L’insostenibile realtà del sogno. Il dormire e il sognare non sono perdite di tempo, ma l’incontro con una parte necessaria del nostro essere

Ce lo spiega Giovanni Cesare Pagazzi con In pace mi corico.

L’insostenibile realtà del sogno. Il dormire e il sognare non sono perdite di tempo, ma l’incontro con una parte necessaria del nostro essere

“To die: to sleep; to sleep, perchance to dream”, vale a dire, per essere sintetici, il “morire, dormire, forse sognare” dell’Amleto (atto terzo, scena prima) che per l’anti-eroe shakesperiano, precursore di tanti “inetti” novecenteschi, è la domanda radicale: vale la pena vivere, o non è meglio lasciarsi andare al sonno, che rimanda a sua volta al sognare e alla morte? Da sempre il sonno è interpretato in maniera ambigua, apparentemente come perdita di tempo o come immersione nel riposo necessario. Ma a queste due modalità di interpretazione, come ci suggerisce anche Giovanni Cesare Pagazzi con In pace mi corico. Il sonno e la fede (San Paolo, 172 pagine, 18 euro) se ne aggiunge una terza, che è quella più affascinante: il sonno non è solo necessario per la “pulizia” delle sinapsi e la rigenerazione del complesso mondo della mente, ma apre le porte ad una vita diversa e nello stesso tempo necessaria, parte integrante del nostro essere globale. Altrimenti, avvisa giustamente l’autore, che oltre ad essere sacerdote è anche docente in alcune facoltà del mondo cattolico, non avremmo necessità di passare tutto quel tempo nelle braccia di Morfeo.

La questione è antichissima, ed anche complicata, perché in alcuni passi delle Scritture, nel Siracide ad esempio, i sogni vengono visti come “ali per chi è privo di senno/ come uno che afferra le ombre e insegue il vento”, ma in altre l’abbandonarsi alla natura iscritta in noi in quel cadere verso la terra madre è invece modo di ascolto della volontà divina. Giustamente Pagazzi, ed è tra i pochi a farlo, richiama l’affascinante ipotesi dell’antropologo gesuita Marcel Jousse che nell’oscillazione circolare del cullare, nell’abbracciare, nella nenia della ninna nanna, vede il richiamo al grande movimento circolare del creato.

A saper sentire, oltre che vedere, queste nuove forme dell’esistente e del creatore, si attraversa quella che in oriente viene interpretata come fase del Risveglio: fase che peraltro è presente anche nelle Scritture, a riprova che tendere troppo alle separazioni nette e superficiali allontana dalla possibilità di intuire i sentieri comuni della fede, riassunta splendidamente nel Giobbe che riconosce come Dio “nel sonno del giaciglio (…) apre gli occhi agli uomini”.

E allora come risolvere l’annosa questione del sogno ingannatore e di quello suggerito dalla verità anche divina? Una risposta è valida oggi come lo era ieri: guardarsi da chi approfitta della credulità e della sofferenza degli altri per guadagno o sete di successo.

Merito di Il sonno e la fede è anche quello di affrontare un ulteriore nodo del problema, quello della interpretazione psicanalitica. A partire da padre Freud che però legge i sogni (e l’inconscio) con una inevitabile base materialistica e determinista, mentre il sogno rappresenta per l’autore di questo libro, e non solo, una immersione completa “nel legame da cui tutto trae origine”. Una sorta di “Vangelo del sonno”, insomma, che ci aiuta a leggere nel sogno, non solo e non tanto una prefigurazione della morte, ma la possibilità di abbandonare, anche se non completamente e non radicalmente, una volontà e una ragione divenute idoli cui sacrificare le vitali profondità dello spirito.

I fenomeni di rivalutazione dello spirituale, dalla new age e ancora prima interi cospicui settori della cultura e della musica alternativa dagli anni Sessanta in poi (basti pensare a Pete Seeger, Dylan e Joan Baez, o ai Jefferson airplane, per non citare una precisa fase creativa dei Beatles) continuano a pesare più di quanto non trapeli ufficialmente dai media, ed hanno nel sonno e nel sogno (“ho sognato sant’Agostino”, cantava il Nobel per la letteratura Bob Dylan) un momento di profonda, inestinguibile ricerca.

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Fonte: Sir