Genitori, figli e internet. Circa il 39% degli adolescenti tiene all’oscuro i genitori della propria vita “virtuale”

Scuola e famiglia dovrebbero “incontrarsi” per la prevenzione e concordare delle strategie efficaci.

Genitori, figli e internet. Circa il 39% degli adolescenti tiene all’oscuro i genitori della propria vita “virtuale”

Quanto sono informati i genitori rispetto all’esposizione e all’utilizzo che i propri figli fanno della rete, degli strumenti digitali e dei socialmedia? Hanno consapevolezza di quanto tempo essi trascorrono sul web?

Una recente ricerca di Altroconsumo  ha rilevato che circa il 39% degli adolescenti tiene all’oscuro i genitori della propria vita “virtuale”. Dall’indagine, effettuata su un campione di ragazzi tra i 15 e i 17 anni e uno di genitori con figli della stessa età, è inoltre emerso che il 73% dei genitori si fida della condotta online dei figli e il 69% di ragazzi si reputa in grado di distinguere siti sicuri da quelli pericolosi.

Le risposte fornite, però, da entrambi i fronti hanno mostrato che i genitori hanno una visione un po’ ottimistica sull’utilizzo di Internet e socialmedia da parte dei loro figli. Solo il 26% dei genitori, ad esempio, è al corrente che il proprio ragazzo si destreggia in rete su non meno di quattro profili, ripartiti su diverse piattaforme. I genitori spesso sottostimano gli effetti negativi che la navigazione in rete genera sul benessere psicologico dei loro figli. Ne paiono consapevoli, invece, gran parte degli adolescenti: infatti, il 63% riferisce di soffrire di qualche problema legato alla sfera emotiva a seguito delle proprie attività online. Il 43% afferma di soffrire di ansia, il 39% accusa sbalzi di umore e il 27% ammette di diventare più irascibile.

Quasi la metà dei genitori ritiene di aver educato i figli a un comportamento corretto online,  il dato però è confermato solo dal 25% dei ragazzi. Tra l’altro, l’inchiesta evidenzia che il 20% dei ragazzi ha bloccato i propri genitori sui social e il 19% ha creato un secondo account a cui i genitori non hanno accesso (solo il 5% dei genitori ne è a conoscenza).

Il 13% dei ragazzi dichiara di essere stato esposto a pornografia indesiderata, ma solo il 2% dei genitori lo sa; allo stesso modo, il 13% dei giovani ha acquistato involontariamente qualcosa online, ma solamente il 2% dei genitori ne è venuto a conoscenza.

Seguono altri dati nel rapporto che sottolineano l’eccessiva esposizione al gaming e la vulnerabilità dei dati personali, spesso non adeguatamente protetti sui profili dei nostri ragazzi.

Il quadro offerto mostra l’urgenza di una “media education” che coinvolga educatori, genitori e adolescenti. La mancanza di consapevolezza, infatti, rende i giovani facile preda di cyberbullismo; alimenta dipendenze e nuove patologie, come la nomofobia, ovvero la paura di restare disconnessi dal proprio smartphone; soprattutto può spingere verso una profonda alterazione del modo di pensare, di relazionarsi agli altri, di fare acquisti, di studiare, ecc.

Come riuscire a porre dei confini rispetto all’abuso di questo strumento e in quale modo riuscire a “orientare” i propri figli rispetto all’universo virtuale?

Bisognerebbe non interrompere mai il dialogo e stabilire regole precise sull’utilizzo di Internet e dei socialmedia. La navigazione, in alcuni momenti, potrebbe diventare un’esperienza di famiglia, un po’ come avviene con la Tv. Soprattutto è importante spiegare ai ragazzi cosa vuol dire “privacy” e quali sono le precauzioni da prendere in rete, mettendoli in guardia anche sull’esistenza dei cybercrimini e degli inganni del virtuale, come le fakenews. Occorre ricordare costantemente loro che non è mai prudente inviare proprie immagini o confidare le proprie password ad amici reali o virtuali. Le password degli adolescenti, invece, non dovrebbero essere un “segreto” per i genitori che dovrebbero poter “vigilare” sulle attività dei figli sul web.

Anche le modalità di comunicazione dovrebbero essere oggetto di percorsi educativi che insegnino a saper riconoscere le parole “ostili”, lo stile degli haters, a saper sottrarsi a chat che mettano a disagio o facciano sentire confusi.

In questa operazione di prevenzione, scuola e famiglia dovrebbero “incontrarsi” e concordare delle strategie efficaci, organizzare corsi di approfondimento per adulti educatori e cercare possibilità di confronto. Alcuni siti offrono supporto in questa operazione, come quello di Generazioni connesse , patrocinato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dall’Ue.

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Fonte: Sir