Finisce lo stato d'emergenza, si contano i danni: “Mia figlia disabile, ora sotto psicofarmaci”

Carlotta ha 31 anni e una tetrapresi distonica, “non può parlare ma è molto intelligente e si esprime tramite il comunicatore. Già prima del Covid, molti centri diurni privati hanno chiuso e in quelli comunali non l'hanno mai presa. Ora sta sempre a casa, guarda la tv o chatta con i miei amici, perché lei non ne ha più. Con la pandemia e l'isolamento, ha sviluppato psicosi e ossessioni”

Finisce lo stato d'emergenza, si contano i danni: “Mia figlia disabile, ora sotto psicofarmaci”

Una buona notizia c'è, anche nelle drammatiche giornate che stiamo vivendo per una guerra ormai dichiarata nel cuore dell'Europa: lo stato di emergenza sanitaria sta per finire e non verrà prorogato. In altre parole, ne saremo ufficialmente fuori, dal 1° di aprile, anche se l'attenzione dovrà necessariamente restare alta. I danni “collaterali” della pandemia, però, continueranno a farsi sentire e si spera non saranno irreparabili. Legati soprattutto al distanziamento e all'isolamento, questi riguardano più drammaticamente le persone con disabilità e le loro famiglie, che hanno visto venir meno supporti e servizi e, con questo, aggravarsi condizioni fisiche e psichiche e comparire nuove problematiche: come le “ossessioni e le psicosi di Carlotta, che oggi è sotto farmaci”.

Ce ne parla sua mamma , Alessandra Marozzi, che vive a Roma ed è molto preoccupata per lei.

“Carlotta ha 31 anni, una tetraparesi distonica dovuta a un'asfissia neonatale: non compie le azioni più semplici come andare al bagno, scrivere ecc., ma è molto intelligente. E' stata una delle prime ad avere in classe il pc, negli anni in cui le tecnologie a scuola non si vedevano proprio. E poi comunica con le dita: non la Lis, ma l'alfabeto dei segni, che abbiamo imparato tutti da bambini. Glielo abbiamo insegnato, per poter comprendere meglio cià che vuole dirci. Ma usa soprattutto il comunicatore portatile e il comunicatore ottico, che usano soprattutto le persone con Sla: in questo modo, riesce a interagire e anche ad essere più autonoma: per esempio, riesce a dare istruzioni al dispositivo Alexa, quando vuole ascoltare la radio o la musica per esempio. La sua è una situazione molto particolare, abbiamo sempre avuto grandi problemi nell'inserimento, perché la maggior parte delle persone non capiscono che lei è intelligente. Ha un livello di comprensione altissimo, avrebbe potuto anche continuare gli studi, ma ci siamo arenati perché quando sia arriva al liceo l'assistenza didattica è scarsa, le ore di sostegno sono poche e lei si è stancata”.

Dopo la scuola, come quasi sempre accade, c'è stato il nulla: “Nei centri diurni pubblici c'erano liste di attesa di 4-5 anni. Non è facile inserire persone come Carlotta, ad alto carico assistenziale, perché comportano una spesa molto alta. Siamo però riusciti a inserirla in alcune strutture private, l'ultima si chiamava La fattoria, ci si trovava bene, andava volentieri. Per noi era un viaggio – si trovava a Cesano – e una spesa, visto che pagavamo 700-800 euro al mese per mezza giornata. Ma per lei era importante avere quello spazio di socializzazione e autonomia. Uno alla volta, però, i centri privati hanno chiuso, già prima del covid e ancor più con l'avvento della pandemia. E così, di nuovo c'è stato il nulla. E nel frattempo, è arrivata anche la pandemia: ho chiamato tutti i centri diurni, per chiedere se ci fosse posto per lei, ma la risposta era sempre no”.

L'isolamento è stato totale e drammatico: “Sono due anni e mezzo che Carlotta non frequenta nessuno. Intanto, sua sorella si è sposata ed è diventata mamma, le sue compagne di scuola anche sono diventate donne, spesso madri: lei ha capito benissimo che non avrà questa possibilità, che non ha via d'uscita. Non ha più una sola amica, si nutre delle mie amicizie. Con l'isolamento imposto dalla pandemia, la situazione è peggiorata e ha iniziato ad avere psicosi e ossessioni che prima non aveva: non vuole più uscire di casa. Prima veniva con me ovunque, la portavo a teatro, al cinema, il sabato e la domenica andavamo a mangiare fuori, anche con mio marito. Ora non ci si riesce: è completamente chiusa, triste, sola e ha sviluppato una forma di depressione, che dobbiamo curare con i farmaci. Non solo: è diventata aggressiva, rifiuta la ragazza che dovrebbe assisterla, non possiamo più farla venire, perché Carlotta non la vuole ed è diventata aggressiva, sia con lei sia con la badante che vive con noi da 12 anni. Io sono sicura che ci sia una stretta relazione tra il suo peggioramento e la pandemia: d'altra parte, anche tanti ragazzi senza disabilità hanno sviluppato disturbi e sono in terapia”.

Ora, una luce si vede, forse, in fondo al tunnel: “Due giorni fa ho ricevuto una telefonata: c'è un posto libero in un centro diurno sulla Nomentana. C'è la speranza che la prendano, io lo spero tanto: anche se starà, probabilmente, con persone con gravi disturbi, sarà comunque per lei un modo per uscire, distrarsi, sentirsi autonoma. Certo, ora c'è questa regola assurda: se sarà inserita nel centro, non potrà fare più di 20 assenze, o perderà il posto. Questo significa non avere libertà, non poter fare una vacanza. Anche se noi ormai le vacanze e i viaggi non ricordiamo neanche cosa siano, non vedo perché non si possa decedere, per qualsiasi ragione, di assentarsi per qualche giorno, anche oltre i 20 previsti. In ogni caso, non ci resta che sperare che l'accettino: per lei e per noi, sarebbe una grande opportunità. Dopo due anni d'isolamento completo e devastante”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)