Salmo 67. È una benedizione, carica di gioia, che scende da Dio sul popolo che la invoca

Quanto è liberante manifestare la propria fiducia che in ultima istanza c’è un disegno provvidente, c’è un giudizio, ma non sta a noi compierlo e neanche volerlo prevedere.

Salmo 67. È una benedizione, carica di gioia, che scende da Dio sul popolo che la invoca

In occasione della VI Giornata mondiale dei poveri, celebrata ieri, su iniziativa della nostra parrocchia, abbiamo ospitato per il pranzo della domenica due persone senza fissa dimora. Volti noti a chi di noi li incontra settimanalmente visitandoli attorno a piazza San Pietro, ma non conosciuti da tutti i membri della famiglia. Il Salmo 67 avrebbe potuto essere recitato tutti insieme prima di metterci a tavola perché è davvero adatto ad un’occasione un po’ speciale come questa, in cui ad invocare il Signore sono persone che si conoscono per la prima volta. È una benedizione, carica di gioia, che scende da Dio sul popolo che la invoca. “Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti” (vv. 2-3). Più ancora che in tante altre occasioni nella Bibbia il popolo di Israele si sente chiamato ad essere tramite per tutta l’umanità ed è come se non fosse geloso della sua elezione a popolo scelto. Per tante volte il canto richiama espressioni che si riferiscono a popoli e genti diversi dalla stirpe ebraica e il verso che funge da ritornello è esplicito: “Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti” (vv.4 e 6). Anche la Chiesa ha assunto questo salmo come un canto di lode generosa e gioiosa che invita i cristiani a rendersi testimoni che Dio non è venuto solo per loro, ma per tutti. Significativo è che la liturgia ponga il salmo nella solennità dell’Ottava di Natale, che cade il primo gennaio, all’inizio dell’anno, a rimarcare l’universalità di questo annuncio di salvezza. Dobbiamo ammettere che nel nostro cuore facciamo fatica ad essere aperti ad una preghiera così corale ed è più facile che ci limitiamo a suppliche e ringraziamenti che riguardano i nostri piccoli o grandi bisogni privati e non è necessario appartenere a religioni o Paesi diversi, basta appunto incontrare una persona nel bisogno, un povero, o per mille altri motivi “diverso” da noi, per avvertire una distanza, un imbarazzo a rivolgersi al Padre con le stesse parole, pieni di pregiudizi e preconcetti inutili su che spazio la coscienza di ciascuno possa avere per la gratitudine o la richiesta di aiuto. E invece “Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine, governi le nazioni sulla terra”! (v. 5). Quanto è liberante manifestare la propria fiducia che in ultima istanza c’è un disegno provvidente, c’è un giudizio, ma non sta a noi compierlo e neanche volerlo prevedere. Ancora un verso ci invita ad un approfondimento nella preghiera: “la terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio” (v. 7). Dunque la lode non è un’euforia immotivata, ma si fonda su un bene effettivamente ricevuto, un frutto donato dalla terra. Certo può essere stato più facile pregare queste parole davanti al raccolto dei campi magari stando tutti in cerchio nell’aia della cascina, oppure mentre si radunano le ceste colme di frutti raccolti dagli alberi…; oggi pochi di noi vivono direttamente questa dimensione agricola, la moderna vita urbana non ci aiuta in questa consapevolezza grata ed è più ostico avere nel cuore parole di lode mentre facciamo la spesa al supermercato in cui tutti è più anonimo e facilmente a portata di mano. Eppure la sapienza del salmo ci sprona a questo atteggiamento di fondo che, dalla dimensione più squisitamente materiale si eleva a quella di una quotidiana conversione dello spirito, come molti passi del Nuovo Testamento ci suggeriscono e i commenti patristici hanno sottolineato con abbondanza. Per noi il frutto per eccellenza – nato dalla terra accogliente che è stata Maria, con la libertà del suo sì – questo frutto ineguagliabile di cui non possiamo appropriarci avidamente, ma che anzi siamo chiamati a condividere con tutte le genti, è Gesù stesso che, proprio come un seme, ha scelto di morire per dare molto frutto.

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Fonte: Sir