Di padre in figlio. Il primo trapianto di polmone da vivente in Italia

A beneficiarne un bimbo di 5 anni, che dalla nascita è affetto da talassemia (o anemia mediterranea), una patologia del sangue che aveva già reso necessario un trapianto di midollo.

Di padre in figlio. Il primo trapianto di polmone da vivente in Italia

E’ di pochi giorni fa la notizia dell’effettuazione, in Italia, del primo trapianto di polmone da donatore vivente, realizzato presso l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. A beneficiarne un bimbo di 5 anni, proveniente da un’altra regione, che dalla nascita è affetto da talassemia (o anemia mediterranea), una patologia del sangue che aveva già reso necessario un trapianto di midollo. Il nuovo midollo, donato dal padre del bambino e trapiantato in un altro ospedale italiano, in qualche modo aveva “trasferito” il sistema immunitario del genitore al figlio, ma dopo qualche tempo aveva purtroppo generato la cosiddetta “malattia da trapianto contro l’ospite” (Graft versus Host Disease), una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a “trapianto allogenico” (da una persona ad un’altra). Questa forma di rigetto consiste in una complessa reazione immunitaria, in cui le cellule trapiantate provenienti dal donatore “attaccano” gli organi e i tessuti del ricevente, non riuscendo a riconoscerli come propri. Nel bimbo, dunque, tale reazione ha causato un danno estremamente grave ed irreversibile alla sua funzionalità polmonare, tanto da richiedere il trapianto dell’organo stesso.
Ancora una volta, è stato il padre del bimbo ad offrirsi per la donazione di una parte di un suo polmone (lobo polmonare) e i chirurghi dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che vantano un’esperienza ormai quarantennale nel campo dei trapianti e della chirurgia maggiore, hanno proceduto ad effettuare l’intervento.
Il doppio intervento di prelievo e di trapianto ha richiesto l’impiego di due sale chirurgiche adiacenti e di due équipes mediche, che hanno lavorato in parallelo. Mentre il donatore veniva sottoposto al prelievo del lobo polmonare, nella sala adiacente iniziava la fase di preparazione del ricevente. Tutta la procedura in sala operatoria è durata quasi 11 ore.
Ad oggi, padre e figlio restano ricoverati nel medesimo Ospedale di Bergamo e la loro prognosi è ancora riservata. I medici si dicono comunque fiduciosi sul decorso post-operatorio, anche perché, in questo caso, il rischio di rigetto, particolarmente elevato nel trapianto di polmone da cadavere, è invece molto basso dato che il sistema immunitario (di origine paterna) “riconosce” il nuovo organo (anch’esso di origine paterna) come proprio.
“L’estrema rarità di questi casi – ha dichiarato Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3 dell’ASST Papa Giovanni XXIII, che ha coordinato l’intervento – e i limiti tecnici del trapianto da vivente, nel caso del polmone non lo rendono un’opzione terapeutica di facile applicazione. Per questo, diversamente da quanto succede per altri organi, non viene abitualmente considerata un’opzione alla portata di tutti, in grado di contribuire efficacemente all’abbattimento delle liste d’attesa”.
Va ricordato che la donazione di polmone da vivente, pur costituendo un’opzione possibile, finora è stata eseguita solo in rari casi e in pochissimi Paesi del mondo, soprattutto in Giappone e nel Nord America, a causa della sua applicazione estremamente complessa. I casi noti in Europa sono pochi. Un trapianto da vivente risulta in Germania nel 2012. La banca dati EuroTransplant, che mette in rete alcuni Paesi dell’Europa centrale, registra due soli casi negli ultimi dieci anni.

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Fonte: Sir