Quel mucchio di radici sporche, orfane di tutto. La storia della mangiatoia del presepe a piazza San Pietro

La culla di Gesù, attorno al quale ruota tutto il presepe, doveva essere qualcosa di davvero speciale.

Quel mucchio di radici sporche, orfane di tutto. La storia della mangiatoia del presepe a piazza San Pietro

Era bello, forte e maestoso e negli anni, col passare delle stagioni, ne aveva viste di tutti i colori. Di momenti difficili ne aveva passati tanti. Eccome se ne aveva passati. Costantemente esposto alle intemperie, che lo inzuppavano d’acqua o lo caricavano del candido manto della neve, aveva imparato a resistere e a trovare nuova forza allo spuntare del primo raggio di sole che arrivava a bucare le nuvole. Anche quelle più dense e grigie. Perché l’esperienza gli aveva insegnato che la luce del sole tornava a splendere sempre.

Ma quella notte, a fine ottobre 2018, è stata diversa dalle altre. Ha cercato di resistere con tutte le forze alla pioggia e al vento che turbinava tra i suoi rami, scuotendolo violentemente fino alle radici. Ad un certo punto, però, non ce l’ha più fatta ed è crollato. Di quello che è successo subito dopo non ricorda più nulla.

Era bello, forte e maestoso. Dopo quella notte era irriconoscibile. Schiantato a terra, non si sarebbe mai più potuto rialzare. Spogliato dei suoi rami, ferito nel suo cuore, si è visto fare a pezzi e privare anche del suo tronco.

Era bello, forte e maestoso. Ora era ridotto ad un mucchio di radici sporche, orfane di tutto. Anche di quella terra, da cui per tanti anni aveva tratto nutrimento. Un mucchio di radici buone solo per essere seccate e buttate nel fuoco. Ma non sapeva ancora che la sua storia non era finita lì.

Trascorre un anno e nel municipio di Sutrio – paese della Carnia adagiato sulle pendici del monte Zoncolan (conosciuto in tutto il mondo dagli appassionati di ciclismo), in cui vivono poco più di 1.200 persone – arriva una lettera. Mittente è il Governatorato della Città del Vaticano. Nella missiva si comunicava al sindaco che era stata accolta “la proposta della sua comunità di offrire l’allestimento del presepe per il Natale 2022”.

La direzione artistica del progetto – che ha richiesto tre anni di lavori ed ha coinvolto 11 scultori del Friuli Venezia Giulia e al quale è dedicata la pagina Fb “Presepe Sutrio Vaticano” – viene affidata allo scultore triestino Stefano Comelli.

La progettazione del presepe entra nel vivo. Sono 18 le statue in legno di cedro (solo per il Bambinello è stato usato legno di tiglio) che, su una superficie totale di 116 metri quadri, circondano la grotta della Natività.

La culla di Gesù, attorno al quale ruota tutto il presepe, doveva essere qualcosa di davvero speciale. E così Comelli si reca nei pressi di Sutrio, in uno dei luoghi più colpiti nell’ottobre 2018 dalla tempesta Vaia, e si mette alla ricerca di una radice, tra le migliaia rimaste a terra dopo i lavori di prelievo di quello che era ancora utilizzabile, vale a dire tronchi e ramaglie. E la trova: la radice di un grande abete rosso, a ricordo delle parole del profeta Isaia. “In quel giorno un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore” (Is 11,1-10).

L’incarico di realizzare il Gesù bambino era stato affidato allo scultore Renato Puntel. Ed è stato proprio lui ad intuire che a preparare la culla del Bambinello dovevano essere le mani e il cuore di una donna. “Renato mi aveva accolto a bottega appena terminati gli studi all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Sapendo che, dopo la pausa presa per accudire i miei bambini, avevo ripreso a scolpire, utilizzando proprio il materiale rimasto nei boschi e nei fiumi, ha voluto coinvolgermi in questo progetto”. A parlare è Martha Alberta Muser, che ha ideato e realizzato – insieme a Stefano Comelli – la culla che sta al centro del presepe di piazza San Pietro.

