Inizia il mese del Seminario. Ci sta a cuore?

Pastorale vocazionale. Comincia il mese del seminario. Tre piste, direttamente dalla Christus vivit di papa Francesco, per riflettere personalmente e nelle comunità parrocchiali. E «risvegliare i nostri generosi cuori», come diceva il Barbarigo

Inizia il mese del Seminario. Ci sta a cuore?

450 anni fa nasceva anche a Padova, accanto alla Cattedrale, il seminario diocesano. Da quel momento, la formazione dei candidati al presbiterato acquisiva una forma più strutturata e comunitaria. Cento anni dopo, il giovane vescovo Gregorio Barbarigo diede un nuovo impulso alla comunità formativa, inserendovi nuovi educatori, rivedendo l’intera proposta spirituale e culturale, acquisendo e sistemando l’attuale sede, ma soprattutto rilanciando nelle parrocchie quella che oggi chiamiamo “animazione vocazionale”. In pochi anni il seminario divenne il “cuore del cuore” della Diocesi, come amava ripetere il vescovo Barbarigo, passando da un piccolo numero a una comunità numerosa e attraente.

Ma, a distanza di anni, il seminario diocesano è ancora il “cuore del cuore” della nostra Chiesa? È riconosciuto come realtà necessaria e buona, comunità da custodire e valorizzare perché l’intera diocesi abbia energia e vigore?

Vivendo l’esperienza dall’interno, riconosco che la riflessione educativa è viva, altrettanto, però, non mi sembra l’attenzione delle comunità cristiane. Passato il timore di qualche anno fa di fronte al brusco calo dei seminaristi e delle ordinazioni presbiterali, mi pare si stia accentuando una certa abitudine, se non il disinteresse, verso questa realtà e la stessa vocazione presbiterale. Addirittura, in certe occasioni arriviamo a teorizzare una Chiesa senza preti, dove siano più protagonisti i laici, come se le due cose fossero in alternativa, piuttosto che l’una necessaria all’altra per essere il “corpo dalle diverse membra” che il Signore desidera. Riconoscere il seminario come “cuore del cuore” della Diocesi, non significa classificare le vocazioni presbiterali più importanti rispetto alle altre, bensì, avere a cuore dei giovani in discernimento vocazionale e il bene della Chiesa diocesana, alla quale il Signore manda alcuni perché collaborino con il vescovo alla sua crescita.

Dedicare il mese di settembre al seminario diocesano, è un’occasione concreta per rilanciare l’intera pastorale vocazionale diocesana. Mentre guardiamo ai giovani per essere attenti a quelli che il Signore chiama a diventare preti, rimaniamo compagni di strada anche degli altri. Tutti i giovani sono chiamati a una missione e aiutarli a scoprire la propria e seguirla è il dono più grande che possiamo fare, come singoli credenti e come comunità cristiane. Vivere il mese del seminario all’inizio di un nuovo anno pastorale, è l’occasione per “risvegliare i nostri generosi cuori” (san Gregorio Barbarigo) e rimettere al centro delle attenzioni pastorali la cura vocazionale di tutti i giovani, tenendo vigile lo sguardo su quelli che il Signore chiama a diventare preti. A tal proposito, anche alla luce dell’esortazione Christus vivit di papa Francesco, mi pare ci siano “3 A” che potrebbero guidarci nella riflessione personale e comunitaria.

Ascoltare. È il primo atteggiamento da esprimere nelle nostre comunità per aiutare i giovani a scoprire la propria vocazione e accoglierla. Vale la pena verificare la nostra capacità di ascolto, mettersi a disposizione dei giovani, andarli a cercare lì dove sono per offrire presenza ed eventualmente il silenzio di chi ascolta, comprende, suggerisce. Val la pena anche offrire ai giovani che ci sono affidati, particolari occasioni per imparare l’arte del silenzio e così introdurli all’ascolto del cuore, della realtà che li circonda, delle grida del mondo e della Scrittura, che fa convergere ogni cosa nel Signore.

Annunciare. Ci sono temi che nelle omelie e nella catechesi sembrano essere stati tralasciati: tra questi vi è quello della vocazione. Sembra ci interessi poco oppure ci trovi impreparati e così evitiamo di raccontare e proporre la vita come risposta al Signore. Ritorniamo ad annunciare, con la testimonianza della vita, prima che coi discorsi, la gioia della fede, la gioia di essere collaboratori del Signore con la nostra scelta di vita.

Accompagnare. I giovani, come ogni altra persona, hanno bisogno di accompagnatori, di preti, consacrati e laici disponibili a incontrarli personalmente per leggere la vita come pagina scritta da Dio, scoprirvi la chiamata quotidiana e la missione per la vita. Forse non ci sentiamo all’altezza del compito di guida spirituale. Tutti, però, possiamo camminare a fianco dei giovani coltivando il dialogo fraterno, incontrandoli con verità e profondità, per poi inviarli a quelle persone a cui la Chiesa diocesana ha affidato il ministero di accoglierli e accompagnarli nel discernimento vocazionale.

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