In Italia 1,6 milioni di stranieri in povertà assoluta

Rapporto Immigrazione Caritas Migrantes: la percentuale di chi non ha accesso a un livello di vita dignitoso risulta essere tra gli stranieri cinque volte superiore di quella registrata tra i nuclei di italiani. Diseguaglianze nell'accesso alla salute e alle professioni sanitarie. “Narrazione sempre più allarmista e meno empatica”

In Italia 1,6 milioni di stranieri in povertà assoluta

In Italia, secondo l’Istat, vivono in uno stato di povertà assoluta 1,6 milioni di stranieri residenti, per un totale di oltre 614 mila nuclei familiari. E' quanto rivela il Rapporto Immigrazione Caritas Migrantes, presentato questa mattina a Roma. Le famiglie immigrate in povertà costituiscono circa un terzo delle famiglie povere presenti in Italia, pur rappresentando solo il 9% di quelle residenti. La percentuale di chi non ha accesso a un livello di vita dignitoso risulta essere tra gli stranieri cinque volte superiore di quella registrata tra i nuclei di italiani. Accanto alle fragilità di chi è senza un impiego, si aggiungono quelle di chi un lavoro lo possiede: il fenomeno della in-work poverty, ormai noto nel nostro Paese, ha registrato una forte recrudescenza negli ultimi anni, tra stranieri e non. Secondo le ultime stime Istat, il 7% degli occupati in Italia vive in una condizione di povertà assoluta, percentuale che sale al 13,3% tra i lavoratori meno qualificati, come gli operai o assimilati; e se a svolgere tali occupazioni sono persone di cittadinanza straniera il dato schizza al 31,1% (tra gli italiani è al 7,9%). Un ultimo elemento di criticità è infine quello legato ai minori: si contano 1,4 milioni di bambini poveri e un indigente su quattro è un minore. Se si considerano le famiglie di stranieri con minorenni i dati appaiono davvero drammatici: tra loro l’incidenza della povertà raggiunge il 36,2%, più di 4 volte la media delle famiglie italiane con minori (8,3%).

Salute, diseguaglianza nella tutela delle neo mamme straniere

Su 6.687.015 dimissioni registrate nel 2021, 6.252.763 sono relative a cittadini italiani e 426.740 a cittadini non italiani, pari al 6,4% del totale. La quota più significativa dei ricoveri ha come diagnosi principale le complicazioni della gravidanza, parto e puerperio (25,6%); seguono, a significativa distanza, le malattie dell’apparato respiratorio (8,7%). Considerando l’età della madre, si evidenzia anche per le straniere la prevalenza di madri di 30 anni e più, anche se nel complesso le madri straniere sono tendenzialmente più giovani (29,2 anni è l’età media delle donne straniere al primo figlio, contro i 32,1 anni per le italiane). Il tasso di abortività delle donne straniere mostra una tendenza alla diminuzione, essendo passato dal 17,2 per 1.000 donne nel 2014 al 12,0 per 1.000 donne nel 2020. Si tratta tuttavia di un tasso di 2,4 volte superiore a quello delle italiane.

Per quanto riguarda le professioni sanitarie, i professionisti sanitari di origine straniera residenti in Italia erano 77.500 nel 2022, di cui il 65% sprovvisto della cittadinanza italiana. Di questi, 22 mila sono medici, oltretutto per la maggioranza laureati in Italia, e 38 mila sono infermieri, cui si aggiungono odontoiatri, fisioterapisti, psicologi e farmacisti. Pur operando dovunque, non possono partecipare ai concorsi per l’inserimento nel SSN: non a caso, negli ultimi 6 anni circa il 30% dei professionisti stranieri è tornato nel Paese di origine, in particolare nei Paesi dell’Est Europa e nei Paesi arabi.

Criminalità e discriminazioni

Nel dibattito pubblico il binomio immigrazione-sicurezza rimane di stringente attualità, generando un diffuso clima di paura e di intolleranza. Nel 2022 la componente straniera è rimasta sostanzialmente in linea con il dato dell’ultimo anno, con 17.683 detenuti stranieri su 56.196, pari al 31,4% della popolazione carceraria complessiva. Di questi 16.961 sono uomini e 722 donne. Il continente africano si conferma il più rappresentato in carcere, con un numero di detenuti (9.510) superiore alla metà dei ristretti stranieri (53%). Segue poi il continente europeo, con 5.801 detenuti, pari al 32% dei detenuti stranieri. In linea con il dato generale, i reati contro il patrimonio (8.951 detenuti) e quelli contro la persona (7.609) rappresentano i principali motivi di detenzione per i detenuti stranieri. A seguire, i reati in materia di stupefacenti (5.811) e quelli contro la pubblica amministrazione (3.466). Tra i reati più contestati agli stranieri rientrano, poi, quelli in materia di immigrazione (1.428). Il reato di associazione di associazione di stampo mafioso, invece, se è il sesto per numero di contestazioni tra i detenuti italiani, tra gli stranieri incide ancora in maniera modesta (277).

