La storia di Villatora

Il primo documento che menziona Villatora, il cui nome deriva da Taurius, nome di persona romano, è del 16 dicembre 1152: in una transizione tra i canonici della Cattedrale ed Almerico e il nipote Jacopo si nominano due “insulae” di proprietà dei canonici a “Villataura”. Il territorio faceva parte della corte di Sacco, donata il 5 maggio 897 da Berengario al vescovo patavino; ecclesiasticamente apparteneva alla pieve di Santa Maria di Sermazza (ora Vigonovo). Con tutta probabilità solo dopo la metà del 12° secolo ebbe chiesa e cura proprie. Infatti la chiesa intitolata ai santi Simone e Giuda è citata per la prima volta nel documento con cui il vescovo di Padova Gerardo, nel 1171, conferma i beni dei canonici.

La storia di Villatora

Da testimonianze addotte il 29 novembre 1181 in favore di Dalesmanino de’ Dalesmanini, accusato davanti al podestà di Padova, sappiamo che a malapena egli era riuscito a salvare la chiesa e il villaggio di Villatora dalla distruzione che i suoi uomini volevano compiere come rappresaglia per l’uccisione di un loro compagno.
Nella visita del 1489 il vescovo Barozzi descrisse la chiesa lunga poco meno di 15 metri e larga 10, con tre altari e un elegante tetto di travi di abete, con il soffitto in parte dipinto.
Nel 1572 il vescovo Ormaneto trovò anche un quarto altare, che ordinò di togliere, e suggerì di imbiancare interni ed esterni.
Nel 1746 il cardinale Rezzonico vide la chiesa in buono stato, ma troppo piccola per il numero dei parrocchiani. Vent'anni dopo si cominciò a costruirne una nuova che fu inaugurata nel 1780.
Dopo i restauri negli anni 1871-72 e successivi, durante i quali venne eretta anche la cappella della Madonna di Lourdes, la chiesa venne consacrata il 6 dicembre 1919.
Dopo appena quarant’anni, un ampliamento a forma di croce latina raddoppiò quasi la capienza della chiesa.

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