La Fase 2 e gli 800 mila pendolari lombardi: come evitare il contagio?

Ci sono almeno 25 comitati di passeggeri nati in questi anni per protestare contro i disservizi di Trenord. E sui social rimbalzano dubbi e paure su quel che potrà succedere dopo il 4 maggio. Intanto da un sondaggio on line lanciato da una società di consulenza emerge che solo il 30% degli utenti dei servizi pubblici tornerà ad utilizzarli. La soluzione? Più smart working e più treni

La Fase 2 e gli 800 mila pendolari lombardi: come evitare il contagio?

Come faranno a non contagiarsi gli oltre 800 mila pendolari lombardi che, prima della pandemia, utilizzavano ogni giorno treni affollati per andare a lavorare o a scuola o all'università? È la domanda delle domande, in vista della riapertura, seppur graduale, delle attività dal 4 maggio. Una società di consulenza su mobilità e trasporti, la Redas Engineering (che ha avuto tra i suoi clienti Trenord, Atm, Rfi), sta svolgendo un sondaggio on line sulle intenzioni degli italiani sull'uso dei mezzi pubblici. Dalle prime 4 mila risposte arrivate, emerge che il 12% non utilizzerà per nessun motivo il treno e la percentuale sale al 15% per quanto riguarda la metropolitana e al 21% per autobus e tram. Il 24% afferma inoltre che ricorrerà comunque molto di più all'automobile. Il 30%, invece, continuerà a usufruire dei mezzi pubblici, ma facendo molta più attenzione. “L'aspetto interessante è che solo la scoperta di un vaccino farà cambiare idea a chi per ora ha intenzione di non utilizzare i mezzi pubblici”, spiega Thomas Valentini, uno dei fondatori di Redas Engineering. 

In Lombardia esistono almeno 25 comitati o associazioni di pendolari, che ogni giorno vivono lo stress di prendere treni affollati, perennemente in ritardo e con l'incognita di vedere soppresso il convoglio atteso. Nel mirino delle proteste c'è principalmente Trenord, ma anche Trenitalia. Secondo il rapporto Pendolaria 2019 di Legambiente, negli ultimi due anni “c'è stato un netto peggioramento delle performance” e “in particolare le soppressioni dei treni sono progressivamente cresciute fino a toccare una media di circa 80-100 al giorno, a fronte di un valore precedente che di norma non superava le 20-30”. Regione Lombardia ieri ha chiesto ai comitati di fare proposte, in vista della cosiddetta Fase 2. Hanno 48 ore di tempo. Un po' poco. Intanto in una nota sottoscritta da 24 comitati, i pendolari sottolineano come “sui mezzi pubblici dovranno essere garantite senza eccezioni le medesime regole di distanziamento sociale come nei luoghi di lavoro e, in particolare, che la capacità offerta sui mezzi di trasporto pubblico sia coerente con le ipotesi che circolano di scaglionamento degli ingressi e di estensione dell’arco lavorativo”. E non è così scontato che Trenord o Trenitalia mettano sui binari un numero sufficiente di treni. “Sappiamo che ciò non è avvenuto nei primi giorni di emergenza sanitaria -precisano i comitati-, a causa di grossolani errori nella programmazione dei servizi, sia urbani che extraurbani, e quindi ci auguriamo che gli Enti Regolatori, ed in primis Regione Lombardia, mettano in atto le dovute azioni di controllo sui Gestori dei servizi per evitare che si ripetano situazioni che mettono in pericolo la salute dei viaggiatori”. Una prima richiesta i Comitati la fanno, ed è molto precisa: dal 4 maggio sia ripristinato “il 100% delle corse sull'intero arco del servizio giornaliero e settimanale”, anche se probabilmente il numero di passeggeri sarà ancora contenuto.
“Di solito Trenord va a ribasso e temiamo che, a fronte di un numero ancora ridotto di passeggeri, ci mettano tutti i giorni gli orari o del sabato o della domenica -spiega Andrea Mazzucotelli, amministratore della pagina Facebook del Comitato Pendolari Trenord nodo di Saronno-. L'altro rischio è che la politica non consideri le nostre reali esigenze o che applichino le stesse regole dei treni dell'alta velocità. Se verrà previsto di fare un filtro all'ingresso, i treni saranno ancora di più in ritardo e tanta gente verrà lasciata a terra”. Alberto, sulla pagina del Comitato Trenord scrive: “In questi giorni faccio smart working e mi reco a Milano due volte alla settimana. Vado in automobile e parcheggio sotto l'ufficio adesso. Normalmente con area C attiva non si entra in centro. Io voglio riprendere i mezzi pubblici e credo che non ci sia altra soluzione per le grandi città, potremmo anche abituarci a mettere maschere più 'impegnative' delle semplici mascherine chirurgiche, tutto sta ad abituarci. Non solo il lavoro deve essere più smart ma anche le città e gli uffici: vivo ancora in un ambiente in cui conta più timbrare il cartellino alle otto piuttosto che misurare il lavoro che fai. Non sarà più così: se arrivi tardi al lavoro ma produci avrai due meriti: produttività e non pesare sulla città. Una rivoluzione. Ho protestato con Trenord nella prima fase nella quale per due settimane i treni erano pieni sulla nostra linea e loro avevano già ridotto le corse, ovviamente non è questa la direzione da intraprendere”. Sulla stessa lunghezza d'onda molti altri: più smart working, più elasticità negli orari di lavoro e di vita e più treni. Sembra una contraddizione, ma non lo è.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)