nell’intero gruppo di studio. Tuttavia, focalizzandosi esclusivamente sulla popolazione senza segni di demenza o MCI, è emerso che coloro che avevano meno di dieci denti presentavano, in media, un volume cerebrale inferiore del 3,5% nella regione denominata “giro paraippocampale”, rispetto a chi ne possedeva più di 24. Ebbene, questa zona del cervello è cruciale per il processo di recupero e codifica dei ricordi.
Inoltre, si è osservato che le persone con un numero minore di denti avevano una quantità di lesioni nella sostanza bianca superiore del 25% rispetto agli altri. La sostanza bianca è costituita da fasci di fibre nervose che collegano diverse regioni del cervello, e alterazioni in quest’area sono comunemente riscontrate in individui affetti da demenza.
Nakamura ritiene che questo possa indicare un maggior rischio di sviluppare demenza per le persone con meno di dieci denti. Interessante notare che questa associazione non si è verificata nei partecipanti già diagnosticati con demenza o MCI, probabilmente a causa dell’influenza di altri fattori più significativi nello sviluppo di queste condizioni, oppure a causa del numero limitato di partecipanti allo studio con queste diagnosi.
L’analisi ha inoltre evidenziato che la perdita dentale era collegata ad una dieta povera di cibi sani e ricchi di fibre vegetali, oltre ad un consumo maggiore di alimenti grassi e processati. Questi fattori dietetici potrebbero avere contribuito all’atrofia cerebrale osservata nei partecipanti sani e, quindi, potrebbero rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza futura di demenza.

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Fonte: Sir