Accoglienza profughi afghani, si cercano posti sul territorio: “Evitare errori del passato”

Le persone finora arrivate con le evacuazioni da Kabul sono circa 4000. Dopo un periodo di quarantena saranno trasferite nelle strutture: in una circolare le indicazioni per l’accoglienza straordinaria e si attende il decreto per i nuovi posti Sai. Miraglia (Arci): “Strumenti ci sono, puntare su progettazione, accordo coi Comuni e il coinvolgimento del terzo settore. Volontariato non basta”

Accoglienza profughi afghani, si cercano posti sul territorio: “Evitare errori del passato”

“In questi giorni una cosa appare sconcertante e si registra nelle dichiarazioni di politici un po’ qua e là in Europa. Grande solidarietà agli afghani che perdono libertà e diritti, ma ‘che restino lì, non vengano qui perché non li accoglieremmo. Questo non è all’altezza dei valori e del ruolo dell’Unione”. E’ il capo dello Stato, Sergio Mattarella, a denunciare durante un incontro ieri a Ventotene l’ambivalenza dei paesi europei sull’accoglienza delle persone in fuga dall’Afghanistan riconquistata dai talebani. Un monito e un richiamo alla solidarietà e alla condivisione, contro qualsiasi speculazione e calcolo elettorale, rivolto anche al nostro paese.
Ma come si sta organizzando l’Italia per accogliere i profughi afgani? In totale sono 3996 le persone arrivate attraverso le diverse operazioni di evacuazione da Kabul. Sono ora ospitati temporaneamente, per il periodo di quarantena, nelle strutture della Difesa (781) e in quelle gestite dalle Regioni (1.970). Inoltre, 1250 persone sono ospitate nell’hub allestito ad Avezzano e gestito dalla Croce Rossa Italiana con il coordinamento della Protezione Civile Nazionale. Qui è stato avviato anche un piano di vaccinazione Una volta terminato il periodo di isolamento dovranno essere trasferiti nelle strutture di accoglienza. Per questo si stanno cercando posti sul territorio, in particolare, si stanno attivando nuovi centri per l’accoglienza straordinaria (Cas) attraverso le prefetture. Nei giorni scorsi con una circolare il capo Dipartimento Immigrazione e libertà civile, Michele Di Bari ha dato indicazioni precise per il reperimento di posti sia dalle organizzazioni, che dai privati e dalle tante famiglie che stanno esprimendo la loro disponibilità ad accogliere le famiglie con bambini. Nei prossimi giorni, poi, verrà emanato un decreto per allargare il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai).

Non mancano le criticità. Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci e portavoce del Tavolo Asilo, invita a non ripetere gli errori del passato. “Già in questi giorni stanno emergendo questioni singolari - spiega - La circolare a firma di Di Bari dice essenzialmente che si sta cercando allargare la rete dei Cas anche se, ci dicono, temporaneamente. Ma lo si sta facendo in maniera sbagliata con servizi al minimo e poche risorse, per questo le organizzazioni che lavorano da anni nell’accoglienza rifiuteranno ed entreranno di nuovo nella gestione soggetti improvvisati. Tra l’altro si fa una distinzione tra enti, associazioni, comuni e privati: alcuni dovrebbero accogliere gratuitamente, sull’onda dell’emozione, altri riceverebbero risorse. Ma l’accoglienza è una cosa serie e va fatta per bene, fornendo servizi adeguati. Non basta il volontariato”. 

L’invito è ad ascoltare le richieste delle organizzazioni. Anche rispetto al nuovo decreto Sai i dubbi sono tanti: dopo l'emanazione, infatti, sarà necessario un bando di gara e i posti potrebbero essere messi a disposizione non prima di qualche mese. “Secondo la nuova legislazione sugli appalti pubblici oggi è possibile operare una variazione del contratto del 20 per cento, quindi operare un aumento senza ricorrere a una nuova gara. Questa è una strada. Noi abbiamo suggerito anche la coprogettazione con i soggetti che sui territori fanno accoglienza, magari operando con una gara ristretta che velocizzi i tempi - spiega-. Inoltre c’è la possibilità di utilizzare la clausola per l’emergenza Covid, che ha alzato le risorse che pubblica amministrazione può affidare direttamente da 40mila euro a 150mila euro. Questo consentirebbe di fare dei mini progetti Sai e un'accoglienza diffusa”. Secondo Miraglia, dunque, bisogna evitare “di cadere di nuovo in un sistema emergenziale,  allargando il modello Cas. Al massimo vanno fatti bandi in cui per i posti in accoglienza straordinaria siano garantiti gli stessi servizi e le stesse condizioni dei Sai. E raccordarsi con i comuni per immaginare reale percorsi di inclusione”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)