Italiani, popolo di panificatori: come la quarantena sta cambiando le nostre abitudini alimentari

Il lievito di birra è introvabile, le farine iniziano a scarseggiare e fioccano le ricette per preparare in casa pane e dolci senza bisogno di lieviti chimici.

Non è il primo effetto della crisi economica da coronavirus, anzi, è il suo contrario: anche gli italiani si sono riscoperti panificatori, pasticceri e fini gourmand, con buona pace delle scorte dei supermercati.

Italiani, popolo di panificatori: come la quarantena  sta cambiando le nostre abitudini alimentari

Sarà che, a forza di veder gente che spignatta tutto il giorno e non avendo null’altro di meglio da fare, un certo spirito d‘emulazione viene da sé, in ogni caso ci stiamo riscoprendo tutti grandi cuochi.

Ormai la panificazione è un rito collettivo che si celebra in televisione come nei social, dove immagini di pizze e pagnotte cotte nel forno di casa hanno soppiantato improponibili foto ricordo di vacanze in paesi lontani ma drammaticamente popolari.

I numeri 

Secondo i dati forniti da Coldiretti, i 5 prodotti più acquistati sono: le farine a +83%, la carne in scatola +82%, i fagioli conservati +72% e il lievito di birra +70%.

«Le persone — titolava l’americano Washington Post solo qualche giorno fa — stanno cucinando il pane come dei matti e ora siamo senza farina e lievito», segno che non siamo solo noi italiani ad aver riscoperto le gioie del pane fatto in casa.

A differenza del petrolio, scambiato a valori prossimi al minimo, il grano vede le sue quotazioni in rialzo del +5,92%. Salgono anche i prezzi del mais, +0,66%, e del riso +5,07%. 

«Gli effetti della pandemia — dichiara Coldiretti in una nota — si trasferiscono dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle produzioni agricole la cui disponibilità è diventata strategica con le difficoltà nei trasporti e la chiusura delle frontiere ma anche per la corsa dei cittadini in tutto il mondo ad accaparrare beni alimentari di base dagli scaffali di discount e supermercati. Una preoccupazione che ha spinto la Russia a trattenere per uso interno parte della produzione di grano dopo essere diventata il maggior esportatore di grano del mondo mentre il Kazakistan, uno dei maggiori venditori di grano, ha addirittura vietato le esportazioni del prodotto».

 

Meno bene sta andando ai produttori di dolci e panificati, specie di quelli vocati a produzioni stagionali.

«Le vendite nei supermercati — spiega l’amministratore delegato di Maina, Marco Brandani, al Sole 24 Ore  —di prodotti pasquali (colombe e torte) realizzati dalle aziende italiane stanno subendo una flessione nei volumi di vendita di oltre il 30%. Questa cifra, tendenzialmente in peggioramento, rischierà di mettere in seria difficoltà tutto il nostro settore di riferimento. La colomba, così come l'uovo di cioccolato, sono prodotti ad altissimo valore simbolico e identitario del nostro Paese. Il rispetto di queste tradizioni ci rende uniti, italiani e meno soli, soprattutto in questi difficili momenti».

Per far fronte al calo delle vendite e alle difficoltà delle consegne, sono in molti gli artigiani ad aver riposto le loro speranze nelle consegne a domicilio.

Una strada però non sempre percorribile, soprattutto quando le consegne vengono visti come potenziali veicoli di contagio, come racconta il magazine Dissapore: «organizzarsi tramite piattaforme e-shop per vendere ciò che già era pronto — scrive Nunzia Clemente nel suo articolo  — sarebbe stata una soluzione. Anche tramite piattaforme terze (quelle dedicate al solo dolce, oppure altre specialità alimentari) se proprio non ci si poteva organizzare in autonomia. Anche se, come abbiamo potuto vedere stilando liste e liste di negozi di specialità che vendono online, anche ditte di artigiani con vetusta mentalità hanno deciso di far ricorso in calcio d’angolo all’unico mezzo a disposizione. Svuotare i negozi di prodotti già pronti (biscotti, conserve, in qualche caso le prime colombe pronte) sarebbe stato anche un modo per ammortizzare, visto che le vittime saranno soprattutto le realtà più piccole e fragili».

Peccato che non tutti abbiano gradito, specie in Campania, ma il mercato non vi ha prestato molta attenzione: ai ristoratori padovani, ad esempio, fioccano già le prime richieste per il pranzo pasquale, consegnato rigorosamente a domicilio.

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