Dal consigliare all’essere testimoni

A più di tre anni dalla loro unione, le comunità di Canove, Cesuna e Tresché Conca hanno visto crescere i rapporti reciproci e la collaboprazione. Ora sentono di dover essere lievito e voce sul territorio: il consiglio dell’unità pastorale è impegnato su  questo fronte.

Dal consigliare all’essere testimoni

Dal consigliare all’essere testimoni. Questo è il passo che i consigli parrocchiali dell’unità pastorale di Canove, Cesuna e Tresché Conca sull’altopiano di Asiago sono chiamati a compiere. A più di tre anni dalla loro unione, le comunità hanno visto davvero crescere il rapporto reciproco e la collaborazione. Adesso è necessario un grosso sforzo per essere lievito e voce sul territorio di riferimento e la presidenza del consiglio dell’unità pastorale gioca un ruolo importante in questo.
Formata dai tre vicepresidenti parrocchiali, dall’attuale parroco moderatore, don Nicola De Guio (entrato in carica nell’autunno scorso, dopo l’esperienza come fidei donum in Ecuador), dal cooperatore, don Federico Fabris, e da una religiosa, sta approntando il futuro cammino. «Come presidenza – racconta Stefano Rigoni, vicepresidente del consiglio pastorale parrocchiale di Canove – siamo chiamati di volta in volta a preparare l’incontro dei consigli pastorali, che sempre più frequentemente, è comunitario. In quest’ottica è stata anche vincente la scelta, in sede di rinnovo, di costituire dei consigli parrocchiali snelli per permettere di ritrovarsi insieme in un consiglio di unità pastorale che possa lavorare garantendo spazio e possibilità di intervento per tutti».
I membri di ciascun consiglio sono otto, di cui cinque eletti dalla rispettive comunità e tre individuati come rappresentanti di realtà pastorali e associazioni. Contraddistingue il consiglio dell’unità pastorale la già buona e positiva capacità di riflettere e confrontarsi insieme. «È frutto di uno stile che ci è stato donato dai due parroci precedenti che per primi tra loro hanno cercato di essere un corpo unico. E in questi anni sono maturati dei frutti inaspettati e messe in moto collaborazioni importanti, come il vivere insieme il triduo pasquale».
I membri dei consigli pastorali riconoscono di aver ancora tanto cammino da compiere per crescere sempre più come chiesa locale, soprattutto nel maturare come testimoni. «Il lavoro e la riflessione che stiamo portando avanti nel consiglio pastorale unitario – continua Rigoni – e il grande impegno per far partire a settembre prossimo il nuovo impianto di iniziazione cristiana, li leggiamo davvero come frutti dello Spirito. Mi piace l’immagine del consiglio come di un gruppo di persone illuminate dallo Spirito e portate da una colomba. Purtroppo però tante volte questa colomba è in gabbia! All’interno del consiglio riusciamo a dirci il bene e l’intenzione di farlo, riusciamo a vivere la corresponsabilità e il consigliare, ma è nei confronti delle comunità che ci blocchiamo».
Il rischio riconosciuto è che tutta la ricchezza di riflessione e di confronto resti sterile se chiusa dentro al consiglio. «Abbiamo paura del giudizio altrui, di non essere all’altezza di ciò che diciamo e decidiamo. Dobbiamo vincere questi limiti! E lo possiamo fare solo creando delle relazioni affettive con la nostra gente, riconoscendo in ciascuno un fratello. Noi sentiamo di poter dare un consiglio non perché siamo maestri ma perché abbiamo affetto per le persone della comunità e del nostro territorio, vogliamo il loro bene, farlo bene e accogliere la parola di tutti. Per questo è necessario che l’attività del consiglio venga divulgata, condivisa, testimoniata. Per dare frutto!».

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