Donne e disabilità, "la discriminazione non si somma, si moltiplica"

La ministra Stefani in visita al Sant'Alessio, per “richiamare l'attenzione sulle donne con disabilità, spesso vittime, senza voce, di discriminazioni che pesano troppo”. Indagine di Fish: circa il 63% del campione delle donne intervistate ha dichiarato di aver subito almeno un abuso

Donne e disabilità, "la discriminazione non si somma, si moltiplica"

“Nella giornata internazionale sui diritti della donna, sento forte il dovere di richiamare l’attenzione delle istituzioni sulle donne con disabilità, troppo spesso vittime, senza voce, di discriminazioni. Discriminazioni che pesano il doppio, perché stereotipi e pregiudizi non si annullano ma si sommano”: così la ministra per le Disabilità Erika Stefani, che oggi pomeriggio incontrerà e ascolterà la testimonianza di alcune donne al Centro Regionale S. Alessio - Margherita di Savoia per i Ciechi, storica istituzione che dalla seconda metà dell'Ottocento realizza attività volte all'inclusione sociale dei ciechi e degli ipovedenti.

Proprio al tema delle discriminazioni multiple è dedicata la ricerca che Fish ha condotto, alla fine dello scorso anno, nell'ambito del progetto “Disabilità: la discriminazione non si somma, si moltiplica”. La prima edizione si è conclusa nel 2019 ed è stata svolta in collaborazione con l’associazione Differenza Donna, mentre la seconda è stata curata interamente dalla Fish. Ne è emerso che circa il 63% del campione delle persone intervistate ha dichiarato di aver subito nel corso della propria vita almeno un abuso. Si va dalla violenza psicologica, riscontrata nella metà dei casi, a quella sessuale, che ha coinvolto circa una persona disabile su tre, tra quelle intervistate. E ancora: atti di violenza fisica ed economica che sono stati riscontrati in tantissimi altri casi.

“È la discriminazione multipla, quella che colpisce le persone che si trovano in una doppia condizione - spiega Silvia Cutrera, vicepresidente nazionale della Fish e responsabile del gruppo donne della federazione - Essere una donna con disabilità, infatti, vuol dire subire una doppia discriminazione. Perché si tratta di confrontarsi con tutte le barriere che già limitano o impediscono alle persone con disabilità la piena partecipazione alla vita sociale e il godimento dei propri diritti e delle libertà fondamentali”.

Donna con disabilità, durante la pandemia

Una condizione di esclusione che si è aggravata, ulteriormente, durante la pandemia, un periodo in cui sono aumentate le richieste di aiuto ai numeri antiviolenza, così come è peggiorata la condizione lavorativa e sociale delle donne con disabilità e delle caregiver. Prosegue Cutrera: “Il combinato disposto di queste due condizioni di esclusione provoca, altresì, un effetto moltiplicatore sulle disuguaglianze, rendendole non solo più discriminate rispetto alle altre donne, ma anche, ovviamente, rispetto agli altri uomini con disabilità. E con particolare riferimento ai contesti familiari, domestici o di cura, perciò, producendo discriminazioni multiple”.

E ancora, la vice-presidente Fish ribadisce che “la mancanza di dati specifici e statistiche elaborati dagli enti pubblici sulle discriminazioni che colpiscono le donne e le ragazze con disabilità, rendono anche impossibile l’analisi sulla loro partecipazione alla vita sociale e così il riconoscimento di pari opportunità in tutti i settori della vita, ostacolandone, di fatto, l’adozione di misure e azioni politiche dedicate”.

Oggi alle 17 si svolgerà sulla piattaforma Zoom il “digital talk” sulla vita indipendente “Siamo donne”, che si apre con una mostra fotografica curata da Massimo Podio, prima di lasciare spazio alle riflessioni delle donne con disabilità, per poter rendere visibili così le loro vite, e le loro storie.

Nel frattempo, “la Fish, quotidianamente, non solo l’8 marzo, continuerà ad assumere il compito di stimolare e informare, raccogliendo e diffondendo quei dati che promuovano la consapevolezza rispetto alle discriminazioni multiple, per far sì che vengano adottate politiche e strategie adeguate, in linea con gli atti internazionali come la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità - dichiara il presidente della Fish, Vincenzo Falabella - Le politiche da adottare, in questo stesso senso, dovranno tener conto della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, e delle norme previste dalla nostra carta costituzionale. Una speranza, senza dubbio, viene dall’Agenda dell’Onu che, tra i suoi 17 obiettivi da raggiungere per il 2030, prevede di raggiungere l’uguaglianza di genere”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)