Un tributo alla figura materna. Il recente romanzo di Mirko Zilahy

Una madre, come un padre, non è una macchina domestica imperturbabile e programmata all’infallibilità, ma possiede sentimenti, proprio come i figli

Un tributo alla figura materna. Il recente romanzo di Mirko Zilahy

“Nostra signora delle nuvole” è un inno alle madri, non solo alla madre, e soprattutto un racconto in cui emerge con forza la capacità di cura del libro. Un romanzo familiare, questo di Mirko Zilahy, autore giovane ma con alle spalle thriller editi da Longanesi e un’esperienza di insegnamento di Lingua e letteratura italiana al Trinity College di Dublino, che allevia il dolore di quanti pensano di aver commesso errori terribili nella propria esperienza familiare o, al contrario, di essere stati oggetto di rimozione genitoriale, di abbandono, o di aver avuto un papà e una mamma disattenti e comunque colpevoli.

E invece, scrive Zilahy, è storia di tutti o quasi, perché una madre, come un padre, non è una macchina domestica imperturbabile e programmata all’infallibilità, ma possiede sentimenti, proprio come i figli, può contraddirsi, cadere in tentazione, litigare. In una famiglia può accadere purtroppo di lasciarsi, cercarsi di nuovo, e soprattutto, in questa umana possibilità di caduta di madre e padre, lasciare soli figli che non sanno crescere. Che, come il protagonista-narratore, iniziano la consueta strada dei cosiddetti fallimenti, i trasferimenti da una casa all’altra, dal verde paradiso dell’infanzia perduta o quasi alle case di periferia, ai giardini o presunti tali dove iniziano le scaramucce per la sopravvivenza, dare e soprattutto ricevere botte e insulti, fare i conti con i primi no delle ragazzine coetanee amate come nuove Beatrici, con voti inferiori alle attese di una mamma che però rappresenta la capacità di dire l’impossibile.

Le nuvole, ad esempio, narrate dalla madre come eterne divinità delle trasformazioni, con il medesimo potere delle parole, che non è vero che sono semplici nomi, ma possiedono la capacità di creare: “Ci puoi fare tutto quello che vuoi con le parole”, dice mamma Annarita dopo aver raccontato al figlio -tutto il resto della tribù narrata è, fatta eccezione per il padre, il nonno e poi una nuova, non amata presenza, rigorosamente femminile-  il continuo trasformarsi delle nuvole, perché “non stanno mai ferme e ognuna si trasforma in un’altra cosa. Una volta è un orsacchiotto, un cavallo, oppure un fiore”.

Il passaggio attraverso il rischio debiti, dopo la separazione dei genitori, l’ingresso in nuovi luoghi estranei e minacciosi, l’affitto, i risparmi al centesimo finalmente rientrano nel mondo della letteratura, non solo per i nuovi ospiti del sud e dell’est, ma per chi deve ricominciare una strada più difficile e qualche volta umiliante, nei luoghi che lo hanno visto nascere e crescere. Sapere che è accaduto, che accade, non solo a chi legge, è una condivisione che aiuta a sentirsi meno soli.

E questo racconto minimale, almeno in apparenza, ci porta dentro le case di ognuno, in cui i bambini o i ragazzini sentono la mamma parlare di rinuncia a ciò che prima sembrava naturale avere. In cui i papà non ci sono più e dove la mamma deve sostenere il difficile compito di accompagnare e guarire (dalle ansie, dalla paura dei fallimenti, dalle batoste) e contemporaneamente di tracciare limiti.

Una narrazione accompagnata dalle citazioni storiche -la derivazione da parte materna di uno degli eroi della disfida di Barletta- letterarie e delle canzoni, come quelle di Cat Stevens, che diventano parte integrante e colonna sonora interiore della nostra strada.

In poche parole un breve romanzo di formazione, come si sarebbe detto una volta, che riesce a parlarci di noi, come siamo, come eravamo e come ora sono i nostri figli, sotto la presenza, laicamente ma non troppo, benedicente di una splendida figura femminile che rimane, dopo la malattia e l’addio, e non solo nel racconto: “La vedo! Mamma, ciao! Chiara (la sorellina più piccola, ndr) agita la mano forte e poi mi stringe il collo e, invece di morire, io vivo”.

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Fonte: Sir