Dopo di noi, dei 466 milioni stanziati, solo 240 trasferiti. Solo sei regioni “virtuose”

L'analisi della Corte dei conti sull'applicazione della legge "Dopo di Noi " mette in luce la forte discrepanza tra risorse stanziate e risorse assegnate, dovuta in gran parte alla mancata rendicontazione da parte delle regioni. Fanno eccezione Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Toscana e Piemonte

Dopo di noi, dei 466 milioni stanziati, solo 240 trasferiti. Solo sei regioni “virtuose”

Dei circa 466 milioni di euro stanziati per le legge sul Dopo di noi (n. 112/2021) tra il 2016 e il 2022, appena 240 mila – ovvero poco più della metà - sono stati effettivamente trasferiti alle Regioni e di questi non tutti sono stati utilizzati . E' quanto rivela l'analisi pubblicata nei giorni scorsi dalla Corte dei Conti, che evidenzia questa grave discrepanza e rivolge al governo una serie di raccomandazioni, per rendere più efficace l'attuazione della norma e la sua effettiva rispondenza a un bisogno e urgente e diffuso: il bisogno delle famiglie delle persone con disabilità di assicurare un futuro ai propri figli e, parallelamente, il diritto delle persone con disabilità di avere una vita per quanto possibile indipendente e di qualità.

In altre parole, le risorse ci sono, ma sono soltanto sei le regioni “virtuose”, a cui le risorse ripartite sono state effettivamente assegnate: Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Toscana e Piemonte. Di conseguenza, è molto ridotto, anche rispetto alle previsioni, il numero dei beneficiari: meno di 8.500 sono le persone che, fino al 2021, hanno usufruito delle prestazioni previste, a fronte di una previsione di 100-150 mila destinatari.

Di qui, le raccomandazioni della Corte dei Conti: da un lato, rafforzare meccanismi e strumenti efficaci per ridurre questa eterogeneità tra i diversi territori, dall'altro fare emergere le buone prassi, a partire dalle esperienze realizzate dalle Regioni cosiddette virtuose. Nello specifico, la Corte dei Conti chiede al ministero del Lavoro di procedere alla predisposizione della relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge e di svolgere le verifiche sull’efficace gestione delle risorse del Fondo. Alla Presidenza del Consiglio dei ministri, la Corte chiede invece di rafforzare le campagne informative e l'analisi delle problematiche, così come previsto dalla legge stessa, per diffondere la conoscenza delle misure di sostegno e sensibilizzare l’opinione pubblica.

Elena Improta, il cohousing per il Dopo di noi

Redattore Sociale ha chiesto una lettura di questi dati a Elena Improta, mamma di un ragazzo adulto con grave disabilità, che da quando è nato si batte per i suoi diritti e per il suo futuro. Improta, fondatrice della onlus Oltre lo sguardo, ha ideato e realizzato un cohousing a Orbetello, per lui e per altri come lui, oggi è nelle liste dei candidati alla Regione Lazio.

“I fondi destinati alla legge 112/2016 sono insufficienti”, premette. Una contraddizione solo apparente rispetto ai dati emersi dalla Corte dei Conti: se da un lato è vero che le risorse sembrano avanzare e addirittura andare “sprecate”, dall'altro questo dipende dall'inadempienza della maggior parte delle regioni. Per le regioni “virtuose”, insomma, i soldi non bastano: o meglio, “vivendo il problema da molto vicino, posso dire che sui distretti i fondi ad oggi bastano sì e no per quattro mesi consecutivi! Noi, per portare avanti la Casa di Mario in Toscana, una delle regioni virtuose, usufruiamo dei fondi della legge 112 del distretto Toscana Sud est, che però sono appunto sufficienti solo per un periodo continuativo di quattro mesi. Il resto delle risorse deriva dai privati: noi mettiamo a disposizione gli appartamenti, mentre i ragazzi portano i loro 'pacchetti assistenziali'. Il resto, è tutto con fondi privati, raccolte fondi ecc.”.

Insomma, a livello nazionale, “i fondi destinati alla legge 112/2016 sono insufficienti a garantire una continuità residenziale in unità abitative che possano ospitare massimo cinque persone con disabilità, così come previsto. In più, non è mai stato decodificato e normato il concetto di co-housing – osserva Improta - Ciò ha determinato che ogni regione, in forza del titolo V, abbia interpretato e declinato la legge rispetto alla “geografia” dei bisogni e della domanda del proprio territorio, disperdendo energie e soprattutto tempo. Solamente sei regioni virtuose risultano aver ricevuto tutte le somme complessivamente assegnate, mentre le altre hanno riscosso solo in parte le quote spettanti”.

All’insufficienza dei fondi, si aggiunge per Improta “la mancanza di cultura e coinvolgimento delle famiglie nel 'durante noi', per arrivare al 'dopo di noi'. Così come l'inadeguata formazione degli enti gestori e degli operatori sul tema della relazione di aiuto per la vita indipendente assistita e della pubblica amministrazione (assistenti sociali) su come orientare le famiglie e le risorse. A questo si aggiunge che siamo molto indietro sul budget di salute e che ogni regione riconosce alla persona con disabilità uno o due pacchetti di contributi assistenziali, senza considerare quasi mai i fondi del Dopo di noi come aggiuntivi. Ecco così che lo 'zainetto' che la persona con disabilità cerca di comporre per una vita adulta assistita si sgretola e la famiglia resta, in alcune regioni, l’unico punto di riferimento. Ad oggi, obiettivamente, possiamo parlare di legge 112/2016 solo per quanto riguarda il 'durante Noi' e non il “dopo di noi'. ci troviamo ancora nella fase che potremmo chiamare di 'palestra alla vita adulta'.

Resta il fatto che, “al di là di queste oggettive criticità, le regioni inadempienti non trovano alcuna giustificazione, perché negano quel diritto alla cura e ad una vita dignitosa, sancito dalla Costituzione”. Per Improta, “serve una svolta a livello nazionale e bisogna prendere esempio dalle regioni virtuose: non che qui non ci sia nulla da migliorare, anzi è indispensabile una continuità e non bisogna assolutamente correre il rischio di fare passi indietro. Penso in particolare alla regione Lazio, dove si andrà al voto tra un meno di un mese ed è importante che una nuova giunta non vanifichi il lavoro svolto finora, riportandoci indietro di dieci anni. Uno dei motivi per cui ho accettato la candidatura nella lista civica di D'amato presidente è proprio questo: portare in politica quanto sto facendo da anni, con fatti concreti”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)