Lo sguardo dell’Ufficio annuncio e catechesi. In ascolto delle famiglie e del vissuto comunitario

«Una scelta di prudenza e di attenzione verso ragazzi e genitori, rispettando le tante fatiche per la gestione della scuola, della vita ordinaria, dell’isolamento di componenti familiari, di tanti pensieri che purtroppo la pandemia continua a far nascere».

Lo sguardo dell’Ufficio annuncio e catechesi. In ascolto delle famiglie e del vissuto comunitario

Leggono così don Carlo Broccardo e Silvia Sandon, dell’Ufficio per l’annuncio e la catechesi, la scelta di alcune parrocchie di sospendere temporaneamente le attività. «Già dal 2020 l’Ufficio catechistico nazionale e la Cei, nel documento Ripartiamo insieme, hanno suggerito di procedere con “calma sapiente”, quella che tiene conto del vissuto delle famiglie e delle comunità». È un tempo di sofferenza, quello che stiamo vivendo: «Si è in sofferenza di incontri, di relazioni, della possibilità di vedersi in presenza, di potersi dare la mano, di entrare in contatto con gli altri – sottolinea Sandon – Quindi si soffre la mancanza degli appuntamenti con ragazzi e genitori, la bellezza di poter continuare il cammino con loro, le esperienze programmate per accompagnarli a celebrare i sacramenti. La sofferenza è anche perché all’eucaristia domenicale, che per molte parrocchie è l’appuntamento di catechesi settimanale a cui sono invitati genitori e ragazzi, la presenza è scarsa. Questa è la sofferenza che molti catechisti-accompagnatori e parroci vivono. Non ci sono strategie più o meno giuste per favorire la partecipazione all’eucaristia. C’è soprattutto da aver cura delle persone.». Chi accompagna, pur non potendo incontrare ragazzi e genitori, resta un solido punto di riferimento. «Il cammino che un catechista, un accompagnatore e un educatore condivide con piccoli e grandi fa nascere amicizie, legami belli e profondi e spesso ognuno diventa un punto di riferimento per l’altro – sottolinea don Broccardo – La loro testimonianza viene ricordata nel tempo e un’esperienza vissuta insieme resta nel bagaglio della vita. Ecco perché è importante curare le relazioni, avere a cuore le persone che fanno parte della propria comunità, le famiglie ferite, quelle che, magari, aspettano solo un nostro: come va? Come stai? Quante volte una telefonata o un messaggio risolleva l’animo, non fa sentire soli, aiuta nell’affrontare un momento difficile».

Durante il lockdown, ma non solo, si è molto puntato sul ruolo dei genitori come primi catechisti dei figli. «Ma non è per dare loro qualcosa da fare, un’incombenza in più – evidenziano don Carlo Broccardo e Silvia Sandon – È per aiutarli a comprendere che se per loro è importante coltivare una relazione con il Signore, perché non aiutare i ragazzi a scoprirlo a loro volta, allenarli nell’arte dell’ascolto della Parola, dello stupore per la creazione, del dono gratuito di sè e dell’attenzione verso il prossimo e gli ultimi? Ogni genitore sa cosa è bene per il proprio figlio, sceglie, soprattutto nei primi anni di vita, ciò che gli fa bene o male, come alimentarlo, vestirlo e quali insegnamenti dargli... questo dovrebbe essere anche per la fede, per il battesimo, per il cammino di iniziazione cristiana che si desidera per lui».

Il ruolo dei nonni nella trasmissione delle fede

«L’interrogativo che mi pongo è sulla messa domenicale – spiega padre Franco Odorizzi, parroco di Sant’Antonino all’Arcella– la sensazione è che non sia ancora vissuta come momento per incontrarsi a celebrare la Pasqua della settimana, ma è sentita come un precetto e non come momento centrale di incontro. Come allora metterla al centro della vita delle famiglie e della comunità? E il ruolo dei genitori? Non ho ricette in tasca, ma forse più che dai bambini bisogna ripartire dagli adulti per aiutarli a riscoprire la fede come esperienza importante della loro vita, così è poi più facile trasferirla anche ai figli. Vedo che i nonni hanno un ruolo importante in questo, ma manca l’anello fondamentale dei genitori. Partendo dalla riscoperta del cammino di fede degli adulti recuperiamo anche quello di bambini e ragazzi».

Parrocchie, non siete sole. Condividete!

Cosa dire alle parrocchie perché “attraversino” anche questo momento di fatica, in particolare sul fronte della catechesi? Che cosa mettere in campo per continuare ad annunciare il Vangelo a piccoli e grandi?

«Non tenete tutto per voi – sottolinea don Carlo – condividete con le altre parrocchie, fate conoscere quello che fate perché la vostra idea potrebbe stimolare chi fatica a ripartire, perché un aiuto nell’impostare il cammino può sbloccare degli ingranaggi arrugginiti, perché la condivisione con un altro catechista apre riflessioni, perché la testimonianza di un giovane educatore può far nascere il desiderio a un altro giovane di mettersi a servizio». «È tempo di ritornare all’ascolto della Parola di Dio insieme agli altri che fanno un servizio nella comunità – evidenzia – di non pensare solo a fare qualcosa per gli altri, ma fermarsi a riflettere su quello che è da lasciare andare e quello invece da custodire e rilanciare. Fare una sorta di cambio armadio, un cambio di stagione che può fare solo che bene».

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