Quando la canonica si apre. Ca' Onorai si è aperta all'accoglienza, prima con profughi ucraini, ora con una famiglia in difficoltà abitativa

Di fronte a uno spazio vuoto si può guardare con malinconia a ciò che non c’è più o si può guardare, con ottimismo, a ciò che potrà arrivare.

Quando la canonica si apre. Ca' Onorai si è aperta all'accoglienza, prima con profughi ucraini, ora con una famiglia in difficoltà abitativa

La parrocchia di Ca’ Onorai, comunità di poco meno di mille anime, è uno dei campanili che negli ultimi anni ha perso la presenza di un prete residente. Il parroco, don Michele Majoni, infatti, che è contemporaneamente anche parroco al Redentore di Pozzetto, risiede in questa seconda. Restava, dunque, una canonica vuota. «Quando è scoppiata la guerra in Ucraina – racconta don Michele Majoni – ci siamo domandati se potevamo mettere a disposizione questo spazio, rimasto vuoto, ai profughi provenienti da quel Paese». Attraverso la Caritas diocesana e il coinvolgimento di una cooperativa la comunità ha dunque aperto le porte a una famiglia ucraina per un periodo di tre mesi: al termine del contratto le persone sono state ricollocate. E la canonica è tornata vuota. «In quel momento – continua don Majoni – la cooperativa La Carovana ci ha proposto di accogliere, per un anno, delle persone in stato di fragilità abitativa in un progetto di housing first. Ci siamo interrogati nuovamente come consiglio pastorale e, come comunità, abbiamo dato il nostro assenso». Le persone, un nucleo familiare di nazionalità italiana, sono arrivate l’ultima domenica di ottobre 2022. Alcuni dei bambini – quelli di età prescolare – sono stati inseriti nella scuola d’infanzia della comunità. Una parrocchiana, Chiara Rebellato, è stata scelta come punto di contatto privilegiato tra la famiglia e la comunità: «Se c’è qualcosa da comunicare, o se loro hanno bisogno in ogni momento di qualcosa – spiega il parroco – si passa tramite di lei». L’esperienza positiva è l’ulteriore dimostrazione di come le paure, le diffidenze e le incomprensioni si superino semplicemente venendo a contatto con la realtà. E come l’educazione alla carità avvenga non con i discorsi, ma con le dimostrazioni. «All’inizio, quando abbiamo proposto il progetto degli ucraini – ammette don Majoni – c’erano delle perplessità, dato che era una cosa nuova. Sapendo però che si trattava di un’accoglienza breve, di pochi mesi, sono stati rotti gli indugi. “Si prova, si vede, se ci sono criticità si prova a risolvere” ci siamo detti. La prima esperienza, proseguita senza intoppi, ha aperto all’altro orizzonte di accoglienza con l’housing first. Lo spazio vuoto è diventato esperienza di comunità e di accoglienza, il contatto con la realtà, che permette di superare la paura di ciò che non conosciamo, ha fatto il resto».

Ca’ Onorai si è aperta all’accoglienza

Mille anime per la parrocchia di Ca’ Onorai, vicariato di Cittadella. «Non abbiamo un gruppo Caritas parrocchiale – spiega il parroco don Michele Majoni – ma sia le persone che hanno bisogno sia chi vuole operare come volontario viene indirizzato al centro d’ascolto vicariale che ha sede a San Donato». Questo, però, non ha negato la possibilità di aprirsi alla carità: «È il consiglio pastorale che prende le decisioni e che ha incrociato lo spazio vuoto con l’esigenza che si è presentata».

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