Al Sacro Cuore di Abano, Gesù è nato tra le rovine armene

Il genocidio di cento anni fa del popolo e della civiltà armena e le recenti distruzioni siriane diventano un invito ad accogliere “l’uomo nuovo” dei vangeli. Questa la singolare ambientazione data al presepe della parrocchia del Sacro Cuore alle Terme di Abano visitabile fino al 2 febbraio.

Al Sacro Cuore di Abano, Gesù è nato tra le rovine armene

Gesù nasce tra le rovine delle culture distrutte dalle guerre, oggi come cent’anni fa: è questa l’invocazione alla pace attorno a cui è stato costruito il presepio della parrocchia di Sacro Cuore alle Terme. Quest’anno si è discostato dal consueto plastico, dedicato alla minuziosa ricostruzione della civiltà contadina veneta, per cogliere un’importante occasione di recupero.

Don Luciano Rizzetto, cappellano dell’Ira, aveva conservato i plastici in polistirolo, realizzati vari anni fa, dei resti archeologici romani della città siriana di Palmira, dichiarati nel 1980 patrimonio dell’umanità e nel 2015 «vittima di un terrorismo culturale – come scandisce il pannello esplicativo – che vuole cancellare le memorie del passato». E anche i modelli di tre monasteri armeni e dei resti di un quarto monastero. Dopo il genocidio compiuto cent’anni fa solo la cattedrale di Yerevan è aperta al culto mentre le altre chiese sono completamente abbandonate e sono diventate rifugio di pecore e altri animali.

I modelli sono stati restaurati con cura da un gruppo di volontari della parrocchia (Severino Orietti, Walter Mazzucato, Isidoro Vitiello, Giuseppe Garofolin e altri) e sono stati collocati attorno alla capanna del Bambino a significare che oggi, come cent’anni fa, Cristo nasce nel mondo per invitare gli uomini a trovare il coraggio di abbassare le armi e fermare la distruzione di vite umane e di intere popolazioni. «Rispetto agli anni scorsi – commenta il parroco del Sacro Cuore don Antonio Pontarin, che accoglie fino al 2 febbraio il presepe proprio sulla porta della canonica – chi si ferma davanti alla Natività è invitato a una riflessione più profonda e coinvolgente e molti hanno dimostrato di aver colto la novità del messaggio. Il simbolo di due disastri umani e culturali come quello compiuto cent’anni fa in Armenia con il primo genocidio del Novecento, e quello oggi in corso in Siria è stato colto come richiamo forte a far nascere dentro di noi un uomo nuovo, capace di superare gli odi e le divisioni».

I parrocchiani e gli ospiti del centro termale hanno fatto proprio l’augurio contenuto nei pannelli esplicativi a far sì che «i bambini di quell’area straziata dalla guerra possano ritornare a sorridere e a sognare».

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