Coronavirus, in Lombardia oltre 10 mila lavoratori fermi

Una prima mappa delle situazioni di crisi, che coinvolgono non solo le imprese della zona rossa. Dagli aeroporti alle aziende metalmeccaniche o nei macelli, dove lo smart working non è arrivato o non è possibile e spesso la soluzione è quella di chiudere o di lasciare a casa i lavoratori meno tutelati

Coronavirus, in Lombardia oltre 10 mila lavoratori fermi

MILANO - Tra calo delle commesse o dei clienti e dipendenti in quarantena sono settimane difficili per il mondo del lavoro lombardo. Secondo la Cisl Lombardia, sono oltre 10mila i lavoratori lombardi fermi per gli effetti sull'economia dell'emergenza coronavirus, non solo nella “zona rossa”. I settori più colpiti sono il turismo, il commercio, la logistica, i trasporti, la manifattura, i servizi e tutto ciò che riguarda la scuola e la formazione. La Cisl ha realizzato una prima mappatura delle situazioni di crisi più gravi. Una delle province più colpite è senza dubbio quella di Lodi, soprattutto nell'agroalimentare. I sindacati segnalano il caso di un grande gruppo dell’alimentare che impiega oltre 600 addetti di cui 320 residenti in zona rossa e altri assoggettati a stato di quarantena. C'è poi un’altra azienda con 39 dipendenti di cui 18 risultano in quarantena. Un’azienda del comparto caseario con 120 addetti dichiara che 27 sono bloccati in zona rossa; un’azienda produttrice di formaggi con 72 dipendenti ne registra 20 bloccati in zona rossa.

Ma le conseguenze dell'epidemia si fanno sentire un po' in tutti i settori. In tutta la Lombardia, la scorsa settimana sono stati circa 6 mila i metalmeccanici rimasti e si sono registrate le chiusure di alcuni stabilimenti in provincia di Bergamo, nel cremonese e nel milanese. Nel settore della chimica, farmaceutica e gommaplastica si sono fermate 17 aziende del lodigiano per un totale di 960 lavoratori. "Si segnalano situazioni difficili nella bassa bergamasca, più gravemente colpita dal numero dei contagi", sottolinea la Cisl.

Seguendo le denunce dei sindacati si trovano poi altre situazioni di crisi. A partire dall'aeroporto di Malpensa, dove i primi a farne le spese sono i lavoratori somministrati. Come nel caso reso noto da Felsa Cisl, Nidil Cgil Uiltemp: per circa 130 lavoratori di Adecco in Airport Handling è scattata la sospensione immediata dell’attività lavorativa a partire dal 26 febbraio.

La Filcams Cgil di Como esprime forte preoccupazione per il settore del turismo. "Le informazioni che abbiamo contano un alto numero di disdette nel breve periodo e, attualmente, una mancanza di prenotazioni per il periodo estivo, che rappresenta il fulcro dell’intera stagione -spiega Roberto Cavalli, Filcams Cgil Como- . Gli alberghi stanno posticipando le aperture e di conseguenza le assunzioni dei lavoratori, e chi ha già aperto si mantiene ad un regime minimo".

Nel settore delle spettacolo è tutto fermo: oltre 2mila addetti tra personale artistico e tecnico, circa lo stesso numero di lavoratori sono impiegati negli esercizi cinematografici e, negli impianti sportivi.

All'interno delle aziende poi sono state adottate procedure non sempre rispettose dei lavoratori. Come denunciano Cgil Cisl e UIl in una lettera al Prefetto di Como. "Si manifestano sul nostro territorio iniziative unilaterali da parte di alcune aziende di rilevazione della temperatura corporea dei lavoratori prima di entrare in servizio, senza che quest’ultimi abbiano rilasciato il consenso a fare ciò. A nostro avviso, non esiste un provvedimento di emergenza adottato dal Governo che legittimi i datori di lavoro a svolgere controlli di tale natura e men che meno ci sono indicazioni da parte delle autorità competenti in ambito sanitario-scientifico che abbiamo dato indicazioni a tale procedura per la prevenzione dal contagio da coronavirus. Inoltre, ci risulta che a seguito di un aumento della rilevazione della temperatura corporea si obblighi i lavoratori a stare a casa, anche questa valutazione è formulata senza il coinvolgimento del medico competente e conseguentemente in assenza di valutazione di professionista idoneo all’accertamento medico-clinico. L’obbligo da parte del datore di lavoro dall’assenza dal servizio del lavoratore e in carenza di certificazione medica pone la problematica della giustificazione della stessa". 

Dario Paladini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)