Dove va la pastorale dei giovani? Chiesa in missione per la loro gioia

I giovani e la Chiesa di Padova, dopo il Sinodo diocesano che si è chiuso a Pentecoste. Interviene il nuovo direttore dell'ufficio di Pastorale dei giovani, don Paolo Zaramella.

Dove va la pastorale dei giovani? Chiesa in missione per la loro gioia

Viviamo un momento davvero strano, in cui quasi nessuno vuole diventare (o dirsi) vecchio, quando invece una volta la vecchiaia – rispettata e venerata - era sinonimo di saggezza, richiamo a valori solidi e provati. Forever young è la colonna sonora di molti “anta” ed essere giovani per tanti è il modello di riferimento da assumere con un misto di ansia e invidia, insieme a creme ed elisir che promettono un’eterna giovinezza, scimmiottando movenze, curve, spazi virtuali e reali, scelte di vita e atteggiamenti che non fanno (più) per loro.

Proprio gli adulti sono la risposta alla domanda che si poneva don Cesare Contarini nello scorso numero della Difesa: «Da dove riparte la pastorale giovanile quest’anno?». Per don Cesare dobbiamo ripartire «da adulti veri educatori, con lo sguardo libero e liberante di Dio sui giovani». Perfettamente d’accordo. Ma con una sfumatura, suggerita dalla Lettera dei giovani alla Chiesa di Padova: «Abbiamo bisogno di trovare nelle nostre comunità adulti che abbiano incontrato Gesù e capaci di trasmetterci fiducia nella vita. Adulti attraverso cui possiamo riuscire ad assaporare quanto è bello credere. Adulti che ci accompagnino, che ci aiutino a orientarci nelle scelte e che ci suggeriscano gli strumenti per vivere la nostra fede al di fuori del contesto più rassicurante della comunità, nei luoghi, nelle situazioni, con le persone che incontriamo giorno dopo giorno (scuola, Università, amici, sport, lavoro, affetti, tempo libero,…)» (1,2).

I giovani dell’Assemblea sinodale hanno indicato qual è il luogo in cui l’adulto significativo può essere trovato: le nostre comunità. Non cercano adulti supereroi, esperti neutri col magico potere di cambiare la vita. Cercano adulti dentro le nostre comunità, dove ci si conosce per nome, dove emergono i pregi e i difetti, le competenze e i limiti, dove si ricordano gli errori commessi e i risultati ottenuti, dove ci si mette in gioco con umanità e calore, dove la relazione e la fraternità trovano concretezza.

Sappiamo bene quanta fatica si fa spesso a parlare di “vita di comunità” e “giovani”. Un mio confratello una volta mi ha detto con un pizzico di sarcasmo che stava già facendo i lavori per ampliare la chiesa, visto che dopo il Sinodo i giovani sarebbero «sicuramente» tornati a messa! Molti, i più, in chiesa non vengono: qualche volta, giovani e parrocchia sembra che siano mondi paralleli destinati a non incrociarsi. Però, se usciamo, incrociamo tanti giovani in auto, ci superano con il loro scooter o la loro bici, affollano le piazze delle nostre città, ci provocano con i loro sogni grandi e le loro critiche che scardinano le nostre certezze. Sono pellegrini, come quelli che secoli fa salivano alla città sacra di Delfi per trovare dentro il tempio della vita la risposta a quel desiderio e a quell’imperativo inciso sul frontone del santuario di Apollo: Gnothi Sauton – Conosci te stesso. E di questo desiderio noi possiamo essere compagni di strada, collaboratori della loro gioia, come dice san Paolo! (cf. 2Cor 1,24)

Alcuni si attendevano (dal vescovo?) scelte dirompenti o eclatanti dopo questo Sinodo. Invece, nelle “Tracce di cammino” troviamo l’invito a leggere, riflettere, confrontarsi insieme – giovani e adulti – sul testo della Lettera dei Giovani, supportati da un apposito sussidio curato dall’ufficio di pastorale dei giovani che accompagna nel metodo del discernimento comunitario. Cosa vuole il Signore per la nostra comunità cristiana? Questa è la domanda fondamentale: interrogarci su chi siamo come credenti e su qual è il centro della nostra parrocchia. È decisivo riattivare la dinamica dell’ascolto dello Spirito che continua a parlare alla Chiesa.

Nell’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo dei vescovi leggiamo che «nel discernimento riconosciamo un modo di stare al mondo, uno stile, un atteggiamento fondamentale e allo stesso tempo un metodo di lavoro, un percorso da compiere insieme, che consiste nel guardare le dinamiche sociali e culturali in cui siamo immersi con lo sguardo del discepolo. Il discernimento conduce a riconoscere e a sintonizzarsi con l’azione dello Spirito, in un’autentica obbedienza spirituale. Per questa via diventa apertura alla novità, coraggio di uscire, resistenza alla tentazione di ridurre il nuovo al già noto […]. Un cammino così strutturato invita ad aprire e non a chiudere, a porre quesiti e suscitare interrogativi senza suggerire risposte prestabilite, a prospettare alternative e sondare opportunità» (n. 2).

Un cammino simile mette al centro la comunità e scommette sulla possibilità di fare passi avanti nel Vangelo; don Cesare segnalava il rischio dell’insignificanza per gli adulti, che vorrei tradurre come l’incapacità di vivere la vita “con sapore”, con significato. Camminare e discernere insieme nella fede è un antidoto all’insignificanza. Preferisco il discernimento comunitario ai diktat e ai progetti su carta, perché un percorso di questo tipo rispecchia un’immagine di Chiesa non verticistica o dirigenziale ma fraterna e seduta ai piedi del Signore, come Maria (cf. Lc 10,39).

Mi piace il discernimento comunitario perché prende sul serio i giovani, come ha fatto il vescovo Claudio con il percorso del Sinodo, e li tratta da interlocutori affidabili e protagonisti dell’evangelizzazione insieme agli adulti, non come destinatari di proposte preconfezionate e calate dall’alto. Mi affascina il discernimento comunitario perché è un percorso dagli esiti imprevedibili, in cui non sappiamo a quali scelte approderemo perché sarà lo Spirito a suggerircele in itinere, se davvero siamo disposti a mettere da parte le nostre certezze e acquisizioni e ci lasciamo provocare dal confronto con la Parola, dal silenzio e dalla preghiera, dall’ascolto dei “segni” che il Signore mette sul nostro cammino e dal confronto con i fratelli.

don Paolo Zaramella
direttore dell'Ufficio diocesano di pastorale dei giovani

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)