Fism Padova e la chiusura di alcune scuole dell'infanzia: "Il sistema va ripensato"

Fism Padova Per il presidente Mirco Cecchinato la chiusura di alcune scuole dell’infanzia richiede soluzioni condivise per garantire la libertà di scelta

Fism Padova e la chiusura di alcune scuole dell'infanzia: "Il sistema va ripensato"

Difficoltà delle scuole a sopperire alle carenze attuali economiche derivanti da aumento delle bollette e diminuzione delle frequenze, carenza di personale e obbligo di adeguamento degli edifici: si potrebbero riassumere così alcune criticità del comparto scuole dell’infanzia che aderiscono alla Fism Padova, la Federazione scuole dell’infanzia paritarie, che ha appena compiuto cinquant’anni di vita. Aspetti economici in primo piano quindi, che però in realtà celano una riflessione più ampia. «Un primo dato importante – sottolinea Mirco Cecchinato, presidente di Fism Padova – è che noi, a differenza del Comune, abbiamo necessità di aumentare il contributo annuo per far fronte alle difficoltà economiche, mentre il Comune può scegliere di non aumentare l’importo della mensa, che è quello che le famiglie sostengono, caricandolo su altri ambiti amministrativi. Teniamo presente che la retta massima di un Comune, dichiarata alla stampa, è di 147 euro, solo costo mensa, noi abbiamo una media di 180 euro con la mensa per tutti, senza distinzioni». La seconda criticità riguarda la carenza di personale, più volte sottolineata anche in passato: le scuole su autorizzazione dell’Ufficio scolastico regionale, possono utilizzare il personale ausiliario, ma non possono assumerlo con il contratto da educatori perché non ha i titoli specifici abilitanti per l’insegnamento. La terza criticità, messa in evidenza dalla Fism, riguarda l’obbligo dell’adeguamento dello studio della vulnerabilità sismica: gli edifici sono in ordine, ma la normativa nazionale richiede di presentare entro fine anno lo studio. Il costo grava ulteriormente sul bilancio delle scuole. «Queste sono le questioni principali più urgenti – sottolinea Cecchinato – Teniamo presente poi che non possiamo permetterci i due insegnanti per sezione come fa la scuola statale e abbiamo bisogno di riorganizzare il servizio: dobbiamo ripensare un sistema scolastico centrato su un sistema di poli scolastici, anche se la legge non ce lo permette. Per chiarire: non abbiamo l’istituto comprensivo dove, ad esempio, sono raggruppate dieci scuole con una dirigenza, una segreteria, personale amministrativo unico, da noi ogni scuola è autonoma, con il vantaggio che come Fism facciamo il coordinamento e sopperiamo a questa carenza». In questo quadro generale incide anche il fatto che alcune scuole paritarie e parrocchiali stanno chiudendo. «Queste scuole chiudono – chiarisce il presidente – prima di tutto per diminuzione delle iscrizioni, quindi per una questione demografica. Se nel 1964 si contavano oltre un milione di nuovi nati, nel 2021 siamo sotto i 400 mila. Con la chiusura viene a mancare un servizio scolastico con una lunga storia educativa sulle spalle. Parliamo di 150 anni in alcuni casi. Vengono a mancare realtà legate al territorio e nella convenzione che abbiamo con il Comune di Padova vorremmo proprio riprendere questo. La convenzione per noi non è solo uno strumento Preoccupazione per il momento storico che attraversano le scuole dell’infanzia paritarie filtra anche dall’Ufficio diocesano di pastorale dell’educazione e della scuola e in particolare dalle parole del direttore, don Lorenzo Celi. Quali sono le ragioni che stanno portando alle chiusure? «Anzitutto la crisi demografica: oggi i posti a disposizione nel sistema pubblico integrato per questa fascia d’età è sovrabbondante
rispetto al numero dei bambini presenti. In secondo luogo, l’aumento dei costi per personale e gestione delle strutture, un problema acutizzato dopo la pandemia. E l’analisi di vulnerabilità sismica, per regolare i contributi, ma è anche
uno strumento per riconoscere un servizio di sussidiarietà offerto dalle scuole paritarie alle famiglie. Ogni famiglia deve poter scegliere la scuola per il proprio figlio, nell’ottica della libertà di scelta».

Quali dunque le possibili soluzioni per far fronte a queste criticità? «Metterci a tavolino con gli attori principali, Comune, Spes (Servizi alla persona educativi e sociali) – risponde Cecchinato – e cercare di ottimizzare le risorse: in una scuola paritaria come la nostra, il Comune contribuisce con 15 mila euro circa a sezione. Con questa cifra, lo stesso Comune non riuscirebbe ad aprire una sezione sua per i costi del personale. Quindi ottimizzare risorse significa cercare di riaprire sezioni nelle aree in cui c’è grande dispersione scolastica, ad esempio l’area Arcella o altre zone periferiche, dove le famiglie portano i bambini solo il mattino per non sobbarcarsi il costo della mensa. Va rivisto il servizio sociale che anche la scuola dell’infanzia offre. E poi fare uno studio preciso del territorio per capire dove
sono le problematiche, dove intervenire implementando il servizio o dove dismetterlo. Dobbiamo pensare a salvare il sistema scuola, non la scuola: salvarne una sola a noi non interessa, bisogna salvare il sistema. Quindi riorganizzando il servizio e proponendo un’offerta più puntuale e appetibile: ad esempio suddividere il territorio specializzando le scuole con attività dedicate come il coding o la robotica che sono molto richieste in questo periodo. Dare dei servizi migliori e fare in modo che le famiglie scelgano anche in base a questo».

Le chiusure

L’Ufficio scolastico regionale ha certificato fino a questo momento la chiusura, per l’anno scolastico 2022-23, di sette scuole dell’infanzia paritarie nel territorio diocesano di Padova. Si tratta delle parrocchie di Vallonga, Salcedo, Veggiano, Carmine in Padova e poi di tre realtà legate ad altri enti come quella di Pontelongo, della Fondazione Galvan, e il Teresianum e la Mons. Liviero, legate a due congregazioni religiose, la Compagnia di Santa Teresa di Gesù e le Piccole Ancelle del Sacro Cuore.

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