Una culla che è composta da tre elementi complementari tra loro. “Alla base vi è la grande radice capovolta, trovata e pulita da Stefano – spiega l’artista –. Sopra la ceppaia ho realizzato una struttura di vecchie travi, rami e radici, assemblati in modo da costruire una sorta di nido. Per finire Renato ha magistralmente scolpito nel legno un drappo bianco, che combacia perfettamente sia alla forma delle radici, che al corpicino del Bambinello”.

“La ceppaia scelta da Stefano aveva dimensioni imponenti – prosegue Muser – ma è stata da lui ridimensionata per poter abbracciare tra le sue radici il bue e l’asinello. Dopo averla accuratamente pulita, ha tolto solamente le parti di corteccia precarie, per mantenere il più possibile il colore scuro del rivestimento e creare il giusto contrasto con lo sfondo chiaro della capanna, costruita in legno di larice”.

Quella ceppaia era veramente bella. Ma le mancava qualcosa. “Mi sono confrontata con Renato ed ho convenuto con lui che la naturale forma ‘a stella’, tipica delle radici di abete rosso, potesse risultare ingombrante ed allontanare visivamente le sculture che avrebbero costruito la Natività – racconta Muser –. Ho deciso, quindi di costruire una scultura con una forma più morbida, che ‘proteggesse’ il bambino, senza ‘pungere’ le figure di Maria e Giuseppe che amorevolmente si accostano all’amato figlio”. Martha Muser si è messa così in cammino. “Per diversi giorni ho setacciato il fiume But alla ricerca di radici dalla linea curva o ondulata. Ho costruito una struttura portante utilizzando vecchie travi di fienile e su questa ho fissato rami e radici in modo da creare un movimento vorticoso, che ricordasse la forma di una galassia o di un uragano, come quello che aveva colpito le nostre montagne. Con grande abilità Renato ha poi scolpito il punto focale dell’intera composizione, il pezzo di puzzle mancante, l’armoniosa congiunzione tra la forma astratta della culla e quella figurativa del Divino fatto uomo. Le pieghe del drappeggio riescono a riprendere e contrapporti al movimento delle radici e allo stesso tempo accogliere, sorreggere e scaldare il bambino”.

Martha Muser è stata contattata da Puntel a metà agosto ed ha finito il lavoro a metà ottobre. Nel frattempo si è dedicata alla famiglia, ha frequentato il corpo Iap (imprenditore agricolo professionale) ed ha seguito altri incarichi che le erano stati commissionati. “Mi è difficile quantificare quante ore effettive di lavoro sono state necessarie per realizzare la culla. Sicuramente la parte progettuale e di ricerca mi ha impegnata maggiormente rispetto alla fase effettiva di costruzione. Sia le lunghe camminate nei boschi e nel greto del fiume, sia le ore passate pensando e ripensando come fosse meglio impostare una scultura, sia la fase attiva in cui fisicamente, usando le mani, disegnando, scolpendo o assemblando, rendo visibile anche agli altri i miei pensieri, sono fasi talmente piacevoli che fatico a considerarle un ‘lavoro’”.

Il 3 dicembre, in Vaticano, all’inaugurazione del presepe di Sutrio c’era anche Martha. “Mi ha fatto molto piacere essere coinvolta in questo progetto. L’invito in Vaticano è stato particolarmente emozionante e sentire in piazza San Pietro il profumo del larice bagnato, vedere rappresentanti, vicino alle figure della Natività, i lavori tradizionali e condividere questa esperienza è stato davvero suggestivo. Con impegno e dedizione, un gran numero di persone ha collaborato per realizzare questo progetto, riuscendo a portare un vero e proprio pezzo di Carnia a Roma. Sono molto orgogliosa di vivere qui”.

Era bello, forte e maestoso. La tempesta Vaia l’ha ridotto ad un mucchio di radici sporche, orfane di tutto. Le mani e il cuore di una donna lo hanno trasformato nella più importante e ammirata di tutte le culle, quella destinata ad accogliere e abbracciare l’Emmanuele, il Dio con noi.

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Fonte: Sir