“La solidarietà attiva”, l’unità di strada che a Catanzaro mappa e sostiene le fragilità

Nato poco prima del lockdown, il progetto promosso dal Centro solidarietà di Catanzaro Marina si è rivelato strumento particolarmente efficace proprio nella gestione dell’emergenza sanitaria. “Contattati anche da moltissime famiglie del ceto medio rimaste senza lavoro”

“La solidarietà attiva”, l’unità di strada che a Catanzaro mappa e sostiene le fragilità

Offrire sostegno a immigrati e autoctoni, anche senza dimora, che vivono nel comune di Catanzaro e nei comuni limitrofi che si trovano in difficoltà e risvegliare il più possibile il sentimento solidaristico del volontariato attraverso una mobilitazione attiva della comunità locale. Sono questi gli obiettivi de “La solidarietà attiva”, progetto promosso del Centro solidarietà Catanzaro Marina e finanziato dalla Regione Calabria. Tra i destinatari, le persone che si trovano in condizioni di povertà, emarginazione, disagio fisico e sociale che necessitano di assistenza medica, cibo, vestiario, colloqui di orientamento. Il progetto, partito solo pochi giorni prima del lockdown – la presentazione ufficiale è avvenuta il 22 febbraio – si è subito trovato di fronte all’enorme scoglio del Covid-19. Ma i volontari non si sono fermati e hanno trasformato in una grande opportunità una situazione contingente che, altrimenti, avrebbe potuto immediatamente stoppare la loro corsa. “Già da prima dell’emergenza sanitaria ci siamo resi conto, da un’analisi territoriale e dei bisogni, della necessità di allestire un’unità di strada – spiega il Centro solidarietà –. Abbiamo capito che quello che serviva non era una struttura fissa ad hoc, ma un’unità mobile in grado di spostarsi per le vie della città seguendo percorsi prestabiliti per tendere la mano a tutti coloro ne avessero bisogno. Una necessità che si è rivelata ancora più stringente con l’esplosione dei contagi da coronavirus. Considerato quello che è successo negli ultimi mesi, possiamo dire con certezza che, senza un’iniziativa come queste, molte persone in condizioni di fragilità si sarebbero trovate da sole a gestire una pandemia. Siamo stati contattati anche da molte persone che non avevamo preventivato: famiglie del ceto medio che si sono affacciate alla nostra realtà a causa della perdita o della riduzione del lavoro”. Conti correnti a zero, stipendi non pagati, cassa integrazione che tardava ad arrivare. Famiglie frustrate perché non più in grado di garantire l’istruzione dei proprio figli, senza un computer o una connessione per la didattica a distanza.

Come spiegano i promotori, “La solidarietà attiva” nasce non come progetto impegnato a rispondere a bisogni momentanei, ma come iniziativa che, nel tempo, riesca a “mettere in luce quelle periferie dell’esistenza che spesso sfuggono alla sguardo miope dei media mainstream e che faticano a essere raggiunte dai canali istituzionali. 
L’intento, quindi, è quello sì di rispondere a richieste d’aiuto, ma anche provare a costruire – laddove sia possibile – prospettive future”. Tra le attività di progetto rientrano: uscite settimanali prefissate, colloqui di orientamento psicosociale, distribuzione di cibo e vestiario, accompagnamento ai servizi socio-sanitari. 
Il team è composto da due assistenti sociali, una psicologa, un medico volontario, un mediatore linguistico e dai volontari. L’equipe ha il compito di valutare la situazione per svolgere al meglio “l’accompagnamento”: urgenza sanitaria, interventi specifici, valutazioni intermedie in base agli obiettivi individuati per ogni utente, passaggio e contatto preliminare con il servizio territoriale.

“Il cambio di metodologia si è rivelato fondamentale – sottolinea il Centro solidarietà –. Non è più l’utente a doversi recare nelle strutture pubbliche o private che erogano un servizio, ma sono i volontari che si adoperano prima per intercettare e mappare le richieste d’aiuto e poi che si recano quotidianamente sul posto a portare solidarietà e assistenza. Questa metodologia, considerato il contesto, è assolutamente innovativa: in tutta la provincia di Catanzaro non esistono esperienze simili”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)