Amir e gli altri, così i migranti tornano in patria

George è rientrato in Nigeria dove è diventato autista di pullman, Mohamed è tornato in Senegal dove ha aperto un mini market. Storie di migranti di ritorno grazie al progetto Re-Build

Amir e gli altri, così i migranti tornano in patria

C’è Amir, che appena è rientrato in Gambia si è comprato un taxi usato grazie al quale mantiene tutta la famiglia: gli affari girano talmente bene che adesso sta pensando di acquistare un’altra macchina per affittarla. C’è George, che appena tornato in Nigeria ha comprato un pullmino dove trasporta persone nei giorni feriali e merci nei giorni di festa. E poi c’è Mohamed, che appena rimpatriato in Senegal ha aperto un mini market a Dakar dove vende di tutto e dove i clienti ormai gli sono affezionati.
Amir, George e Mohamed, prima di rientrare nei loro Paesi di origine, erano in Toscana come migranti. Richiedenti asilo, rifugiati, spesso nei centri di accoglienza senza una prospettiva di vita. Senza lavoro, senza affetti, lontano dalla propria famiglia. Altre volte ospitati nelle parrocchie, oppure in dimore di fortuna, o ancora fuoriusciti dai centri e finiti allo sbando per strada.
Così, quando gli si è presentata la possibilità di tornare in patria attraverso l’erogazione di un microcredito, hanno scelto di tornare. Perché in Africa ci sono le loro origini, perché l’Africa ha bisogno di loro, perché l’Italia non era quell’eldorado che avevano sognato prima di imbarcarsi nei gommoni con cui hanno attraversato il Mediterraneo. Non tornano in patria da falliti, ma con la possibilità di avviare un’attività in proprio.
Oltre ottanta migranti tornati in Africa da tutta Italia grazie alla cooperativa fiorentina Il Girasole del Consorzio Co&So in partnership con l’associazione Nosotras, che soltanto in Toscana ha fatto rientrare quasi 30 stranieri. Si chiama “Re-Build” ed è un progetto di ritorno volontario assistito e reintegrazione. I migranti, singoli o famiglie, che intendono far ritorno nel proprio Paese sono affiancati e assistiti attraverso l’elaborazione di un piano di reintegrazione che viene progettato, implementato e monitorato insieme agli attori locali presenti nelle nazioni di origine affinché si possano valorizzare le competenze degli stessi migranti e si possa favorire il loro sviluppo socioeconomico. Il progetto prevede l’erogazione iniziale di 400 euro per la logistica della partenza, più l’erogazione di un sussidio in beni e servizi (2000 euro) per ogni adulto capofamiglia, 1000 per ogni adulto a carico e 600 per ogni minore a carico. I fondi arrivano dal ministero dell’Interno attraverso un bando pubblico.
La cooperativa Il Girasole, attraverso i suoi mediatori culturali, allaccia rapporti con associazioni e Ong africane che poi si prenderanno in carico il migrante non appena rimpatriato, seguendo il percorso di reinserimento socio-professionale. Le nazioni maggiormente interessate sono Mali, Senegal, Gambia, Nigeria, Ghana, Niger, Costa d’Avorio, Tunisia, Marocco e Guinea. Nella maggior parte dei casi, il percorso di reinserimento si conclude nel migliore dei modi. E i ragazzi africani, una volta avviata la propria attività, ringraziano l’Italia. La loro vita ricomincia da dove si era interrotta. E con il nuovo lavoro spesso ritrovano

serenità, alcuni si sposano e mettono su famiglia.
“Abbiamo aderito a questo progetto – ha detto il responsabile Mauro Storti – perché, nei nostri percorsi di accoglienza, ci siamo resi conto che non erano pochi i migranti che, a fronte di percorsi che non hanno portato i frutti sperati, hanno espresso la volontà di tornare in patria. Così abbiamo contattato le associazioni locali dei Paesi di origine, che hanno il compito di monitorare il reinserimento dei migranti di ritorno attraverso i fondi che noi gli devolviamo”.

Jacopo Storni

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)