In fuga dalla scuola italiana: Novara plaude alla “mitica lettera” della famiglia finlandese

“Cambiare la scuola si può”: questo il libro che il pedagogista ha pubblicato recentemente e ha voluto spedire all'autrice della lettera. E l'appello che oggi rilancia: “La scuola che impone agli alunni di stare seduti e ascoltare, è la scuola dell'abbandono e della dispersione. Il ministero chiami i pedagogisti, per cambiare la scuola”

In fuga dalla scuola italiana: Novara plaude alla “mitica lettera” della famiglia finlandese

Da Siracusa News, ha fatto il giro della rete, dei media e dei social, la lettera della famiglia finlandese che, dopo essersi trasferita a Siracusa, ha presto deciso di ripartire, stavolta diretta in Spagna, delusa, o meglio sconcertata, dal sistema scolastico italiano. Non si sono fatte attendere le reazioni, le repliche, spesso dal sapore dell'autodifesa, di insegnanti, dirigenti e tanti, che si sono sentiti offesi, perfino insultati, dalle osservazioni di questa mamma nordeuropea. Ma “è una lettera mitica – dichiara a Redattore Sociale il pedagogista Daniele Novara – E' come se un antropologo fosse entrato nella nostra scuola e l'avesse analizzata, mettendone in luce carenze e mancanze che a me, che faccio questo mestiere, sono estremamente palei e che segnalo da almeno 20 anni, nell'indifferenza più assoluta. A livello istituzionale e politico, non c'è alcuna reazione rispetto alle segnalazioni tecniche che io e altri facciamo come pedagogisti”.

Ma quali sono, in concreto, i problemi della scuola italiana, tali da mettere “in fuga” questa famiglia? Cosa c'è che non funziona, nel sistema scolastico italiano? “Esattamente quello che dice la signora finlandese – risponde Novara – In sintesi estrema, prevalgono pratiche puramente inerziali: l'insegnante di oggi fa ciò che il suo insegnante, che a sua volta faceva come faceva il suo insegnante. E c'è addirittura un peggioramento: nelle scuole degli anni '20 c'era un livello di scrittura, per esempio, decisamente superiore rispetto alle prestazioni di oggi. In questa reiterazione passiva, la lezione frontale si fa sempre peggio, perché il metodo è lontanissimo dalle necessità attuali e risulta sempre più inefficace. Usare metodi vecchi in un contesto completamente diverso e nuovo è semplicemente ridicolo. Continuare a far fare dettati vuol dire farli fare sempre peggio”.

Nella lettera si parla di alunni fermi, annoiati, indisciplinati. “Questa signora ci dice ciò che diciamo da tempo e che già Mario Lodi diceva, amareggiato e preoccupato prima di morire, per il metodo scolastico italiano: gli alunni non vanno bene a scuola perché devono solo ascoltare. La giornata trascorre interamente sulla stessa sedia. Questo è semplicemente agghiacciante – commenta Novara – Io conservo una raccolta di note scolastiche sul tema del non ascolto, che indicano la mancanza metodologica e pedagogica dell'insegnante italiano. Ma non è colpa degli insegnanti – precisa - quanto dell'istituzione che ha la responsabilità della loro formazione e che non offre altro che quello”.

Ne sono una prova drammatica i concorsi per gli insegnanti: “Nell'ultimo, la prova pratica consisteva, perfino per la materna, nella simulazione di una lezione frontale! E' un problema della scuola italiana, non della scuola in generale, questo dobbiamo dircelo: solo in Italia si chiede agli alunni di ascoltare e basta, già a partire dalla primaria. E le note disciplinari vanno sempre in questa direzione: “Non ascolta”, “Si alza”. Ma certo che si alza! Come fa a stare tutto il giorno seduto, un bambino di 6, o anche di 12 anni? Per questo, credo che la lettera di questa signora, pur nella sua ingenuità, sia perfetta: è come un antropologo, appunto, che capitasse in una scuola italiana e, analizzandola, dicesse: 'Ma questi sono selvaggi?'. E' uno sguardo severo, ma antropologico e quindi legittimo.”.

Cosa fare, allora? “Il ministero deve decidere di offrire e chiedere agli insegnanti una formazione che sia pedagogica e deve farsi aiutare dai pedagogisti: al ministero chiedo quindi che lasci entrare noi pedagogisti a scuola, anziché riempire le scuole di psicologi. Perché la scienza della scuola è la pedagogia, non la psicologia né tanto meno la neuropsichiatria infantile, che imperversa. Noi abbiamo la più grande pedagogista moderna, Maria Montessori, ma non abbiamo i pedagogisti e la pedagogia a scuola. I pochi pedagogisti che vengono coinvolti dal ministero sono accademici, docenti universitari. Ma domando: se gli architetti fossero solo docenti universitari, chi costruirebbe le case, i palazzi e le città? Lasciamo che siano i pedagogisti a fare la scuola e a indirizzarla verso quel cambiamento necessario, che chiediamo da tanto tempo”: chi le fa poi le case, i palazzi, le città? In Italia la pedagogia la fanno un inseme di docenti universitari, che non hanno la concretezza della professione. Ci sono due manovre da fare, innanzitutto: restituire competenza metodologica agli insegnati nella loro formazione e introdurre la figura del pedagogista a scuola. Allora si potrà davvero iniziare a cambiare la scuola. Nel 2018 ho scritto il libro “Cambiare la scuola si può”, in cui specifico il mio metodo maieutico. E' un metodo a costo zero, non quello montessoriano che necessita di materiali da 10 mila euro, ma è centrato sulla capacità professionale metodologica dell'insegnante. Mentre lo scrivevo, ho chiesto a Silvana Loieri, dirigente scolastica per 40 anni, se tra le mie indicazioni ci fosse qualcosa che, secondo le norme della scuola, un insegnante non può fare. Lei mi ha confermato che tutto quello che ho scritto è possibile farlo, in qualsiasi momento e a costo zero. E allora, perché dobbiamo aspettare una finlandese per farci dire che la scuola va cambiata? Mettendo l'alunno in una dimensione passiva, si distrugge la motivazione. È la passività che crea quella dispersione e quell'abbandono di cui tanto si parla ultimamente. Eppure, le istituzioni non intervengono e consentono a insegnanti senza preparazione pedagogica di entrare a scuola con il sistema dei Mad. Ci vorrebbe un momento catartico, in cui la società s'interroghi sulla sua scuola, per evitare non solo la dispersione scolastica, ma anche la dispersione delle risorse. Oggi troppo ragazzi sono terrorizzati dalla valutazione scolastica, ci sono ancora voti come il 2, o il 3: c'è un arroccamento della scuola, la quale deve invece mettersi a disposizione della società. Cambiamo la scuola e chiamiamola insieme: è questo l'appello che, come pedagogista, rinnovo alle istituzioni, dopo questa dura ma ottima analisi da parte di questa mamma finlandese”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)