Cucine popolari. «Come aprire una finestra su un giardino»

L’ascolto dei volontari Sono state formate delle persone disponibili a raccogliere con metodo le diverse biografie. Nello stile dell’accoglienza e dell’ascolto

Cucine popolari. «Come aprire una finestra su un giardino»

Attorno alle storie di volontariato ruota il mondo delle relazioni, la cura di se stessi, azioni pratiche, emozioni, cibo, quello che si vede e quello che non si vede. A raccoglierle e a metterle insieme è stata Maria Chiara Minisini, su richiesta di Serena Fiorio, con la quale aveva già collaborato ad altri progetti. Forte delle proprie competenze, Chiara ha impostato subito il lavoro secondo criteri molto precisi. L’autobiografia è infatti il suo campo di interesse, avendo seguito un percorso formativo specifico alla Libera università dell’autobiografia di Anghiari, fondata nel 1998 da Saverio Tutino e Duccio Demetrio. Per prima cosa ha cercato delle persone disponibili a raccogliere le biografie. «Non è stato difficile trovare chi era interessato a seguire un piccolo percorso formativo per acquisire gli strumenti necessari e costruire una traccia nell’incontro tra raccoglitore e intervistato. Un incontro che dev’essere segnato dall’accoglienza e dall’ascolto. Abbiamo stabilito fin dall’inizio una metodologia anche per la raccolta delle microstorie. Il nostro scopo era quello di conoscere la persona attraverso un quadro complesso del contesto nel quale è inserita. Per prepararci a fare questo tipo di raccolta abbiamo fatto una serie di incontri. Ne sono risultate 13 interviste, realizzate da dieci “raccoglitrici”, opportunamente formate. Il colloqui sono stati registrati, quindi condivisi con la persona».

Il risultato è multiforme. C’è il reading, la mostra dedicata al progetto e un video, per fare sì che questa raccolta abbia varie forme di racconto. personaggi storici, che ci si poteva aspettare, il modello più frequente viene dalla famiglia. Tra le ragioni che hanno spinto alcuni a mettersi in gioco c’è la volontà di non rimanere con le mani in mano. C’è chi ha fatto riferimento al proprio vissuto: i genitori si erano conosciuti alle Cucine popolari. «Scopri anche una grande sincerità – osserva Fiorio – e il rifiuto di volersi nascondere dietro ai paroloni. Questo non attutisce l’impatto che comporta l’avvicinamento a un mondo come la povertà. E alcuni degli intervistati non hanno nascosto la difficoltà di questa esperienza».

Il primo incontro, frutto di questo progetto, si è svolto nel pomeriggio del 18 dicembre: una visita guidata dal significativo titolo “Nutrire l’accoglienza”, con partenza dalle Cucine popolari attraverso un quartiere che, a dispetto della sua fama può offrire, a chi sa ben guardare, dei tesori nascosti. Al ritorno alle Cucine, il gruppo “Parole in volo” ha letto alcuni estratti delle autobiografie raccolte. Una formula che sarà riproposta e accompagnerà la mostra itinerante sul volontariato – montata su pannelli mobili da Massimo Farina, di Fantaghirò, pittore, scultore e fotografo –esposta prima alle Cucine per poi trasferirsi in altre sedi. Sarà anche uno dei modi per celebrare i 140 delle Cucine economiche, che cadono quest’anno.

La mostra potrà essere “visitabile” anche on-line, attraverso un link nel sito della Fondazione Nervo Pasini (fondazionenervopasini.it), insieme a quella su mons. Giovanni Nervo allestita a Solagna in occasione dei cento anni dalla nascita. Sarà realizzato anche un video che raccoglierà le interviste in modo agile, precedute da una introduzione di Maria Chiara Minisini e da una di don Luca Facco.

«Il nostro intento era quello di realizzare qualcosa di bizzarro e di curioso – conclude Serena Fiorio – con una parte documentale relativa all’attività dei volontari, nel rispetto della loro disponibilità. Qualcosa che possa essere utile a chi vuole avvicinarsi al mondo del volontariato, come una sorta di piccolo corso pratico».

Il primo approccio ha restituito questa impressione: «È stato come aprire una finestra su un giardino. Quando abbiamo spiegato il nostro progetto a queste persone, a volte l’hanno avvertito come una sfida. Ma all’emozione del primo giorno, che può aver creato qualche difficoltà, è seguita spesso la gratificazione».

L’apporto al progetto, da parte di Maria Chiara Minisini, riguarda l’autobiografia, «anche se ho sempre lavorato nel sociale. Abbiamo iniziato con la preparazione, ad agosto e settembre. Ad ottobre sono iniziate le interviste. Poi è seguito il lavoro di trascrittura e infine abbiamo rivisto il testo con gli intervistati, per vedere se c’era qualcosa da aggiungere, o da togliere». Le premesse di accoglienza e ascolto, dunque, sono state rispettate.

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