Sostegno sociale parrocchiale a Padova. Scuola, strumento di integrazione

Aumentare il livello di integrazione comunitaria di una giovane famiglia, mamma, due figli piccoli e un'altra donna parente della mamma. Ecco l'obiettivo principale del progetto individuato da un parrocchia della Diocesi di Padova nell'ambito del sostegno sociale parrocchiale. 

Sostegno sociale parrocchiale a Padova. Scuola, strumento di integrazione

L’integrazione passa anche per la scuola. I figli molto spesso fanno da tramite e diventano il veicolo principale per integrare tutta la famiglia: i genitori entrano in contatto con altre famiglie, iniziano a relazionarsi con altre mamme e papà, imparano e sono costretti ad usare una lingua che alle volte non è la loro. È da qui che ha preso avvio il progetto individuato da una parrocchia della Diocesi – di cui volutamente non scriviamo il nome per tutelare i soggetti coinvolti – nell’ambito del Sostegno sociale parrocchiale. L’obiettivo del progetto è proprio aumentare il livello di integrazione comunitaria di questa giovane famiglia straniera in difficoltà: mamma separata dal marito, due figli piccoli, uno pronto per la scuola dell’infanzia e uno ancora più piccolo e un’altra donna, parente della mamma. Il papà non è presente fisicamente nella vita dei bambini e collabora poco anche nel mantenimento economico. Il nucleo ora vive in una casa con decreto di sfratto, prorogato di alcuni mesi.

«Una famiglia che già conoscevamo – racconta una volontaria del Centro di ascolto Caritas – perché era venuta a chiedere aiuti in passato. Una situazione difficile, ma con delle risorse da mettere in campo: la mamma infatti ha fin da subito manifestato la voglia di riscattarsi, di rendersi autonoma». Faceva qualche lavoretto saltuario, poi ha lavorato part time in una struttura ricettiva, ma non le è stato rinnovato il contratto. Ora è disoccupata. Con senso di gratitudine e collaborazione si è rivolta ai servizi sociali e alla Caritas, mettendo di suo la disponibilità a rendersi indipendente. Il progetto prevede anche un affiancamento nel trovare un lavoro che le permetta maggiore autonomia nella gestione familiare.

«I piccoli sono sempre a casa – continua a raccontare la volontaria – chiusi in famiglia e avevano bisogno di socialità, di essere integrati in una realtà esterna, di stare con altri coetanei. Così il più grande a febbraio ha iniziato un graduale inserimento nella scuola dell’infanzia parrocchiale. La scuola è un ottimo collante, una buona opportunità di integrazione, soprattutto per questa mamma, che parla poco l’italiano. Alla coordinatrice è stato chiesto di coinvolgerla nelle attività promosse dalla scuola, anche se poi le restrizioni per il Covid hanno limitato le feste e i momenti di ritrovo». Contemporaneamente la mamma ha iniziato a frequentare un corso di italiano per stranieri e le è stato chiesto di impegnarsi a non usare la lingua madre in casa, ma parlare italiano così da migliorare l’apprendimento proprio attraverso l’uso quotidiano. La lingua aiuta ad una maggiore integrazione e autonomia.

«Oltre a questo progetto personalizzato, condiviso anche con gli assistenti sociali con i quali c’è da sempre una buona collaborazione – afferma la volontaria – stiamo guardando anche ad altre necessità di altre realtà familiari o di singoli. Difficile individuare i casi da sostenere e aiutare perché alla base c’è sempre un senso di imbarazzo, una propensione a non esporsi. La difficoltà di questi progetti è proprio riuscire ad individuare i beneficiari, o meglio, riuscire ad essere capillari nel far arrivare a chi ne ha bisogno le informazioni su come chiedere aiuto e a chi rivolgersi. Eppure le esigenze, abbiamo notato, sono tante e diverse, soprattutto in questo periodo. Si va dalla persona pensionata che deve far fronte a spese mediche, oltre che a bollette, affitti, spese quotidiane, oppure c’è chi potrebbe riprendere a lavorare ma non ha la possibilità di pagare l’assicurazione della macchina o chi fa fatica a pagare spese straordinarie, ma necessarie come le imposte per un contratto di affitto».

«La comunità parrocchiale – conclude il parroco – ha risposto bene a livello economico all’idea della diocesi, a livello invece di coinvolgimento non c’è una risposta corale, di crescita comunitaria, ma più personale che ci fa capire però che c’è una sensibilità da coltivare».

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