Selvazzano. Durante il lockdown la famiglia Brunazzetto ha costruito un capitello votivo a Sant'Antonio

I coniugi Brunazzetto di Selvazzano, insieme ai figli di 10 e 12 anni, hanno realizzato con le loro mani, nel giardino di casa, un capitello che accoglie la statua di sant’Antonio. Complice la pandemia e la chiusura forzata in casa, la famiglia ha concretizzato il sogno che mamma Sarah portava nel cuore da lungo tempo. Una devozione, quella al Santo, trasformata in luogo di preghiera, riposo e affidamento. Qui anche la comunità parrocchiale può attingere forza e speranza, guardando alla resurrezione della Pasqua.

Selvazzano. Durante il lockdown la famiglia Brunazzetto ha costruito un capitello votivo a Sant'Antonio

Si sente ripetere spesso di recente e, in effetti, è così: la pandemia non ha portato solo morte, malattia, disperazione. Ha costretto anche molti di noi a ripensarsi, a riflettere su aspetti inediti della propria vita, a guardarsi un po' più “dentro”; e, perché no, ad alzare gli occhi al cielo in modo nuovo. Così Sarah Trevisan, mamma di Selvazzano Dentro, lo ammette senza giri di parole: «Se non ci fosse stata la pandemia, non avremmo mai costruito il capitello dedicato a sant’Antonio che si trova ora nel nostro giardino. Senza il confinamento, oggi sarebbe ancora, soltanto, un bel desiderio».

Il capitello lo ha costruito, nella primavera scorsa, il marito Marco Brunazzetto durante le settimane in cui l’azienda per cui lavora come responsabile commerciale si era fermata a causa del virus. «Se non fosse rimasto a casa in quei giorni, ne sono certa, il capitello non sarebbe sorto – insiste Sarah – perché in primavera ed estate, periodi che si prestano maggiormente per i lavori all’esterno, mio marito rientra tardi la sera perché lo richiede la sua attività».
La coppia vive a Selvazzano da tre anni e frequenta abitualmente la parrocchia dove accompagna i genitori dei bambini coinvolti nel cammino di iniziazione cristiana. Quarantenni, sposati dal 2007, Sarah e Marco Brunazzetto hanno anche due figli, Arianna di 12 e Antonio di 10. Ci incontriamo attraverso una piattaforma digitale. Sono sorridenti, sereni, quasi increduli che la Difesa si interessi alla loro storia. Eppure la loro è una bellissima storia di speranza, di cammino, di costruzione proprio quando, ai più, tutto sembra faticoso, interminabile, senza luce. Una famiglia che quest’anno guarda alla Pasqua con gioia e in modo speciale, visto che il figlio minore riceve i sacramenti durante la Veglia pasquale di sabato 3 aprile. Ma, facciamo un passo indietro, alla primavera 2020.

«La figura di sant’Antonio è sempre stata presente nella mia famiglia d’origine – racconta Sarah, interprete e traduttrice di professione, oggi mamma a tempo pieno – Io stessa sono sempre stata molto legata a lui, soprattutto da quando, adolescente, sono venuta a conoscenza della sua storia. Nei momenti importanti della mia vita, il santo padovano non mi ha mai fatto mancare la sua intercessione, anche quando aspettavo mio figlio. I medici mi avevano prospettato qualcosa di brutto, che mi ha spaventato moltissimo. Mio marito e mia mamma mi hanno subito portato al Santo; successivamente i problemi di cui mi avevano parlato non si sono verificati, tutto è andato bene, e nostro figlio è nato. Gli abbiamo dato il nome che da sempre portavo nel cuore qualora avessi avuto un figlio maschio: Antonio».
Nei giorni del primo lockdown, quando la famiglia si ritrova chiusa in casa, Sarah pensa a quell’idea che l’accompagna da molto tempo, un seme che poco a poco germoglia coinvolgendo prima il marito e poi i figli: «Perché non trasferire una devozione spirituale in un luogo fisico? Perché non realizzare un capitello dedicato a sant’Antonio?»”. Marco non se lo fa dire due volte e si lancia entusiasta nel progetto, aiutato dalla figlia Arianna e anche dal secondogenito Antonio, entrambi felici di questa nuova esperienza e dello slancio che colgono nei loro genitori.

