Resistere e integrarsi
Cento anni fa veniva celebrata la prima Giornata del migrante e del rifugiato. Quest’anno, dunque, si ricorda il primo secolo di vita di questa Giornata, dichiarata poi mondiale negli anni Cinquanta. Per l’occasione l’evento sarà celebrato, il 19 gennaio, nella chiesa del Sacro Cuore a Mestre (via Aleardi), con una messa presieduta dal patriarca, Francesco Moraglia, alla quale parteciperanno i rappresentati della varie comunità straniere presenti nel Veneto.
In non pochi, da queste parti, pensavano, o speravano, che la crisi avrebbe dato una mano a liberarsi finalmente dei troppi stranieri che negli ultimi anni erano approdati in Veneto. Una situazione giudicata insostenibile, per una sorta di sindrome schizofrenica facile da diagnosticare, più complicata da spiegare. Perché, in fondo, questa regione è sempre stata una terra di scambi tra genti: per secoli il capoluogo, Venezia, ha vissuto di relazioni internazionali; poi, i veneti sono stati un popolo di emigranti, per fame e per disperazione; eppure questo robusto retroterra storico a molti non è stato sufficiente per capire, per accettare, che ora fossero gli altri, i “foresti”, a venire in casa nostra. Benvenuta la crisi, dunque.
Ma è successo veramente che la congiuntura negativa, lo stallo economico e di conseguenza la peggiorata attrattività del modello abbiano scoraggiato gli arrivi stranieri? Anzi, la mancanza di lavoro, le difficoltà a trovare spazi vitali hanno invogliato un numero consistente di immigrati a far ritorno ai paesi di origine? I dati in proposito non sono per nulla chiari, complice l’incertezza del censimento del 2011 che non ha ancora definito i suoi risultati; ad ogni modo i valori assoluti indicano che, nel Triveneto, i residenti stranieri sono 680.645, con un ridimensionamento, tra il 2010 e l’anno seguente, pari a meno 8,4 per cento.
«Di fatto – spiega Bruno Baratto, direttore di Migrantes Treviso – si è registrata una sostanziale interruzione della popolazione proveniente dall’estero, dovuta in buona parte al blocco delle quote d’ingresso per lavoratori subordinati». Rimane tuttavia sempre valido, anzi per ora prevalente, l’altro motivo che determina e alimenta i flussi: i ricongiungimenti familiari. Questo dato indica un elemento sostanziale: gli stranieri arrivati in Veneto cercano stabilità, non sono volatili, all’insegna della ricerca di lavoro, anche perché la disoccupazione è fortemente cresciuta: rispetto alla situazione pre-crisi di (quasi) piena occupazione gli addetti stranieri sono diminuiti negli ultimi cinque anni di circa il 9,3 per cento (12 mila posti), circa 6 mila nella sola annualità a cavallo tra il 2012 e il 2013.
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