Salmo 119. Quanto è liberante la preghiera in cui si chiede a Dio di farci distogliere lo sguardo dalle cose vane!

Le meraviglie che contempliamo, la gioia che sperimentiamo si concretizzano nel vivere secondo gli insegnamenti che il Padre ci ha donato attraverso la vita del Figlio.

Salmo 119. Quanto è liberante la preghiera in cui si chiede a Dio di farci distogliere lo sguardo dalle cose vane!

Le sfolgoranti pagine evangeliche delle apparizioni di Gesù risorto in questi giorni dell’Ottava di Pasqua appena conclusa, sembrano su un altro piano rispetto al ritmo “ordinario” dei versi del Salmo 119 che andiamo a riprendere. Potremmo immaginare, se fossimo in un’escursione in montagna, che – dopo essere giunti a contemplare la brillantezza di un piccolo lago alpino, in cui il candore di un nevaio si riflette sull’acqua tersa – ora riprendiamo il cammino, in salita, a passo lento e respiro regolare. “Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita, osserverò la tua parola. Aprimi gli occhi perché io consideri le meraviglie della tua legge” (vv. 17-18) “Io mi consumo nel desiderio dei tuoi giudizi in ogni momento” (v. 20). “I tuoi insegnamenti sono la mia delizia: sono essi i miei consiglieri” (v. 24). Non ci è più possibile leggere questi passi senza tornare con la mente a quel rapporto sponsale con Gesù a cui abbiamo già fatto riferimento. La Legge, la Parola, per noi oggi, non possono più essere disgiunte dalla persona di Cristo: è l’incontro con lui che ci fa ardere il cuore di desiderio, di una passione che è quasi fisica, proprio come è avvenuto ai discepoli di Emmaus, mentre lo ascoltavano spiegare le Scritture e poi spezzare il pane. Le meraviglie che contempliamo, la gioia che sperimentiamo si concretizzano nel vivere secondo gli insegnamenti che il Padre ci ha donato attraverso la vita del Figlio. Questa è la vita nuova che ci è dato di vivere in e con Gesù risorto; però, misteriosamente, questa vita, nella sua concretezza, può trovare consonanza con quella che viene suggerita al pio israelita che recita lo stesso salmo e che pure ancora attende la venuta del Messia. Per i cristiani c’è un già e un non ancora che riguarda la venuta ultima del Signore nella gloria, mentre – come sappiamo – per il popolo ebraico si tratta di un’attesa messianica che deve ancora compiersi. Ciò detto, dal punto di vista della prassi, cristiani ed ebrei, nel nome dell’unico Padre, possono trovare direttrici comuni e i versi che seguono ne sono un esempio. “Guidami sul sentiero dei tuoi comandi, perché in essi è la mia felicità. Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti e non verso il guadagno. Distogli i miei occhi dal guardare cose vane, fammi vivere nella tua via” (vv. 35-37). Ecco, in queste parole – che fanno pensare alla richiesta del dono della sapienza da parte del re Salomone, invece che di tanti altri beni – troviamo un insegnamento che mantiene nei secoli un valore universale. La gioia profonda, la pace stessa, sia quella interiore, sia quella coi fratelli (e quindi anche quella che in questo tempo di conflitti sanguinosi continuiamo ad invocare con perseveranza) si persegue e si sperimenta attraverso la libertà profonda di fare una scelta di campo. La scelta di non inseguire il guadagno; non solo il guadagno facile e tanto meno quello illecito, ma anche il guadagno fine a se stesso, che si dimostra presto fatuo e persino fallace. Non si tratta di disprezzare il denaro con moralistica supponenza, o addirittura mal celata invida verso i ricchi di questo mondo; e neppure di un mero principio di sobrietà – che pure non guasta, in una società che è sempre più dedita allo spreco, come il Papa ci ricorda spesso. Ciò a cui la Bibbia invita è una più profonda consapevolezza di cosa (per noi Chi) salva davvero e di cosa, invece, si dimostra un idolo, con cui non si può instaurare un rapporto vivo come con Dio, ma, anzi, a cui si rischia di rimanere avvinghiati come servi ciechi che neanche riconoscono il potere velenoso del loro padrone. Quanto è liberante la preghiera in cui si chiede a Dio di farci distogliere lo sguardo dalle cose vane! Invochiamo la Sua Grazia perché sgombri il nostro cuore da tutto quel pulviscolo pesante fatto di ansie, preoccupazioni, scrupoli, tabù (i diversi anticamera dei peccati veri e propri) che affaticano il passo, obnubilano la stessa ragione, in una parola deteriorano ogni giorno la qualità della nostra vita. Ancora una volta siamo invitati a vedere in Dio, non un legislatore che impartisce fredde norme dal pulpito del suo lontano Empireo, quanto piuttosto un Padre che, prendendo suo figlio sulle ginocchia, come fosse davanti al fuoco di un camino, gli indica nel vigore luminoso della fiamma, la verità di quella luce che è il suo amore: più potente di ogni distrazione del mondo.

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Fonte: Sir