La “buona banca” cede 600 dipendenti: uno su tre è disabile o caregiver

“Siamo diventati un peso da scaricare”: è la denuncia dei lavoratori fragili e caregiver di Bnl, che si sono costituiti in comitato e chiedono un sostegno a governo e associazioni. L'operazione nell'ambito della cessione di ramo d'azienda dell'istituto, prima italiano e adesso francese. Appello a papa Francesco, con le storie di alcuni dipendenti

La “buona banca” cede 600 dipendenti: uno su tre è disabile o caregiver

“Siamo diventati un peso da scaricare”: è la denuncia dei lavoratori fragili e caregiver, dipendenti di Bnl, che la banca ha deciso di “cedere”: sono circa 200, su un totale di 600 dipendenti considerati dall'istituto “a operatività ridotta”. Un'operazione che Bnl ha avviato già da alcuni anni e che ora trova compimento con la cessione di un ramo d'azienda. A ricostruire la vicenda, è il neonato “Comitato lavoratori fragili e caregiver Bnl”, che si è costituito proprio per denunciare la vicenda e chiedere aiuto. In questi giorni, hanno trasmesso il loro appello anche a papa Francesco. “Persone fragili, disabili, ipovedenti, malati oncologici, caregiver chiedono un sostegno al governo, alle associazioni che tutelano la disabilità e a tutti i cittadini contro l’insensibilità e l’indifferenza dell’Istituto di credito italo/francese. I disabili di Bnl protestano contro un’operazione di cessione di ramo d’azienda messo in atto da Banca Nazionale del Lavoro – riferiscono - un istituto prima italiano e adesso francese per il quale la fragilità dei suoi dipendenti è diventata un peso da scaricare”.

Ricorda il comitato che la banca “ha chiuso il 2021 con un utile di circa 376 milioni di euro (in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente). Un’impresa che versa in queste acque avrebbe davvero la possibilità di fare la differenza, di dimostrarsi solidale, attenta alle esigenze di tutti, sostenibile a 360 gradi: Bnl avrebbe la possibilità di distinguersi e di far vedere al mondo intero quanto una grande azienda possa fare anche per il bene dei propri dipendenti”. E rammentano, i lavoratori, l'impegno di Bnl e dei suoi dipendenti al fianco di Telethon: “Al suo 'volto umano', Bnl tiene tantissimo: da oltre trent’anni tiene in piedi una partnership con Telethon, sostiene la ricerca per combattere importanti malattie, e sfrutta questa sua 'generosità' per alimentare grandi campagne promozionali. Ogni anno le filiali di Bnl si trasformano e i lavoratori si impegnano nella raccolta fondi in sostegno di Telethon. Impegno che in ogni angolo della banca è stato profuso da tutte le lavoratrici e da tutti lavoratori”.

Meno nota è invece la vertenza combattuta dallo scorso anno in sede all'istituto: “Una vertenza mai vista prima: la banca intende cedere circa il 10% dei suoi dipendenti. Una operazione senza precedenti, mai vista prima nell’intero settore”. In questo modo, l'istituto si prepara a quella che il comitato definisce “una delle più feroci operazioni di macelleria sociale mai pensate nella storia di Bnl”. Per questo, “molte lavoratrici e molti lavoratori sono pronti a dar battaglia nelle sedi giudiziarie, sorretti dalle organizzazioni sindacali, e sono convinte a ragione di poter vincere in punta di diritto e di giustizia”.

Più precisamente, questa operazione “pianificata e pensata a tavolino, viene da molto lontano: nel tempo, riorganizzazione dopo riorganizzazione, Bnl ha man mano spostato e trasferito lavoratrici e lavoratori ritenuti ad 'operatività ridotta' (così li definiscono!) in specifici uffici che adesso sono oggetto di cessione di ramo. Parliamo di persone fragili, disabili, ipovedenti, malati oncologici, caregiver: persone che andrebbero aiutate, sostenute, protette al meglio per conciliare esigenze di vita meno fortunate a quelle di lavoro. La risposta di Bnl è spietata e indifferente nei confronti delle fragilità di questi dipendenti, mettendo a rischio tante famiglie”.

Le storie dei lavoratori fragili “ceduti”

A dare volto e vita a questa vicenda, ci sono le storie di alcuni dei dipendenti coinvolti nella “cessione”, che il comitato ha raccolto e inviato a papa Francesco. Storie che danno il senso dell'impatto che tale operazione avrà sulle vite concrete di queste persone. “Sono Gianluca, ho 58 anni, usufruisco della 104 per assistere mia moglie affetta da sclerosi multipla (primaria progressiva). Abbiamo due figli, il maggiore di 22 anni, l’altro di 17. Il passaggio ad Ast, oltre a creare ansia e frustrazione, di concreto potrebbe generare anche un notevole disagio per il fatto che raddoppierà e oltre per me il tempo di trasferimento da casa al luogo di lavoro: dovrò dedicare tre ore e mezzo circa fra andata e ritorno, a meno che non mi propongano altre soluzioni! Tempo prezioso che dovrò distogliere dal dare aiuto a mia moglie!”. Maria ha 53 anni, è sposata e ha due figli: “Mi sono ammalata di leucemia mieloide cronica con stato ansioso-depressivo nel 2005 e da allora faccio una chemioterapia giornaliera. La notizia dell’esternalizzazione, messa in atto dalla Banca Nazionale del Lavoro, ha notevolmente accentuato le mie crisi di ansia. Sono spaventata che tutto ciò possa far evolvere la mia malattia in peggio”. Silvia ha 45 anni, è sposata e ha due figlie: “Appartengo alla categoria protetta degli orfani di servizio, sono mamma di una ragazza minorenne disabile in condizione di gravità e sono stata riconosciuta disabile per infortunio sul lavoro. Non so ancora in che sede presterò servizio dopo l'esternalizzazione che avverrà il 2 maggio e questa situazione di incertezza e di precarietà mi sta provando e logorando psicologicamente e fisicamente, aggravando le patologie di cui soffro e privando i miei cari della serenità che meritano”. Sarà “ceduta” anche Elena, che ha 66 anni e ha avuto quattro tumori. “Due melanomi uno al seno con chemio e radio ed altre vicissitudini e ultimo all'utero procurandomi tanti problemi. Ho anche subito un'operazione alla schiena. Ho due placche alle vertebre per poter stare in piedi”. E poi c'è Fabiola, 60 anni, “un'infanzia infelice a seguito di una grave malattia. All’età di sei anni le fu diagnosticata una leucemia. Molti anni di cure. Ricordo molte sale di ospedale e un papà molto presente che a causa del forte dolore è morto giovane. Sposata con un uomo molto buono malato di cancro che fa terapie oncologiche. Io soffro di una grave patologia autoimmune invalidante. Non dormo da quando circa 3 anni fa ho subìto vessazioni da parte di un responsabile e da allora sono sotto cura di uno psichiatra. Prendo molti farmaci. Non posso né guidare e ne prendere autobus. Ora che ho saputo dell’esternalizzazione la mia vita è un incubo. Possibile che dopo 39 anni di banca devo subire anche questa incresciosa ingiustizia? Anche io ho diritto di essere serena e felice”. Pietro, 57 anni anni, sarà trasferito a oltre 30 chilometri da dove lavora adesso: “Ho una figlia disabile al 100% per un ritardo mentale, mia moglie è cardiopatica e ha avuto un tumore all’utero che le è stato asportato. Anch’io portatore di Cpap per apnee notturne e long covid. Mi sposto da Roma Tiburtina a Roma Torrino: 36 chilometri”. Infine, tra i tanti c'è Antonello, “44 anni, un’ipovisione gravissima dovuta a retinoschisi e distacco della retina. Anche mia moglie è ipovedente grave e ha altre patologie. Con l’esternalizzazione sarò costretto ad affrontare tutti i giorni i pericoli della strada”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)