Correggere, non spettegolare. Come ci comportiamo con chi sbaglia, chiede Francesco

La correzione fraterna, afferma il vescovo di Roma, “è una delle espressioni più alte dell’amore, e anche delle più impegnative, perché non è facile correggere gli altri”

Correggere, non spettegolare. Come ci comportiamo con chi sbaglia, chiede Francesco

C’è una frase che Gesù pronuncia poco prima della sua morte, la troviamo nel quarto Vangelo, che ci può aiutare a comprendere meglio quanto leggiamo in Matteo: “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. È il primato della comunione che dice no all’indifferenza che ci fa accettare come inevitabile situazioni e problemi, non ultime le difficoltà che, nel mondo, vivono alcuni popoli. Il pensiero del Papa, all’Angelus, va subito al popolo del Marocco colpito da un devastante terremoto con oltre duemila morti: preghiera per quanti hanno perso la vita, per i familiari, e per quanti si stanno adoperando per alleviare le sofferenze della gente. Poi alla martoriata Ucraina; quindi, ricorda la beatificazione, in Polonia, di Giuseppe e Vittoria Ulma e dei loro sette figli, uccisi dai nazisti per aver dato rifugio a alcuni ebrei: “all’odio e alla violenza che caratterizzarono quel tempo, essi opposero l’amore evangelico”. Un modello “da imitare nello slancio del bene e nel servizio di chi è nel bisogno”, dice Francesco nel dopo Angelus. Sul loro esempio “sentiamoci chiamati a opporre alla forza delle armi quella della carità, alla retorica della violenza la tenacia della preghiera”.
Don Lorenzo Milani per la sua scuola di Barbiana aveva adottato un motto: I care, cioè mi interessa, mi sta a cuore. Come dire: non c’è posto per l’indifferenza. Facile amare una persona cara, che ci vuole bene, con la quale condividiamo pensieri e gesti; meno facile quando l’altro è distante da noi per parole, gesti; difficilissimo quando da questa persona riceviamo un’offesa. Ma il comandamento dell’amore non conosce distanze: non c’è un prossimo da amare e un altro da tenere distante, da non amare. È in questo amore reciproco che scopriamo il potere della misericordia divina; è un amore che supera il rifiuto per cui il fratello non può essere abbandonato.
Madre Teresa di Calcutta commentando questo passo del Vangelo diceva: non capita anche a vostro figlio di sbagliare? E voi cosa fate, non prendete vostro figlio tra le braccia e lo baciate? Questo è il vostro modo di dire che lo amate, Dio fa la stessa cosa.
Ecco che torniamo alla pagina del Vangelo di Matteo che mette in primo piano l’essere accanto agli altri, aiutarli là dove compiono passi falsi; è la correzione fraterna che, afferma il vescovo di Roma, “è una delle espressioni più alte dell’amore, e anche delle più impegnative, perché non è facile correggere gli altri”. Questa si oppone al pettegolezzo, al chiacchiericcio, “una peste per la vita delle persone e delle comunità, perché porta divisione, sofferenza e scandalo, e mai aiuta a migliorare e a crescere”. Cita San Bernardo il Papa per dire che “la curiosità sterile e le parole superficiali sono i primi gradini della scala della superbia”.
Di fronte a un fratello che sbaglia Gesù invita a parlarci “a tu per tu, lealmente, per aiutarlo a capire. Fallo per il suo bene – afferma Francesco – vincendo la vergogna e trovando il coraggio vero, che non è quello di sparlare, ma di dire le cose in faccia con mitezza e gentilezza”. Il Papa ripropone le parole di Gesù secondo le quali di fronte al rifiuto del fratello occorre tornare con due o tre persone, non il “gruppetto che chiacchiera”, poi, se ancora non capisce, “coinvolgi la comunità”, ma non “per mettere una persona alla gogna, svergognandola pubblicamente, bensì unire gli sforzi di tutti per aiutarla a cambiare. Puntare il dito contro non va bene, anzi spesso rende più difficile per chi ha sbagliato riconoscere il proprio errore. Piuttosto, la comunità deve far sentire a lui o a lei che, mentre condanna l’errore, è vicina con la preghiera e con l’affetto, sempre pronta a offrire il perdono e a ricominciare”.
Come ci comportiamo con chi sbaglia, chiede Francesco: porto rancore, dico “me la pagherai”, ne faccio motivo di chiacchiere? Oppure sono “coraggioso o coraggiosa”, e “prego per lui o per lei, chiedo aiuto per fare del bene?”. Commentava Sant’Agostino: colui che ti ha offeso “ha inferto a sé stesso una grave ferita, e tu non ti curi della ferita di un tuo fratello? … tu devi dimenticare l’offesa che hai ricevuto, non la ferita di un tuo fratello”.

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Fonte: Sir