Dove sono i nostri figli? La ricerca senza fine dei desaparecidos del Mediterraneo

Le moglie, le madri, le sorelle dei tunisini scomparsi dopo essere saliti su un barcone per attraversare il Mediterraneo centrale da anni aspettano di sapere la verità. Ora il documentario “Celles qui restent” riaccende i riflettori su questa storia dimenticata, che chiama in causa anche l’Italia

Dove sono i nostri figli? La ricerca senza fine dei desaparecidos del Mediterraneo

Sono morti in mare? Sono detenuti in un carcere di massima sicurezza per reati di terrorismo? Sono spariti nel nulla? Perché nessuno li cerca più? Qualcuno li chiama i nuovi desaparecidos del Mediterraneo: sono i tunisini scomparsi dopo essere saliti su un barcone nel tentativo di arrivare nel nostro paese, nel 2011,  nel pieno dell'emergenza Nord Africa. Alcuni di loro sono stati riconosciuti dai parenti nelle immagini dei tg che documentavano i trasferimenti dopo lo sbarco dei migranti  a Lampedusa, ma ad oggi la loro sorte resta un mistero. Per questo da anni, le moglie, le madri, le figlie e le sorelle, portano avanti una battaglia per chiedere al governo tunisino e a quello italiano di fare luce sulla vicenda. 

A riaccendere i riflettori su questa vicenda è Celles qui restent, un documentario realizzato da Ester Sparatore, regista siciliana, che ha seguito la storia di Om El Khiruna, una  donna tunisina, che non sa più nulla del marito partito  il 29 marzo del 2011. Dal 2012 la donna fa parte di quelle che vengono chiamate le “donne-fotografia”, che chiedono giustizia impugnando i ritratti dei loro cari in tutte le manifestazioni di fronte al ministero dell’interno e all’Ambasciata italiana a Tunisi. Nel 2012 diverse manifestazioni sono state organizzate anche davanti all’ambasciata tunisina a Roma.  Sono convinte che i loro familiari ce l'abbiano fatta ad arrivare in Italia, e chiedono l'apertura di una commissione d'inchiesta che indaghi sulla sparizione di cinque imbarcazioni salpate da Tunisi tra il 2010 e il 2012. A bordo c'erano 500 uomini di cui non si è saputo più nulla.

“La prima volta che ho sentito parlare delle donne - fotografia e del movimento delle famiglie dei migranti dispersi tunisini è stata quattro anni fa, alla presentazione del libro di Federica Sossi, Cartoline di una rivoluzione - spiega la regista -. Nel libro, la ricercatrice spiega i movimenti dei flussi migratori, prima e durante la primavera araba e il ruolo che lei stessa ha avuto all'interno di questo movimento, diventando il tramite tra l'associazione La Terre pour Tous, associazione di cui fa parte Om El Khir, e le autorità italiane. Ha aiutato a creare i dossier, a trovare gli avvocati e a fornire informazioni sulle azioni del governo italiano che sarebbero difficili da avere in Tunisia vista la mancanza di collaborazione e di comunicazione tra i due governi”. 

Il racconto si svolge in Tunisia, la macchina da presa entra nelle case dei ragazzi scomparsi per raccogliere la voce dei familiari, a cui non è concesso neanche di sapere se siano morti e di poterli piangere in un cimitero. Dal 2015, infatti, la commissione di inchiesta è stata aperta ma procede a rilento, senza arrivare a nessuna conclusione reale. “ Ho voluto attraversare questa frontiera, cambiare il punto di vista da chi parte a chi resta- aggiunge la regista -. Celle qui restent è la storia dell'incontro tra me, regista siciliana, e Om EL Khir, donna tunisina e la narrazione rispetta la cronologia dei nostri incontri. Si basa sull'alternanza tra sfera privata e pubblica; intimo e politica, ormai indissolubilmente legati tra loro. I riti religiosi, l'Eid, la circoncisione, fanno da contrappunto alla trama del film, mostrandoci lo scorrere del tempo nell'assenza di Nabil. Sono infine dei rivelatori cruciali dei rapporti tra gli individui all'interno della società tunisina. L'imbarazzo iniziale di Om EL Khir davanti alla telecamera è svanito in fretta. È diventata quasi una nostra complice, mettendo a proprio agio anche le altre persone filmate e incoraggiandole a esprimersi spontaneamente. È cosciente del potere delle immagini e considera il mio progetto come un mezzo efficace per far parlare delle famiglie dei dispersi, ma anche per raccontare le difficoltà di una donna araba, sola con tre figli”. 

Il film ha vinto il premio come miglior documentario italiano al Biografilm, a fine marzo sarà disponibile sulla piattaforma di Mio cinema  e Za Lab. In occasione della prima messa in onda è previsto un 

" target="_self">incontro online il 25 marzo.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)