Islanda e Down, la cruna stretta dei test prenatali

L'inchiesta della Cbs sulla quasi totalità di interruzioni di gravidanza in Islanda, legate alla scoperta della Sindrome di Down nel nascituro, fa riflettere su un mondo a parole accogliente, ma di fatto, escludente.

Islanda e Down, la cruna stretta dei test prenatali

In quale società vogliamo vivere?
Lo chiede Thordis Ingadottir, mamma di Agusta, 7 anni, nata con la sindrome di Down in Islanda.

La domanda è diventata il titolo dell’inchiesta dell’emittente statunitense Cbs sul perché nell’isola nordeuropea non nascano più bambini con la Sindrome di Down.

Nel reportage la risposta è racchiusa in un paio di concetti scarni ma efficaci: l’aumento dei test prenatali e una percentuale di scelta di interruzione di gravidanza pari quasi al 100% in caso del riscontro di “anomalie”.
Su una popolazione di circa 330mila persone, in cui 85 donne incinte su 100 si sottopongono ai test di screening, l’Islanda in media conta solo uno o due bambini nati con la sindrome di Down all’anno.
Se qualche bambino riesce a nascere, come Agusta, è perché i test non sono infallibili.
Anche altri Paesi, fanno notare i giornalisti Cbs, non “sono così in ritardo” sulla stessa strada. 

Secondo i dati più recenti disponibili, gli Stati Uniti hanno un tasso di interruzione di gravidanza stimato per la sindrome di Down del 67 per cento (1995-2011); in Francia il 77 per cento (2015); la Danimarca, il 98 per cento (2015). In Italia, secondo i dati disponibili sul sito dell’Associazione italiana persone Down (www.aipd.it) ogni 1.200 bambini che nascono, 1 ha la sindrome di Down.

Il genetista Kari Stefansson, fondatore della deCODE Genetics, società che ha studiato il genoma della popolazione islandese, espone la sua visione di progresso della tecnologia medica.
“La mia percezione è che abbiamo quasi sradicato la sindrome di Down dalla nostra società, in Islanda non nasce quasi mai un bambino con sindrome di Down”, ha affermato.

Come si eradica una malattia?
Di solito con l’impiego di ingenti risorse e una grande quantità di medici e ricercatori orientati alla produzione di un vaccino adeguato, alla sperimentazione di un farmaco efficace, alla comprensione delle anomalie dei geni, alla prevenzione dell’insorgere della patologia. L’obiettivo è quello di cercare di intervenire sul problema, non su chi ne subisce le conseguenze.
Ma ci vuole tempo e la selezione darwiniana applicata alla società moderna ha le sue radici nel kalòs kai agathòs degli antichi greci: bello e valente.

Il vincente di oggi è chi è perfetto fisicamente e moralmente, senza essere un peso per nessuno.
Così, chi si discosta da questo ideale, moltiplicato all’infinito dai media, va eliminato prima che - in un mondo a parole accogliente, ma escludente (ed esclusivo) nei fatti - con la sua presenza provochi sofferenza a sé e agli altri.

Helga Sol Olafsdottir, che al Landspitali University Hospital si occupa del counseling psicologico alle donne in gravidanza (“Questa è la tua vita e tu hai il diritto di scegliere come sarà la tua vita”), non usa mezzi termini: “Abbiamo terminato una vita possibile, che potrebbe avere grandi complicazioni ... impedendo la sofferenza per il bambino e per la famiglia”.

Se qualcuno potesse pensare che sia un’opinione minoritaria, soprattutto dopo l’ondata di indignazione che ha pervaso il web dopo l’episodio del parcheggio milanese, può fare un giro istruttivo in uno dei tanti commenti alla notizia, in cui si possono leggere perle di questo tipo: “Solo un idiota crudele vuole avere un figlio Down. È sempre una disgrazia ed è sempre un peso, questo anche se lo si amerà con tutto il cuore”.
Così, senza che nessun moderatore intervenga per dire che questa è discriminazione, *fobia (dove l’asterisco lascia lo spazio libero alla compilazione), razzismo.

Nell’opinione corrente, i futuri genitori che non fanno ricorso a test genetici prima di mettere al mondo un figlio sono considerati degli irresponsabili, degli egoisti, dei folli. E lo sono tanto più se poi scelgono di far nascere un bimbo che avrà bisogno di attenzione più degli altri.

Come si può parlare di libera scelta di fronte a un tale fardello psicologico?
Oggi si parla delle persone Down, ma chiediamoci con realismo e senza fanatismi: quando sarà possibile scoprire dati sempre più accurati e di qualsiasi (qualsiasi!) tipo sul nascituro, chi riuscirà a superare la cruna sempre più stretta della selezione totale?

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Parole chiave: islanda (2), test-prenatali (2), down (19), aborto (25)
Fonte: Sir