Rispetto all’anno precedente, si è invece assistito ad un consistente aumento degli ingressi di minori in carcere, sia italiani sia stranieri: questi, tuttavia, sopravanzano numericamente gli italiani. Nel 2022, infatti, i dati dei nuovi ingressi hanno fatto registrare complessivamente 1.016 ingressi, di cui 496 italiani e 520 stranieri. Nel discorso pubblico, invece, è quasi del tutto assente la dimensione di vittima degli stranieri. In particolare, nel 2021, gli stranieri hanno denunciato di avere subito furti (60.417 furti, 11.789 furti con destrezza e 1.455 furti con strappo), danneggiamenti (11.199), oltre ad essere stati vittima di truffe e frodi informatiche (16.431). Seguono, tra i reati contro la persona, le denunce per lesioni dolose (10.471) e le minacce (7.633), senza trascurare le 967 denunce presentate dalle donne straniere per violenza sessuale. Alla condizione di vittima di reato si accompagnano discriminazioni di vario genere di cui gli stranieri sono vittima quotidianamente, talvolta con il marchio delle istituzioni: dall’accesso alle prestazioni sociali a quello per gli alloggi pubblici.

Appartenenza religiosa e migrazioni forzate

I cristiani, nel loro complesso, rappresentano la maggioranza assoluta tra gli stranieri residenti sul territorio nazionale al 1° gennaio 2023, con una prevalenza del 53,5%. Tra le altre confessioni religiose, aumentano lievemente i musulmani, che rappresentano il 29,8% al 1° gennaio 2023, a fronte del 29,5% dell’inizio dell’anno scorso. Gli ortodossi stranieri, al 1° gennaio 2023, sono poco più di un milione e mezzo. Più distanti a livello quantitativo si collocano tutte le altre appartenenze religiose: 156 mila buddisti, 136 mila evangelici, 126 mila cristiani “altri”. Le guerre, le violenze e le persecuzioni in Medio Oriente sono state le ragioni principali di un esodo che ha visto centinaia di migliaia di cristiani in fuga dalla propria terra d’origine. A partire dal 2003, i cambiamenti politici e il diffondersi di progetti religiosi estremisti hanno reso molto critiche le relazioni tra musulmani e cristiani in Medio Oriente e hanno portato a un’esposizione pericolosa dei cristiani e di altri gruppi minoritari.

Cambiare la narrazione

“A 10 anni dalla tragedia di Lampedusa, molto è cambiato nel racconto della mobilità in Italia. Sulla spiaggia di Steccato di Cutro, alla sabbia e ai relitti si mescolano una minore empatia e una maggiore indifferenza”: così il Rapporto rende conto di come l'informazione su questi temi sia peggiorata, nell'ultimo decennio, dal punto quantitativo e qualitativo. “L’informazione italiana dà rilevanza ad entrambi i casi, ma in modo differente per intensità e durata: 61 notizie il 3 ottobre 2013, con una trattazione che si protrae per almeno 3 mesi; 37 notizie il 27 febbraio 2023, con una copertura di poco più di 2 mesi. Le differenze, però, non si limitano al piano quantitativo, ma coinvolgono in profondità anche i contenuti della comunicazione. Se a Lampedusa prevale una cornice umana e umanitaria, la cornice sui fatti di Cutro si può definire in prevalenza securitaria, per giunta inserita nella più ampia dialettica sugli arrivi via mare, sui rischi della traversata e sulle addotte responsabilità politiche e nei soccorsi. I frame principali sono quelli della sicurezza e del diritto internazionale. Nel complesso, il confronto tra lo stile dell’informazione sulle vicende di Lampedusa e di Cutro mostra come il clima sociale e politico in Italia sia cambiato negli ultimi dieci anni e quanto l’attenzione dei media al tema dell’immigrazione in Italia sia sempre più orientata all’allarmismo”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)