«Abbiamo cominciato dal basamento – spiega Marco, il capo famiglia – l’abbiamo realizzato con cemento dando una forma asimmetrica, che assomigliasse a una roccia. Poi abbiamo costruito la nicchia utilizzando ciottoli e malta, a cui abbiamo aggiunto una vernice che dona un effetto bagnato e una colorazione rosacea. Abbiamo aggiunto anche un pezzo di trachite proveniente dalla casa di Montemerlo, dove abbiamo abitato per undici anni prima di trasferirci qui a Selvazzano. La trachite è la chiave di volta del capitello e ha un significato simbolico perché proviene dal colle dove, si racconta, sant’Antonio abbia benedetto la città di Padova».

Procedendo con calma, realizzando poche file di ciottoli al giorno per non appesantire la costruzione finché la malta era fresca, l’opera ha cominciato a prendere forma. «Una delle difficoltà maggiori ha riguardato la costruzione della nicchia senza avere a disposizione la statua per misurarne l’esatto ingombro; non era possibile infatti recarsi ad acquistarla. Ci siamo basati perciò sulla stima di un amico che, solo successivamente, ha potuto consegnarci la statuetta, direttamente dal negozio interno alla basilica del Santo. In circa quaranta giorni, comunque, il capitello è stato completato, con sant’Antonio collocato perfettamente nella nicchia».

Il capitello è diventato un luogo di preghiera per la famiglia a cui rivolgersi anche prima, o al rientro, di lunghi spostamenti in auto; rappresenta inoltre, simbolicamente, le due parrocchie a cui sono legati i coniugi Brunazzetto. «Il capitello è costruito con ciottoli di fiume che richiamano la nostra comunità attuale – chiarisce mamma Sarah – visto che Selvazzano è attraversata dal fiume Bacchiglione, mentre la trachite della chiave di volta ci riporta all’amata Montemerlo. Per amici e conoscenti, abbiamo fatto stampare anche alcuni santini con la foto del capitello e una preghiera. Il 13 giugno dello scorso anno, festa di Sant’Antonio, abbiamo invitato una ventina di amici di entrambe le comunità per la benedizione dell’opera, insieme ai parroci don Francesco Fabris Talpo e don Mattia Biasiolo. Abbiamo regalato a tutti i presenti un ciottolo di quelli avanzati dalla costruzione dove abbiamo scritto un’invocazione a noi cara, perché è quella con cui concludiamo le preghiere con i nostri figli: “Sant’Antonio proteggi la nostra famiglia”; così una preghiera intima, familiare si è allargata ai nostri cari».

Un piccolo capitello che racconta una grande storia di cammino, di ricerca dei legami più preziosi, quelli con Dio e con i fratelli. Esempio tangibile di quanto, anche durante la pandemia, si possa costruire, gettare semi sul terreno fertile, guardare al domani con speranza. La speranza che ancora una volta Gesù ci dona con la sua resurrezione.

Trachite del colle da cui il Santo benedì Padova

La trachite – pietra grigia o gialla di origine vulcanica estratta nei Colli Euganei fin dall’antichità – ha un significato simbolico: proviene dal colle dove, si racconta, sant’Antonio abbia benedetto la città di Padova.

La preghiera

«O Dio, Padre buono e misericordioso, che hai scelto sant'Antonio come testimone del Vangelo e messaggero di pace in mezzo al tuo popolo, ascolta la preghiera che ti rivolgiamo per sua intercessione. Santifica ogni famiglia, aiutala a crescere nella fede; conserva in essa l'unità, la pace, la serenità. Benedici i nostri figli, proteggi i giovani. Soccorri quanti sono provati dalla malattia, dalla sofferenza e dalla solitudine. Sostienici nelle fatiche d'ogni giorno, donandoci il tuo amore. Amen».

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