Arrivano tutor e orientatori. La riforma dell’orientamento, prevista dal ministro Giuseppe Valditara, è in fase di avvio

Il docente tutor dovrà supportare gli studenti nella crescita personale e formativa, l'orientatore avrà il compito di favorire le attività di orientamento

Arrivano tutor e orientatori. La riforma dell’orientamento, prevista dal ministro Giuseppe Valditara, è in fase di avvio

Sono circa 50.000 i docenti che, secondo quanto previsto dal DM n. 328 del 22 dicembre 2022, nel corso dell’estate hanno partecipato ai moduli formativi per divenire tutor e orientatori per gli studenti di circa 70.000 classi dell’ultimo triennio della scuola secondaria di secondo grado.

La riforma dell’orientamento, prevista dal ministro Giuseppe Valditara, è in fase di avvio e in questi giorni sono al vaglio degli organi collegiali dei diversi istituti le modalità di applicazione e le strategie da impiegare. “Serve un sistema strutturato e coordinato di interventi che, a partire dal riconoscimento dei talenti, delle attitudini, delle inclinazioni e del merito degli studenti, li accompagni in maniera sempre più personalizzata a elaborare in modo critico e proattivo un loro progetto di vita, anche professionale”, scrive il ministro nelle Linee guida per l’orientamento.

Secondo quanto previsto dal DM 328, dunque, il docente tutor avrà “in affidamento” un numero di studenti variabile (da un minimo di 30 a un massimo di 50) che dovrà supportare nella crescita personale e formativa, aiutandoli – in dialogo costante con le famiglie – a raggiungere i loro obiettivi e a sviluppare le loro competenze. Dovrà, inoltre, seguire ogni studente nella creazione su piattaforma digitale di un proprio e-portfolio, che documenti il percorso “personalizzato” di studi e le riflessioni in chiave valutativa, auto-valutativa e orientativa sul cammino svolto e sulle sue prospettive.

Differente la posizione del docente orientatore che avrà il compito di favorire le attività di orientamento per aiutare gli studenti a fare scelte in linea con le proprie aspirazioni, potenzialità e progetti di vita, tenendo conto dei diversi percorsi di studio e lavoro e delle varie opportunità offerte dai territori, dal mondo produttivo e universitario.

Sullo sfondo del Decreto Valditara spiccano le indicazioni dell’Unione europea che sollecitano gli Stati membri a “ridurre la percentuale degli studenti che abbandonano precocemente la scuola a meno del 10%; diminuire la distanza tra scuola e realtà socio-economiche, il disallineamento (mismatch) tra formazione e lavoro e soprattutto contrastare il fenomeno dei Neet (Not in Education, Employment or Training – Popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione); rafforzare l’apprendimento e la formazione permanente lungo tutto l’arco della vita”. Si chiede inoltre di potenziare e investire sulla formazione tecnica e professionale dei giovani, “costituendola come filiera integrata, modulare, graduale e continua fino alla formazione terziaria (nel caso italiano gli Its Academy)” e di favorire l’acquisizione soft skills ormai imprescindibili nel mondo del lavoro, come il problem solving, le capacità comunicative, la flessibilità, lo spirito di iniziativa e il pensiero critico.

Secondo quanto indicato dal Decreto, i fondi previsti dal Pnrr (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) dovrebbero consentire l’attivazione di percorsi e interventi dedicati all’acquisizione di nuove competenze e nuovi linguaggi, possibilmente ad alto contenuto innovativo nell’ambito delle discipline Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), e di iniziative tese a favorire lo sviluppo del sistema di formazione terziaria degli Its Academy per il conseguimento di qualifiche innovative ad alto contenuto tecnologico e con importanti esiti occupazionali.

Insomma, le piste tracciate sono molteplici e sembrano ricche di opportunità. La riforma è ispirata da buoni propositi, non sarà semplice però restare in equilibrio tra le “reali attitudini”, le “legittime aspirazioni” dei nostri studenti e le “esigenze” del mercato del lavoro.

Mentre la società “tecnologica” spinge primariamente verso la formazione scientifica e professionale per colmare il cosiddetto mismatch tra formazione e lavoro, sarà riservata la dovuta attenzione all’essere umano, alla sua identità, al suo percorso ontologico e al suo codice etico? Il modello di homo faber, proattivo e creativo, si salverà dagli agguati del suo antagonista, l’animal laborans, fagocitato e asservito alle logiche del mercato?

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Fonte: Sir