Lavoro, il ruolo di “key-workers” dei migranti

Rapporto Ismu. Con la pandemia si è “scoperto” che moltissimi stranieri sono impegnati in settori strategici: dalla filiera agroalimentare alla cura degli anziani. “Bisogna ridisegnare le politiche migratorie e depotenziare le strumentalizzazioni”

Lavoro, il ruolo di “key-workers” dei migranti

Nel 2019 gli occupati stranieri hanno superato i 2 milioni e mezzo, su una popolazione in età da lavoro di oltre 4 milioni. Secondo i dati raccolti nel rapporto Ismu, gli stranieri rappresentano il 10,4% della popolazione in età attiva, l'11,2% delle forze di lavoro, il 10,7% degli occupati e ben il 15,6% dei disoccupati totali. Nel 2019 il tasso di occupazione degli stranieri è del 61% e subisce una lieve flessione, a causa dell'andamento negativo di quello femminile. Il tasso di disoccupazione è del 13,8% (contro il 9,5% degli italiani), con punte più alte tra la componente femminile (16,3%) e i giovani extracomunitari (24%). C'è però un aspetto che va oltre i dati e che è emerso nel 2020: moltissimi stranieri sono key-workers, ossia “impegnati nella produzione dei servizi essenziali, quali la filiera agroalimentare, il settore sanitario e della cura, la logistica -scrive Ismu- La 'scoperta' del ruolo chiave che il lavoro immigrato rende improrogabile mettere finalmente a tema il ridisegno delle politiche migratorie secondo un approccio pragmatico alla questione che ne depotenzi la strumentalizzazione politico-ideologica”.

Su questo quadro si è innestata la regolarizzazione che ha portato in totale a 207.542 domande di emersione, di cui 176.848 per lavoro domestico e assistenza alla persona e 30.694 per lavoro nel settore primario (agricoltura e pesca): “un esito importante ma in grado di incidere solo in parte sul problema dell'irregolarità dei rapporti di impiego -commenta Ismu-. Pur senza toglierle il merito di aver permesso l'emersione di migliaia di lavoratori irregolari, questa regolarizzazione ha una volta di più ribadito la distanza tra la legge e la realtà”.

Il mercato del lavoro tra l'altro penalizza sia i giovani che le donne. “Nonostante i progressi nella partecipazione degli stranieri al sistema scolastico e accademico, oltre 9 giovani lavoratori extracomunitari su 10 svolgono un lavoro a bassa qualifica e bassa retribuzione -si legge nel rapporto Ismu-. Dati che confermano il fenomeno dello svantaggio strutturale dei giovani immigrati di prima e seconda generazione, svantaggio che rappresenta una delle principali criticità per la convivenza interetnica in Italia e in Europa”. A tale fenomeno si sovrappone anche una questione femminile, che emerge dall'analisi dei dati relativi ai Neet (Not in Education, Employment or Training, ovvero i giovani che non studiano né lavorano) che per le giovani donne straniere si spiega soprattutto col loro precoce coinvolgimento nel lavoro di cura dei propri familiari: il 23,1% delle extracomunitarie con meno di 24 anni dichiara di doversi prendere cura dei figli o di altri familiari, contro il 4,1% delle italiane.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)