«Incontro a chi non ha mai sentito parlare di Cristo»

La missione in Thailandia, nella diocesi di Chiang Mai è unica per molti aspetti. In Asia dal 2000, dopo il mandato di Giovanni Paolo II, dove la presenza cristiana è quasi assente, in una cultura completamente diversa e incentrata sul buddismo teravada. in questo contesto, riflette don Raffaele Sandonà «misericordia è anche uscire da se stessi per far conoscere quello in cui crediamo. Per questo, però, dobbiamo lasciare le nostre piccole sicurezze quotidiane per andare incontro a chi ancora non sa chi sia Gesù». 

«Incontro a chi non ha mai sentito parlare di Cristo»

La missione è anche responsabilità. Prendersi carico, per spirito di dovere e per senso di giustizia, di un annuncio da portare a ogni angolo del mondo.

Era l’alba del 2000, l’anno del Grande giubileo che avrebbe spalancato alla cristianità le porte del terzo Millennio. Fu Giovanni Paolo II a indicare l’Asia, annunciata protagonista del nuovo secolo, come il nuovo orizzonte missionario. Don Raffaele Sandonà, nato il 19 marzo 1978 e cresciuto nella comunità di Caltrano, prete dal 2003, dal 2009 è fidei donum nella missione avviata nel 2000 in Thailandia, nella diocesi di Chiang Mai, dalle chiese del Triveneto.

Racconta don Raffaele: «Tutto ebbe origine da un desiderio particolare dell’allora vescovo di Padova Antonio Mattiazzo, subito seguito a ruota dall’allora vescovo di Vicenza Nonis, in risposta all’appello di Giovanni Paolo II. I padri del Pime, Pontificio istituto missioni estere, avevano bisogno di un sostegno qui dove siamo per proseguire il lavoro iniziato a Chiang Mai, nel nord del paese, da padre Adriano Pelosin di Loreggia e da padre Alessandro Bortignon, nomi ancora nel cuore della nostra gente in virtù del loro carisma missionario e della capacità di annunciare il vangelo».

I fidei donum del Triveneto sono sei, più uno in “preparazione”, operanti in due parrocchie dal territorio sterminato e molto diverse tra loro, dove comunque il numero di cristiani raggiunge cifre minimali. Una parrocchia è quella di Lamphun, abitata per la quasi totalità da popolazione autoctona thai, fieramente buddista. La seconda, quella di Chaehom, dove opera don Raffaele, è composta da cinque etnie diverse: «È l’unica parrocchia dove oltre ai thailandesi ci sono comunità di migranti dalla Birmania, dal Laos e dal sud della Cina arrivati qui oltre 50 anni fa. A differenza dei thailandesi, questi gruppi provengono da culture animiste che sono più ricettive all’evangelizzazione».

La parrocchia di Chaehom è formata da 350 villaggi, ma solo 45 sono raggiunti dai missionari e solo in 24 di questi c’è una cappella dove la messa viene celebrata una volta al mese. Ma siccome non c’è fede senza le opere, non ci può essere un annuncio senza la carità: «Come missionari gestiamo quattro ostelli per permettere a oltre 180 ragazzi dei villaggi di frequentare le scuole, dalle elementari alle superiori. Anche nella nostra casa è presente un ostello».

Nel 2014 un piccolo capolavoro di inculturazione del vangelo, con l’inaugurazione del primo monastero cattolico della Thailandia in diocesi di Chiang Mai: «Qui il monachesimo è pane quotidiano: i monaci sono rispettati tanto quanto il re. Il vescovo Antonio aveva notato l’anomalia della mancanza di questa forma di vita religiosa. È bello anche perché il cristianesimo è visto come una religione attiva, impegnata nella carità e nell’educazione, e spesso manca la dimensione della contemplazione tanto cara nella cultura thailandese».

Don Raffaele, con un passato da cappellano a Madonna Pellegrina, non riesce a fare paragoni con la sua vita precedente: «In Italia un sacerdote corre tanto, ha tante attività, specie la sera. La fatica è più fisica. Qui, invece, è richiesto un altro tipo di impegno, che coinvolge a livello psicologico, di adattamento, di incontro con una cultura completamente diversa dalla propria. Misericordia è anche uscire da se stessi per far conoscere quello in cui crediamo. Per questo, però, dobbiamo lasciare le nostre piccole sicurezze quotidiane per andare incontro a chi ancora non sa chi sia Gesù». 

LE OPERE DA SOSTENERE

L’esigenza più importante dei missionari del Triveneto nella regione thailandese di Lamphun? Spostarsi. Il capoluogo di Lamphun, dove si trovano le strutture della parrocchia intitolata a San Francesco d’Assisi, è infatti completamente decentrato rispetto al resto della provincia, ricca di colline e montagne e attraversata da strade impervie. A Lamphun, a 30 chilometri dal centro della diocesi di Chiang Mai, l’evangelizzazione non è per nulla facile. Qui, la comunità Thai, conserva con fierezza l’identità buddista.

I tempi sono lunghi, la pazienza richiesta è tanta, ma ora quanto mai il messaggio di Cristo va fatto conoscere. Per “liberare la misericordia” in questa terza settimana di quaresima il centro missionario della diocesi di Padova propone nel suo itinerario tre opere in particolare a servizio della missione di Lamphun.

Ogni parrocchia, gruppo missionario o semplice fedele può contribuire ben sapendo a cosa servirà il suo obolo, specificando addirittura nella causale a che opera intende concorrere.

  • Con mille euro è possibile contribuire alle spese per i centri di prima evangelizzazione nelle zone più lontane
  • Con tremila euro si può contribuire all’acquisto di un’auto per gli spostamenti dei missionari
  • Con cinque mila euro, si può realizzare un’opera di misericordia importante anche se dimenticata, Seppellire i morti: la missione del Triveneto sta infatti lavorando alla costruzione di un cimitero per Lamphun. L’impossibilità di trovare una tomba nel cimitero più vicino, a 40 chilometri, per mancanza di posto, ora obbliga i cristiani a dare il commiato ai loro cari in un cimitero a 80 chilometri da casa.
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