Una carriera di nobiltà e frontiera, tra società e istituzioni

Quell’appellativo, “conte rosso”, talora evocato con un briciolo di ironica malizia, altre volte con convinto rispetto per le origini e per le scelte, tutto sommato è ancor oggi una chiave di lettura non banale. Un libro di Francesco Malgeri rilegge l'impegno politico di Carlo Fracanzani, il “conte rosso” appunto, come veniva chiamato soprattutto nel periodo d’avvio della sua carriera.

Una carriera di nobiltà e frontiera, tra società e istituzioni

È stato per molti anni un nobile della politica, nelle convinzioni e nella prassi, e un progressista, uno di frontiera, che ha avuto il merito di non perdere mai le relazioni con un retroterra – personale, familiare, di provenienza territoriale, di appartenenza culturale – che ne ha solidamente determinato percorsi e opzioni.
Certo, a qualcuno l’accostamento di un democristiano all’aggettivo “rosso” potrà sembrare (accadde anche decenni or sono) una dicotomia difficile da ricomporre, ma è indiscutibile il fatto che, nello spesso stagnante panorama della Dc, anche padovana e veneta, il politico di Este ha rappresentato un riferimento in grado di attrarre chi, nel mondo cattolico ad esempio, respirava aria di insofferenza verso lo scudocrociato, accusato di essere troppo d’apparato, lontano dalle tensioni giovanili, dalle aperture innovative che sarebbero giunte dal Concilio, dalle euforie utopistiche del Sessantotto.

Carlo Fracanzani ha attraversato questo mondo, in tempi non certo anonimi, in situazioni di rapida evoluzione; ha accompagnato il partito di appartenenza dall’avvio dell’immediato dopo- guerra alla sua fine negli anni Novanta. Ripercorrere i tratti significativi dell’esperienza politica del “conte rosso” (come fa ora il libro Carlo Fracanzani. Tra società e istituzioni, scritto dallo storico Francesco Malgeri, Franco Angeli editore), vuol dire quindi andare oltre la semplice biografia e mettere nell’agenda della memoria storica gli eventi più rilevanti di una stagione durata decenni, quelli della famosa prima repubblica.

Una premessa, tuttavia, è d’obbligo e riguarda la tipicità della carriera del politico di Este.
Incontra il partito cattolico sulla via di Damasco di Alcide De Gasperi, ma probabilmente l’evento fu casuale, perchè non poteva essere diversamente, visti i trascorsi familiari (il nonno era stato segretario dell’Opera dei congressi); comincia dal basso, dalla sua terra: fa il sindaco (1964-’70) della città dove è nato, si misura con i problemi della quotidianità; soltanto dopo approda alla politica più ampia.
Lo fa presto, entrando in parlamento a soli 33 anni, dopo un rinvio dovuto al fatto che in molti tra quelli che contavano (come il vescovo Girolamo Bortignon) lo giudicavano ancora “prematuro”. Queste sue origini fortemente localizzate saranno una delle caratteristiche decisive dell’azione politica di Fracanzani, che anche nei momenti di maggiore impegno istituzionale e governativo non ha mai trascurato un’attenzione marcata alla sua terra (forse questa è la parte più debole nella ricostruzione del volume), impegnandosi con convinti investimenti in un ambito, quello della formazione dei futuri dirigenti, che lo portarono, al di là della consistenza del suo gruppo, a segnare in maniera robusta alcune istituzioni venete (dalla provincia di Padova, alla regione, a molti municipi).

Certo, il legame con il territorio di origine non impedì a Fracanzani di spostare in maniera sempre più decisa la sua attenzione a temi di più ampio respiro e internazionali.
Non sembri una contraddizione, anche in questo caso si tratta di una visione alta e nobile dell’agire politico. Poi l’esperienza di governo, da sottosegretario al commercio con l’estero (appunto), al ministero del tesoro, a ministro delle partecipazioni statali. È proprio in questi ambiti che, oltre alla nobiltà di essere “conte”, emerge in maniera più forte quel suo essere “rosso”, cioè soggetto politico attestato sul nuovo, sul cambiamento.

Alcuni temi cari al Fracanzani di governo sono ancora cruciali: il ruolo degli enti locali, la salvaguardia del territorio (che aveva portato Fracanzani, assieme all’onorevole Romanato, a varare nel 1971 la famosa legge che bloccava le cave sui colli Euganei), la riforma della Rai e più in generale il tema del pluralismo nell’informazione, ma anche la pace in Medio Oriente, la cooperazione internazionale, l’integrazione europea.

La storia politica di Fracanzani finisce con la Dc, con il suo partito.
Allora, probabilmente, l’ex ministro si rese conto che era giusto svoltare, che un tempo si era concluso, che non c’era più spazio per uomini nobili e di frontiera, perchè dopo tutto il suo partito era stato affossato dalla mediocrità e dagli interessi: per lui, per il “conte rosso”, non era più il caso.

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