Al via #HomelessZero, una settimana con al centro i senza fissa dimora

Ieri a Palermo una fiaccolata silenziosa aperta da un momento di preghiera ha ricordato Marcello Cimino, il senza fissa dimora bruciato vivo in piazza Cappuccini, dove viveva sotto un portico nei pressi della missione San Francesco. L'uomo accusato dell'assassinio, un benzinaio di 45 anni, avrebbe agito perché sospettava che l'ex moglie avesse una relazione con la vittima.
Una storia terribile, che riporta all'attenzione dell'Italia un dramma che coinvolge in Italia oltre 50 mila persone, proprio alla vigilia della settimana intitolata #HomelessZero, che inizia oggi e prosegue con iniziative in tutta Italia fino al 19 marzo.

Al via #HomelessZero, una settimana con al centro i senza fissa dimora

Nella sola Palermo, dove si è consumato l'orribile assassinio di Marcello Cimino, sono quasi 3 mila i senza dimora.
Dell'immagine tradizionale e stereotipata del clochard rimane ormai ben poco: tutte le ricerche dicono invece che oggi l'impennata esponenziale di senza fissa dimora affonda le sue radici altrove.

Per strada ci si finisce per povertà: perché una casa costa troppo, perché si perde il lavoro, perché ci si separa. Di fatto, si cade in un momento di difficoltà e non si trova più una via d'uscita. Anche perché non avere un indirizzo significa diventare invisibili, anche al postino che deve recapitarti una lettera. E quando si diventa invisibili, risalire la china è tremendamente difficile.

La settimana HomelessZero – iniziativa promossa dalla Fiopsd (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora) – vuole rilanciare l'attenzione sul tema. Grazie anche a un testimone d'eccezione
In questi giorni in 24 città italiane viene proposto il film “Gli invisibili”, pellicola indipendente girata da Richard Gere per le strade di New York. Un docufilm, realizzato anche a telecamere nascoste, con un inedito Gere nei panni di un senza dimora che gira per la “Grande mela” chiedendo l’elemosina. Il paradosso è che uno dei volti più noti al mondo non viene riconosciuto da nessuno. Dimostrandoci per l'ennesima volta con quanta facilità la gente... tutti noi, nessuno escluso... riesca a chiudere gli occhi in maniera straordinariamente efficace di fronte a chi ha bisogno d’aiuto.

C'è anche un messaggio “politico”, di politiche sociali che questa Settimana vuole sottolineare.
È l'idea che la marginalità grave non si cura con l'assistenzialismo e con la logica dell'emergenza. Quel che serve, sono progetti che mettano al centro la persona e le sue capacità, aiutandolo a riprendersi la propria vita e la propria dignità.
In questa ottica è nato il progetto Housing first, la casa prima di tutto, che in questi anni ha accolto oltre 500 persone che che punta a toccare quota 5 mila nei prossimi due anni. Partendo dall'idea che la casa è il primo tassello di una vita “normale” che è possibile recuperare.

Anche a Padova l'housing first è da alcuni anni una realtà consolidata, che vede impegnata la diocesi attraverso la Caritas e che si articola in due appartamenti di proprietà della parrocchia del Carmine, uno nella parrocchia di San Bellino e uno di quella della Santissima Trinità.
«Le persone a cui si rivolge questa iniziativa – ricorda Sara Ferrari di Caritas diocesana – sono principalmente di due tipologie. La prima è composta dai senza dimora che già usufruiscono dei servizi di chi vive la strada, come le cucine popolari, l’asilo notturno e le docce. La seconda tipologia è invece quella di chi non vive la strada ma è a forte rischio di finirci, come uomini in ristrettezze economiche che si sono appena separati o uomini soli che hanno perso il lavoro e non possono pagare l’affitto».

Il costo totale del progetto è di 255 mila euro in tre anni: di questi, 180 mila, il 70 per cento, arriva dai fondi dell’8 per mille per la carità.

Se a qualcuno sembrano molti, vale la pena ricordare che, dati alla mano, costa molto meno dare un monolocale a un senza fissa dimora che non farlo peregrinare tra vari servizi, ricoveri, dimissioni, periodi in strada e di nuovo ricoveri in strutture specializzate. Non fosse che per questo, ripensare il modo in cui sono organizzati i servizi sociali sarebbe già indispensabile.

Ma c'è anche un aspetto educativo, perché anche i senza dimora cronici a volte si abituano al sistema assistenzialistico
A Padova c’è sempre un posto dove dormire, ci sono sempre due pasti gratuiti e un servizio per le docce. L'obiettivo è allora scardinare questa mentalità, in due direzioni: facendo sì che le persone trovino dentro di loro le risorse necessarie per migliorare la propria condizione; e facendo sì che una intera società guardi a chi sta soffrendo con un occhio diverso.
Non basta l'elemosina – come da sempre ci insegna la Caritas – ma bisogna maturare una cultura della carità che è fatta di impegno della comunità intera accanto ai suoi poveri, per costruire assieme vie di uscita dalla precarietà.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)