Salmo 120. La pace concreta, da respirarsi tutti i giorni della settimana, anche fra le mura di casa

Come il salmista, anche le famiglie possono dirsi in un pellegrinaggio, nell’esilio di una terra straniera, che metaforicamente va da un capo all’altro del mondo conosciuto.

Salmo 120. La pace concreta, da respirarsi tutti i giorni della settimana, anche fra le mura di casa

Concluso il Salmo 119, che – come abbiamo visto – è il grande inno alfabetico di lode alla Torah e alle sue vie, ci troviamo di fronte a quello che si potrebbe definire un “salterio nel Salterio”, ovvero i quindici “canti delle salite” (dal 120 al 134), delle preghiere che, verosimilmente, prima di confluire nel culto liturgico ordinario, fecero parte di un fascicolo di componimenti di epoca successiva all’esilio. Destinati al pellegrinaggio a Gerusalemme, la città santa, verso la quale comunque si sale: sia fisicamente, sia – come possiamo fare noi oggi in ogni parte del mondo – in un percorso spirituale di continuo progredire verso l’alto, in una sempre maggiore intimità con Dio. Il primo di questi salmi, il 120, composto di soli sette versi, ci porta subito in un territorio drammatico. “Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto” (v. 1). Un verso che apre un abisso di mistero, quello dell’angoscia e del dolore che ci tocca tutti e quello altrettanto misterioso e, però, altrettanto sperimentabile, che proprio quando siamo nel baratro del buio il Signore non fa mancare la sua risposta. Quando, guardando indietro ai nostri momenti più difficili, ci è parso di scorgere solo le nostre impronte, come se fossimo stati lasciati soli, Dio ci dice che in realtà quelle orme sono le sue, perché ci stava portando in braccio, come suggerisce una nota preghiera anonima. “Signore, libera la mia vita dalle labbra bugiarde, dalla lingua ingannatrice. Che cosa ti darà, come ti ripagherà, o lingua ingannatrice? Frecce acute di un prode con braci ardenti di ginestra!” (vv. 2-4). Il salmista indica, come causa dell’angoscia, la menzogna, le accuse ingiuste, le parole violente, un argomento su cui tante volte ritorna anche Papa Francesco: tendiamo a sottovalutare la maldicenza che invece è pervasiva, anche perché amplificata dai nuovi strumenti della tecnologia comunicativa. La saggezza biblica stigmatizza una dimensione che, purtroppo, ci appartiene. Se non vigiliamo sulle nostre parole, esse possono diventare frecce che uccidono, perché colpiscono al cuore, perché non tornano più indietro, perché fanno divampare incendi che sono difficilissimi da spegnere (i rovi di ginestra bruciano lunghissimamente). Vado alle tante occasioni che come marito e come padre sono messo alla prova, anche se non si è sul piano della mancanza di verità, ma magari solo di omissioni, però alla lunga pericolose. I coniugi, soprattutto se anche genitori, sono chiamati a cercare tempo di qualità per loro due, in esclusiva… una cena fuori ogni tanto, o anche solo una passeggiata. Non solo per concordare strategie comuni e non farsi cogliere in contraddizione da coloro a cui si elargiscono consigli e indicazioni educative, ma anche e soprattutto perché “il primo figlio è la coppia!” Ed è un primogenito che va accudito soprattutto se, nel tempo, la prole è divenuta numerosa ed esigente. Il dialogo, talvolta, può subire rarefazioni sterili, può sbiadirsi nella successione arida di impegni e mansioni da compiere, senza vero ascolto reciproco, senza luce e gioia, anche nella quotidianità. Ancor più, con i figli (averne quattro è alzare un po’ l’asticella perché la giornata è sempre di 24 ore!), “le parole sono importanti!” – come disse Nanni Moretti a bordo piscina nell’indimenticabile Palombella rossa. È chiaro, che nella maggioranza delle famiglie, grazie a Dio, non si consumano “guerre fredde” o scontri sul campo particolarmente violenti, eppure – senza bisogno che si arrivi alle frecce della menzogna, quante parole possono far male e farne tanto!? Già la parola dialogo è parola che indica una meta a cui tendere; spesso sono scambi vani; per esempio: saluti in cambio di semiumani mugugni sonori. Poi un livello superiore sono domande e risposte (sulla giornata, sulle lezioni a scuola, sull’esito di altri impegni…) e di fronte all’interrogazione esplicita: “domandare è lecito, rispondere è cortesia”, ma quanto può costare cara questa cortesia! Mi accorgo che solo alzare il tono di voce, o farsi scappare qualche parolaccia che di solito è censurata, può alzare la tensione in modo esponenziale e rovinare tanti passi di avvicinamento maturati nel tempo per dimostrarsi disponibili al confronto pacato, all’ascolto comprensivo, ad offrire il beneficio del dubbio rispetto ai propri convincimenti e a sapersi mettere in discussione, anche se da adulto a ragazzo. Quattro figli, quattro mondi, uno più diverso dall’altro, ma quattro corpi e anime, naviganti nel mare burrascoso delle lunghe adolescenze (fra i 20 e i 15 anni) del XXI secolo! Come il salmista, anche le famiglie possono dirsi in un pellegrinaggio, nell’esilio di una terra straniera, che metaforicamente va da un capo all’altro del mondo conosciuto, così come recita il verso, che fa riferimento a due luoghi agli antipodi: “Ahimè, io abito straniero in Mesec, dimoro fra le tende di Kedar! Troppo tempo ho abitato con chi detesta la pace” (vv. 5-6). Un pellegrinaggio verso la pace! La pace concreta, da respirarsi tutti i giorni della settimana, anche fra le mura di casa; quella dei popoli (ahinoi, quando cesseranno le troppe guerre nel mondo!?) e soprattutto la pace del cuore, quella che, dall’ultimo verso, capiamo potersi riferire al Messia che è in sé stesso Pace/Shalom: “io sono [per] la pace, ma essi, appena parlo, sono per la guerra” (v. 7). Una pace che nessuno può rubarci; perché non significa mancanza di difficoltà o di conflitti – situazione mai possibile – ma fiducia che Lui solo è “la via, la verità e la vita!” e, infatti, da risorto, come primo dono ai discepoli, porta la pace, quella che vince ogni paura. Gesù è Strada, meta e tramite per vivere in pienezza la felicità per sempre, passando da redenti attraverso la contraddizione del male, vissuta come lui sulla croce!

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Fonte: Sir