Tutto il profumo degli odori di casa

L’esortazione post sinodale del papa mostra una chiesa che va a scuola dalle famiglie e nello stesso tempo le aiuta a rileggere la loro vita dentro un orizzonte evangelico. Una chiesa che cammina con la gente senza giudicare, esigente nell’indicare un ideale, paziente nell’accompagnare passo dopo passo. Una chiesa che è faro ma anche fiaccola.

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Tutto il profumo degli odori di casa

Lo scorso 8 aprile i coniugi Miano, uditori al sinodo, presentando l’esortazione apostolica di papa Francesco alla stampa, hanno esordito con queste parole: «La lettura dell’Amoris laetitia è stata per noi un momento di grande commozione e di profonda gioia. Questa gioia vorremmo poter trasmettere anche a voi oggi. È la gioia per un testo magisteriale che nel parlare della famiglia riconduce all’essenziale, a quello che più conta; e lo fa con un linguaggio diretto, semplice, per tutti. Verrebbe da dire che questo non è un testo per addetti ai lavori, per gli specialisti della pastorale, ma per “addetti alla vita” ossia per tutti noi che, in maniera diversa, siamo parte di una famiglia».

In queste poche parole c’è tutto il senso di un testo dedicato all’amore coniugale, all’educazione dei figli, alla preparazione al matrimonio, alle sfide della vita familiare e a tanti altri temi che toccano tutte le dimensioni dell’esistenza di una famiglia. Il linguaggio non è dottrinale ma esperienziale, non è un trattato sul matrimonio ma una sua narrazione alla luce del vangelo e della vita. Il raccontare del papa profuma degli odori di casa, riesce a far gustare agli sposi la bellezza, la dignità, la grandezza della loro vita, non fuggendo dalla realtà ma mostrando che questa ha i tratti di una terra sacra e di una storia di salvezza. Il papa non idealizza il matrimonio e la famiglia, ma riesce a mostrare la dignità di ciò che è fragile, imperfetto, spesso disordinato, aprendo cammini di crescita, indicando tappe graduali e piccoli passi, senza perfezionismi ma dentro il grande fiume della misericordia. La famiglia che papa Francesco ha davanti non è un modello preconfezionato ma è “quello che è” con quel sobrio realismo che provoca la chiesa a una vera conversione pastorale.

Amoris laetitia ci mostra una chiesa che va a scuola dalle famiglie e nello stesso tempo le aiuta a rileggere la loro vita dentro un orizzonte evangelico. Una chiesa che cammina con la gente senza giudicare, senza separare i buoni dai cattivi, i vicini dai lontani, i “regolari” dagli “irregolari”. Il papa parla delle famiglie intrecciando tra loro situazioni che in passato avremmo distinto in base a criteri provenienti dall’esterno, mentre ora appaiono tutti come parte della chiesa al di là delle loro condizioni, dentro la logica dell’inclusione cara a papa Francesco. Ma non per questo è lassista, bensì esigente nell’indicare un ideale e paziente nell’accompagnare passo dopo passo. Una chiesa che è faro ma anche fiaccola. Il cuore dell’esortazione è già indicato nel sottotitolo del documento: «Sull’amore nella famiglia». Lo stesso papa, introducendo il testo, afferma che il centro si trova nel capitolo 4° e 5° dedicati all’amore coniugale. Francesco parla dell’amore che riceve come dono dalla Rivelazione e lo traduce per gli sposi con scioltezza, vivacità, empatia, con uno sguardo di tenerezza che sorride amabilmente di fronte alle fragilità e dà fiducia alle persone. Francesco racconta le gioie e le fatiche, le attese e le crisi, il tutto dentro una logica di crescita che apre alla speranza. Chi legge si sente interpretato e anche compreso e amato nella sua umanità forte e fragile. Papa Francesco crede nel matrimonio, è convinto che la visione cristiana e sacramentale del legame sponsale sia anche oggi carica di forza attrattiva, capace di affascinare i giovani e di lasciare stupiti coloro che dopo tanti anni e diverse trasformazioni dell’amore, ne colgono ancora la bellezza più pacata ma altrettanto affascinante. Ma bisogna riconoscere, afferma il papa, che spesso «abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono» (AL 36).

Ci sono nel testo tante perle preziose che potrebbero essere lette e gustate anche al di là di una lettura completa del documento.

L’immagine ampia di famiglia che supera gli angusti confini della famiglia nucleare evidenziando trame relazionali più ampie che inducono a superare l’idea romantica del piccolo nido per riconoscere nei legami della carne un luogo di apertura e di solidarietà.

Il lungo commento all’inno alla carità di Paolo con la fine introspezione psicologica ed esistenziale che il papa intreccia con le parole dell’apostolo. u Il piccolo ma efficace trattato sull’educazione dei figli che non teme di entrare nella concretezza di alcune dinamiche pedagogiche antiche e nuove.

Il racconto della grammatica delle relazioni che recupera gli archetipi della paternità, maternità e fratellanza.

L’insistenza sul tema del dialogo e della comunicazione che va oltre la parola e coinvolge lo sguardo, gli affetti, il tempo.

Le stagioni dell’amore con uno sguardo carico di tenerezza verso la maturità e la vecchiaia che possono regalare un vino buono per un amore che se cambia non invecchia.

La spiritualità familiare che, finalmente, non è una fotocopia adattata della spiritualità monastica ma parte dalla vita e dallo specifico coniugale e familiare. u E ancora la centralità della coscienza e di quel discernimento personale e comunitario così importante nella spiritualità ignaziana.

Ogni pagina è abitata dalla gioia e da un atteggiamento contemplativo che sa trovare la bellezza anche di matrimoni con le rughe, provati dal tempo e dalle sue sfide ma non per questo meno belli.

E poi c’è la lunga trattazione delle situazioni difficili, dei legami spezzati. Il capitolo ottavo sarà certamente oggetto di tante discussioni e distinzioni ma la strada indicata dal papa è tracciata.

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