L’invito di Dio. Il re, il Signore non si ferma a invitare solo l’élite culturale e religiosa, ma apre le porte a tutti

Quante volte, afferma il vescovo di Roma “non ci curiamo dell’invito di Dio perché intenti a pensare alle nostre cose”

L’invito di Dio. Il re, il Signore non si ferma a invitare solo l’élite culturale e religiosa, ma apre le porte a tutti

Nuovo appello del Papa per la liberazione degli ostaggi, mentre chiede “con forza che i bambini, i malati, gli anziani, le donne e tutti i civili non siano vittime del conflitto”.
Anche in questa domenica Francesco guarda, “con tanto dolore”, a quanto accade in Israele e in Palestina e chiede che venga rispettato il “diritto umanitario soprattutto a Gaza dove è urgente e necessario garantire corridoi umanitari e soccorrere tutta la popolazione”. Basta versare sangue innocente in Terra Santa, in Ucraina, nel Nagorno-Karabakh, “o in qualsiasi altro luogo. Le guerre sono sempre una sconfitta”.
Dal Papa un invito a unirsi, martedì 17, alla chiesa di Terra Santa nella giornata di digiuno e preghiera “forza mite e santa da opporre alla forza diabolica dell’odio, del terrorismo e della guerra”.
Parole che il vescovo di Roma pronuncia dopo la preghiera mariana dell’Angelus. Domenica nella quale, per la quinta volta consecutiva il Vangelo ci propone Gesù che parla in parabole. Sono gli ultimi giorni della sua vita terrena, e Gesù si trova nel tempio di Gerusalemme e davanti a sé ha i capi dei sacerdoti e dei farisei. Nella parabola propone una immagine del Regno di Dio: il banchetto nuziale, il re che prepara la festa per il figlio che si è sposato, dunque gioia, abbondanza di doni. Così manda più volte i suoi servi a chiamare gli invitati, ma molti rifiutano di partecipare alla festa, anzi “mostrano di disprezzare l’invito” del re. Proviamo a leggere questa prima parte della parabola dove troviamo un re che non si ferma davanti al primo rifiuto e che continua ad invitare le persone al banchetto. E alla fine manda i suoi servi a invitare le persone che incontreranno “ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete”, cioè là dove l’uomo vive e lavora quotidianamente. Quel re, che è padre e Dio, spiega Francesco, “non si arrende, continua a invitare, anzi allarga l’invito, finché trova chi lo accetta, tra i poveri. Fra loro, che sanno di non avere molto altro, tanti vengono, fino a riempire la sala”.
Come dire, il re, il Signore non si ferma a invitare solo l’élite culturale e religiosa, ma apre le porte a tutti. Se i primi rifiutano perché preoccupati di non stravolgere la propria esistenza, ecco che la ricerca continua lungo le strade del mondo, senza lasciare da parte nessuno – “cattivi e buoni” leggiamo in Matteo – nemmeno quell’umanità formata da diseredati e poveri. È la chiesa in uscita di Papa Francesco, una chiesa che accoglie e non esclude, dove nessuno deve sentirsi privilegiato, nessuno deve mettersi al centro.
Poi l’immagine dell’uomo che non ha l’abito nuziale; non ha la veste giusta e per questo viene cacciato fuori, nelle tenebre dove “sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi gli eletti”. L’immagine del banchetto nuziale ci dice che tutti siamo invitati “con una predilezione speciale per i poveri e i diseredati”, diceva Benedetto XVI, spiegando che alla generosità di Dio “deve però rispondere la libera adesione dell’uomo”.
Ecco la relazione che Dio ci offre, afferma Papa Francesco: “ci chiama a stare con lui, lasciandoci la possibilità di accettare o non accettare. Non ci propone un rapporto di sudditanza, ma di paternità e di figliolanza, che necessariamente è condizionato dal nostro libero assenso. Dio è molto rispettoso della libertà”.
Quante volte, afferma il vescovo di Roma “non ci curiamo dell’invito di Dio perché intenti a pensare alle nostre cose. Spesso si lotta per avere il proprio tempo libero, ma oggi Gesù ci invita a trovare il tempo che ci libera: quello da dedicare a Dio, che ci alleggerisce e risana il cuore, che accresce in noi la pace, la fiducia e la gioia, che ci salva dal male, dalla solitudine e dalla perdita di senso”.
Ecco allora che Francesco ci chiede di fare spazio al Signore, “nella messa, nell’ascolto della Parola, nella preghiera e anche nella carità, perché aiutando chi è debole o povero, facendo compagnia a chi è solo, ascoltando chi chiede attenzione, consolando chi soffre, si sta con il Signore, che è presente in chi si trova nel bisogno”. c’è chi pensa che queste siano “perdite di tempo”, e “si chiudono nel loro mondo privato; ed è triste”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir