«Noi cristiani dobbiamo cavalcare la profezia e avere il coraggio di andare controcorrente. Dobbiamo ricordarci che i migranti sono uomini e anche per loro Cristo è morto. La profezia è sempre scomoda. Dobbiamo renderci conto che il Vangelo ci chiede di schierarci sempre dalla parte degli ultimi». Così monsignor Francesco Montenegro, in vista della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che la Chiesa celebra in tutto il mondo il 19 gennaio.

Toccare il tema delle migrazioni, con l'occhio di chi vive e lavora in Veneto, significa imbattersi in una selva di simboli e ricordi, problemi aperti e contraddizioni rese più acute dal progressivo appannarsi sotto i colpi della crisi del cosiddetto “miracolo del Nordest”.

Cento anni fa veniva celebrata la prima Giornata del migrante e del rifugiato. Quest’anno, dunque, si ricorda il primo secolo di vita di questa Giornata, dichiarata poi mondiale negli anni Cinquanta. Per l’occasione l’evento sarà celebrato, il 19 gennaio, nella chiesa del Sacro Cuore a Mestre (via Aleardi), con una messa presieduta dal patriarca, Francesco Moraglia, alla quale parteciperanno i rappresentati della varie comunità straniere presenti nel Veneto.

Sui migranti occorre cambiare prospettiva per avere atteggiamenti e comportamenti più consoni al Vangelo. È questo, in ultima analisi, ciò che suggeriscono i vescovi del Triveneto in occasione della centesima Giornata mondiale dei Migrantes. Lo hanno fatto nel corso della conferenza stampa tenuta a Cavallino, nella Casa Maria Assunta dove, come è ormai consuetudine, i vescovi si ritrovano a inizio gennaio per una “due giorni” di aggiornamento pastorale.

La questione dello Ius soli era stato il tema della conferenza stampa della Conferenza Episcopale Triveneta del gennaio dello scorso anno. La presa di posizione dei vescovi triveneti era netta e chiara: i bambini che nascono in Italia sono italiani.

Parlano chiaro le cifre del “Rapporto italiani nel mondo 2013” della Fondazione Migrantes: dall’inizio dell’anno si contano quasi 79mila italiani  espatriati, di cui più del 30 per cento tra i 20 e i 40 anni. Con oltre 4,3 milioni di soli residenti all’estero l’Italia vede oggi un trend di partenze che la riporta indietro nel tempo, a flussi in uscita, cioè, sempre più consistenti e di difficile analisi.